La denuncia del vescovo di Aleppo: "I bombardamenti stanno provocando molte vittime"
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La denuncia del vescovo di Aleppo: "I bombardamenti stanno provocando molte vittime"

Monsignor Georges Abou Khazen spiega che gli attacchi partono dai jihadisti di Idlib che sono protetti dalle forze turche e l'esercito siriano non contrattacca

Bombardamenti ad Aleppo
Bombardamenti ad Aleppo
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26 Dicembre 2019 - 10.31


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Una lunga intervista quella rilasciata dal vescovo di Aleppo monsignor Georges Abou Khazen, in cui ha denunciato in un’intervista ha ‘Terrasanta.net’ una situazione in netto peggioramento nella città: “Ad Aleppo, nelle settimane scorse, sono ripresi i bombardamenti alla cieca su alcuni quartieri, a spese della popolazione civile. Gli ordigni partono dalla zona di Idlib e dalla periferia occidentale di Aleppo. In quell’area i militari turchi hanno messo un punto di osservazione e l’esercito siriano esita a contrattaccare, per non innescare uno scontro diretto con le forze turche. D’altronde molti gruppi jihadisti hanno agganci con la Turchia. Questa nuova fase ha provocato varie vittime in città: settimane fa abbiamo contato 7 morti in un solo giorno. Un altro giorno sono morti una madre e i suoi due bimbi; l’indomani i bambini uccisi sono stati 5”
Aleppo, spiega, ha risentito dell’avanzata delle truppe turche nel nord est della Siria. “Molte fabbriche stavano riprendendo le attività, ma ora è tutto si è fermato di nuovo e ciò influisce sulla disoccupazione e su tanti altri aspetti. Noi con i turchi ottomani abbiamo una lunga storia, che non è stata sempre felice. Nell’area di Afrin, che hanno occupato, hanno allontanato i curdi rimpiazzandoli con gruppi più omogenei alle loro prospettive. Nel nord-est della Siria, nella Mesopotamia, non ci sono solo curdi, ma anche, nella grande maggioranza, cristiani assiri, caldei, armeni e così via. Quei cristiani sono figli e nipoti di gente massacrata dagli ottomani tra la fine del Diciannovesimo secolo e l’inizio del secolo scorso. Potete immaginare la paura di queste persone quando vedono i turchi avvicinarsi”. 
“Sono migliaia e migliaia le persone in fuga, molte volte senza portare nulla con sé, solo per sfuggire alla morte. Nelle case questa gente conservava ancora le fotografie dei genitori, nonni e bisnonni che furono ammazzati dai turchi. Purtroppo – aggiunge Mons. Khazen – sta succedendo una sorta di pulizia etnica: allontanato i curdi, stanno sostituendoli con altri gruppi, tra i quali turcomanni o i musulmani uiguri della Cina”.
“Gli sfollati che avevano parenti ad Aleppo sono arrivati in città, altre sono finite in campi profughi. A noi dispiace, perché gli americani hanno montato la testa a questi poveri curdi e poi li hanno venduti. Gli americani hanno occupato tutti i campi di petrolio e di gas. Prima il governo otteneva qualcosa tramite i curdi (petrolio e gas); ora qualsiasi autocisterna si avvicini viene bombardata dagli americani”. Anche nella zona di Idlib “la situazione è molto confusa. L’area è ancora assediata. Vi si accede solo dalla Turchia. C’è sì un transito ancora accessibile ai civili, ma da lì servono 28 ore per arrivare ad Aleppo e non sempre il passaggio è aperto. I bombardamenti aerei continuano. Nella sacca restano molti profughi, sospinti lì da altre zone”. 
Ad Aleppo, negli ultimi anni, mons. Khazen ha dato impulso al progetto ‘Un nome, un futuro’ per sostenere i minori rimasti orfani e in difficoltà a causa della guerra. “Il progetto sta andando avanti. Devo ringraziare Dio e anche i nostri benefattori. Sono grato anche al muftì Mahmoud Akkam che, con la sua collaborazione, ci dà una copertura morale. I ragazzi vivono in quartieri poverissimi, tutti distrutti. Non c’è nessun cristiano tra di loro. L’avallo del mufti è importante per noi, e ci mette al riparo dalle accuse di proselitismo. L’abbiamo portato a vedere il nostro lavoro e si è molto commosso”.
A Damasco “la situazione è molto più tranquilla, ma purtroppo bisogna fare i conti con l’inflazione. Il cambio con il dollaro prima della guerra era 48 lire siriane, più o meno. Ora supera le 900. L’euro che era a 50 lire ora è a 1.000. Gli stipendi sono rimasti invariati e quindi non bastano a fronteggiare il caro-vita. La ricostruzione è stata avviata – qua e là – ma purtroppo, come dicevo, abbiamo le sanzioni che colpiscono la povera gente. Molti beni sono razionati. Faccio qualche esempio: ogni famiglia può avere una bombola di gas da cucina ogni 23 giorni; di benzina se ne possono ottenere 100 litri al mese. Procurarsi il gasolio è ancora più difficile. Chiediamo – conclude – che le sanzioni internazionali contro la Siria siano rimosse. Dal nostro punto di vista sono un crimine”.

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