Ue-Turchia: l'accordo vergogna ai tempi del Coronavirus
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Ue-Turchia: l'accordo vergogna ai tempi del Coronavirus

Oxfam e Greek Council for Refugees (Gcr) hanno denunciato l’impatto umanitario devastante sul destino di uomini, donne e bambini, in fuga da guerra e persecuzioni da Siria, l’Afghanistan o l’Iraq.

Rifugiati in Grecia
Rifugiati in Grecia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Marzo 2020 - 16.51


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Accordo Ue-Turchia, ovvero: storia di un fallimento annunciato.
Le ultime decisioni assunte da Ue e Turchia, non faranno che aggravare ulteriormente quella che è in questo momento a tutti gli effetti la peggior catastrofe umanitaria in Europa.

E’ l’allarme lanciato oggi da Oxfam e Greek Council for Refugees (Gcr) con un nuovo rapporto che a quattro anni esatti dal vergognoso accordo tra Ue e Turchia, ne denuncia l’impatto umanitario devastante sul destino di decine di migliaia di uomini, donne e bambini, in fuga da guerra e persecuzioni, in paesi come la Siria, l’Afghanistan o l’Iraq. Basti pensare che ad oggi oltre 40 mila richiedenti asilo sono intrappolati in condizioni disumane nei cinque campi profughi allestiti dalla Ue nelle isole grecheUn numero sei volte superiore alle effettive capacità di accoglienza delle strutture.

Di fronte a tutto questo Oxfam e GRC, hanno lanciato un appello urgente alla Grecia perché vengano forniti immediati aiuti umanitari alle persone intrappolate nelle isole e vengano cancellati i piani per la costruzione di nuovi campi di detenzione.

Nulla può giustificare la detenzione indiscriminata di persone in cerca di asilo, né il rimandarli indietro in paesi dove rischiano la vita o la loro libertà. – afferma Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia  Allo stesso tempo gli stati membri della Ue hanno il dovere umanitario di intervenire accogliendo i tanti disperati che sono allo stremo in Grecia”. Questa è una crisi umanitaria che colpisce chi fugge da guerre e persecuzioni –ha aggiunto Spyros-Vlad Oikonomou del GRC – Una situazione che è diretta conseguenza dell’accordo tra Ue e Turchia, che ha trasformato persone bisognose di sicurezza e dignità in pedine di scambio di giochi politici, che mettono in secondo piano il rispetto dei diritti umani fondamentali”.

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 In 20 mila ammassati nel campo di “Moria”, quasi la metà sono bambini.

La situazione più grave resta nel campo di “Moria” a Lesbo, dove in questo momento si trovano circa 20 mila persone ammassate in una struttura adibita per accoglierne un numero sette volte inferiore. Quasi la metà sono bambini, di cui il 60% di loro ha meno di 12 anni e il 15% è arrivato qui da solo.

Tra di loro c’era anche la piccola bimba afghana di sei anni, orfana di padre, morta lunedì scorso nell’incendio che ha colpito il campo finanziato dall’UE e che, date le condizioni in cui si trova, avrebbe potuto fare molte altre vittime.  Una situazione che ha conseguenze psicologiche drammatiche per bambini costretti a vivere, spesso senza assistenza sanitaria. in una permanente condizione di paura, angoscia e insicurezza, anche per periodi lunghissimi. Esposti a nuovi traumi, dopo esser sopravvissuti a conflitti atroci e viaggi pericolosissimi.  Il 13 marzo, il Governo greco ha inoltre annunciato, a causa della diffusione del coronavirus COVID-19, la sospensione di tutte le procedure di asilo fino a venerdì 10 aprile.

“La recente decisione del Governo greco di esercitare detenzioni indiscriminatamente dei rifugiati, negando loro l’accesso all’asilo e rimandandoli indietro verso Paesi in guerra o in contesti pericolosi, sta esponendo ad ulteriori rischi, migranti già molto vulnerabili, tra cui donne e bambini”, aggiunge Oikonomou.

Famiglie con bimbi piccoli e donne vittime di violenza detenute indiscriminatamente a Kos

Nel rapporto GCR e Oxfam denunciano inoltre come le autorità greche, abbiano già iniziato a tenere in stato di fermo le persone arrivate sull’isola di Kos per l’intera durata delle procedure di richiesta asilo. Si tratta di famiglie con bambini molto piccoli, di richiedenti asilo vulnerabili che hanno bisogno di immediata assistenza medica e psicologica, di donne che hanno subito violenza. “I rifugiati arrivati a Kos non hanno accesso a cure mediche e neanche gli viene spiegato perché si trovino in stato di fermo – rimarca Oikonomou del GRC – Si stanno allestendo nuovi campi profughi in tutte le isole greche, ma ci vorrà tempo e questa situazione rischia di esplodere.”

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Un appello urgente prima che sia troppo tardi

“L’attuale situazione e la retorica anti-migranti a Bruxelles e nelle capitali europee non ha fatto altro che alimentare la narrativa per cui i migranti sono una minaccia e fomentato forme di razzismo in tutta Europa. – conclude Pezzati – Nelle settimane scorse i rifugiati sono stati attaccati sulle isole greche e si sono dovute interrompere le attività di aiuto perché le minacce non hanno risparmiato gli operatori umanitari. È una buona notizia che alcuni paesi Ue si siano impegnati a ricollocare fino a 1.500 minori non accompagnati dalla Grecia. Tuttavia le iniziative individuali non possono sostituirsi all’azione collettiva che a livello comunitario va intrapresa per porre fine a questa immane sofferenza. Mentre l’emergenza corona virus, con i primi casi segnalati anche a Lesbo, sta creando ulteriori rischi e incertezze per il futuro, è fondamentale che i governi continuino a proteggere i profughi più vulnerabili e mantengano la promessa di garantire condizioni di sicurezza per i bambini”

Per questo Gcr e Oxfam fanno quindi appello alla Grecia e all’Unione europea per un immediato cambio di rotta in materia di politiche migratorie. Affinché i governi europei agiscano subito insieme, condividendo la responsabilità nei confronti delle persone che arrivano in Europa e aiutandoli a ricostruirsi una vita.

Ong a terra

Le partenze dei migranti dalle coste africane sono riprese ma il Mediterraneo è destinato a rimanere senza soccorsi per chissà quanto tempo. Il coronavirus ferma anche le navi umanitarie e, una dietro l’altra, le Ong comunicano la sospensione delle missioni.

“Una comunicazione inevitabile e difficile – dice Mediterranea, che pure nelle scorse settimane si era vista finalmente restituire le due navi, Mare Jonio e Alex, sequestrate per mesi dal decreto sicurezza – Eravamo pronti a ripartire con la tenacia e la determinazione di sempre: pronte le navi, pronti gli equipaggi. Ma lo svilupparsi della pandemia e le sacrosante misure adottate per tentare il contenimento del contagio e per tentare di salvare le persone più fragili ed esposte, ci impone oggi di congelare l’attività operativa in mare. Gli effetti di questa scelta obbligata ci fanno soffrire perché in mare c’è chi rischia la morte ogni giorno”. Mediterranea confida nella disponibilità, per i soccorsi in mare delle navi civili che continuano ad operare. ” Daremo loro ogni supporto possibile”.

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Restano al momento in porto anche le navi della Sea Watch e di Sos Mediterranée e Medici senza frontiere che hanno finito il periodo di quarantena dopo gli ultimi due sbarchi di migranti a Pozzallo e a Messina. E ferma è anche da una ventina di giorni per riparazione, la spagnola Open Arms. “Stiamo cercando di capire in che modo poter tornare in mare in sicurezza per tutti. Purtroppo in mare c’è bisogno di noi nonostante il coronavirus”, dice la portavoce Veronica Alfonsi.

Le partenze dall’Africa comunque non si fermano. Il centralino Alarm phone negli ultimi giorni ha segnalato diverse imbarcazioni in difficoltà in zona Sar libica e maltese. E preoccupano gli sbarchi autonomi sull’isola di Lampedusa dove nell’ultima settimana sono arrivate 150 persone. Il sindaco Salvatore Martello ne ha disposto subito la messa in quarantena nell’hot spot ma ha chiesto alla ministra dell’Interno Lamorgese un protocollo per il loro immediato trasferimento sulla terraferma per la mancanza delle necessarie misure a salvaguardia della popolazione.

 

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