Europa-Libia, fatta la missione, scoperto l'inganno
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Europa-Libia, fatta la missione, scoperto l'inganno

Le navi di Irini incroceranno a est delle rotte seguite dai barconi ma l’accordo Ue è stato raggiunto solo con la clausola che prevede il ritiro delle navi nel caso la loro presenza attirasse migranti illegali

Guerra civile in Libia
Guerra civile in Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Marzo 2020 - 13.03


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Libia-Europa, fatta la missione, scoperto l’inganno. Premessa d’obbligo: come più volte documentato da Globalist in Libia due cose non mancano: i lager dove sono sequestrati, in condizioni disumane – tra coronavirus, fame, schiavitù – migliaia di migranti, e le armi. Dei primi, l’Europa, impegnata, a ranghi sparsi, ma questa non è una novità, è totalmente disinteressata. Disinteressata e complice dei Gendarmi (vedi Erdogan,) delle sue frontiere esterne. Quanto alle armi che alimentano la guerra per procura in atto da nove anni, siamo alla farsa.

La farsa “Irini”

Breve storia in pillole. Dopo settimane di dibattiti e veti la Ue ha raggiunto nei giorni scorsi un’intesa per l’avvio dell’operazione navale Irini (‘ Pace’ in greco), per il controllo dell’embargo Onu sulle armi alla Libia. In sintesi, l’operazione Irini avrà una sola missione: controllare l’applicazione dell’embargo sulle armi dirette alle fazioni in lotta nella guerra civile in Libia. Un cambiamento importante rispetto a Sophia, che aveva come compito principale la lotta ai trafficanti di esseri umani lungo le rotte dei migranti irregolari nel Mediterraneo centrale, e sono come obiettivo accessorio il controllo sull’embargo delle armi. Di conseguenza, le navi di Irini pattuglieranno un’area del Mediterraneo, molto più a Est, che è quella più interessata dal traffico d’armi verso la Libia, mentre c’è una scarsissima presenza di barconi dei migranti irregolari. 

Terzo elemento che distingue la nuova operazione da Sophia è il monitoraggio del cosiddetto “pull factor” (fattore di attrazione) per il flusso migratorio: se, come temevano alcuni Stati membri, si verificherà che effettivamente la presenza di navi militari al largo delle coste nordafricane attira i barconi dei migranti, allora la missione verrà sospesa. Questa sorta di clausola di salvaguardia ha convinto Austria e Ungheria a far cadere la propria opposizione a Irini. 

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La quarta modifica, che è servita invece a ottenere l’approvazione dell’Italia (assieme al fatto che il comando sarà a Roma, e il comandante  il controammiraglio Fabio Agostini)  riguarda la destinazione dei migranti eventualmente salvati in mare dai mezzi dell’operazione Irini: invece di prevedere come unico approdo possibile i porti italiani (come accadeva con Sophia), in questo caso sarà la Grecia a mettere a disposizione i suoi porti, a meno che un altro Stato membro non decida volontariamente di effettuare gli sbarchi sul suo territorio. 

E questa viene spacciata per una italica vittoria dall’”ammiraglio” Di Maio e dal commander in chief di Palazzo Chigi, Giuseppe Conte.

In ogni caso, la Grecia otterrà dei rimborsi economici per l’uso dei suoi porti; inoltre, ancora prima dello sbarco dovrà essere stata decisa la ripartizione fra gli altri Stati membri, su base volontaria, dei migranti soccorsi.

Il comando sarà a Roma (il comandante è il contrammiraglio Fabio Agostini) ma eventuali migranti illegali che dovessero essere soccorsi in mare dalle navi europee non saranno sbarcati nei porti italiani. E questa viene esaltata  come  una italica vittoria dall’”ammiraglio” Di Maio e dal “commander- in-  chief” di Palazzo Chigi, Giuseppe Conte.

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Irini dovrebbe prendere il via ad aprile e avrà un mandato di un anno, con verifiche sulla sua operatività ogni quattro mesi.

L’inganno

Le navi di Irini incroceranno al largo delle coste tra Tripolitania e Cirenaica, a est delle rotte seguite da barconi e gommoni carichi di dei clandestini ma in ogni caso l’accordo in ambito Ue è stato raggiunto solo dopo l’introduzione di una clausola che prevede il ritiro delle navi nel caso la loro presenza attirasse migranti illegali.

E qui sta l’inganno, ben argomentato da Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa; “Una decisione – spiega – che mina fortemente la deterrenza dell’operazione navale Ue poiché ai contendenti libici basterà mettere in mare qualche barcone o gommone di immigrati illegali per rendere agevole il passaggio di navi cariche di armi in violazione dell’embargo Onu”.

Il tutto mentre la guerra in Libia, non si ferma nonostante “accordi” di cessate-il-fuoco puntualmente violati dai due capi fazione: il premier libico Fayez al-Sarraj  (spalleggiato da Turchia ed Emirati Arabi Uniti) e il suo competitore, l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar (sostenuto, più o meno ufficialmente, da Egitto, Russia e Francia).

Per capire l’aria che tira tra i due, ecco al-Sarraj sostenere che mentre tutto il mondo si unisce per far fronte al “nemico comune” coronavirus, il generale Haftar considera il Covid-19 “un alleato” nel suo attacco a Tripoli in corso dall’aprile scorso. “Questa epidemia è il nemico comune di fronte al quale il mondo si unisce, a eccezione dell’aggressore” che vi vede “non un nemico ma un alleato nell’aggressione contro Tripoli”, ha detto Sarraj in un discorso televisivo pronunciato l ieri sera.
“Combattiamo due nemici su due fronti: il coronavirus e le milizie terroriste che ci aggrediscono”, ha detto Sarraj nel discorso rilanciato in video sulla pagina Facebook del Governo di accordo nazionale libico. Nonostante appelli fra gli altri di Onu, Usa, Italia e altre potenze a una tregua umanitaria per far fronte al virus, negli ultimi giorni sono proseguiti con notevole violenza i combattimenti per il controllo di Tripoli e altre aree occidentali della Libia, con scambi di accuse fra le due parti sulla responsabilità delle violazioni.
Nell’allocuzione tv Sarraj ha sottolineato che tutti i settori dello Stato libico sono impegnati contro la pandemia e si è detto “fiducioso” che i libici saranno “capaci di superare la crisi” anche attraverso il rispetto delle misure imposte. La Libia ha registrato il suo primo caso di coronavirus martedì e una Ong internazionale di aiuti umanitari, l’International Rescue Committee, ha avvertito che la pandemia potrebbe “decimare” la popolazione del Paese.

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In questo scenario tutt’altro che pacificato, “Irini” è un buco nell’acqua da parte europea. L’ennesimo di una lunga serie.

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