Guerra, carestia, colera e ora anche l'incubo Covid-19: l'apocalisse yemenita
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Guerra, carestia, colera e ora anche l'incubo Covid-19: l'apocalisse yemenita

Una catastrofe che dura da oltre cinque anni, con la complicità di potenze regionali (Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) e le armi vendute dagli Usa e dall’Europa (Italia compresa).

Coronavirus nello Yemen
Coronavirus nello Yemen
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Aprile 2020 - 16.46


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Guerra, carestia, colera. Ed ora, Coronavirus. In una parola: Yemen. Una catastrofe che dura da oltre cinque anni, con la complicità di potenze regionali (Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) e le armi vendute dagli Usa e dall’Europa (Italia compresa). Nella Giornata internazionale delle coscienze indetta dall’Onu, ricordare l’apocalisse yemenita è un dovere per quanti, anche nel modo della comunicazione, una coscienza l’hanno ancora. A guidarci nell’inferno yemenita è una delle Ong internazionali più attente e attive nel monitorare la situazione in Yemen: Oxfam, il cui ultimo rapporto traccia un quadro dettagliato dell’apocalisse yemenita

Apocalisse Yemen

La guerra. Il conflitto in Yemen dura ormai da cinque anni, con bombardamenti pesantissimi dei quali fanno le spese soprattutto donne e bambini. 12.366 vittime civili, tra il 26 marzo 2015 e il 7 marzo di quest’anno e oltre 100 mila vittime totali. Oltre 4 milioni di sfollati interni sopravvivono in alloggi di fortuna o nei villaggi, dove la popolazione locale ha offerto loro un riparo.

  • Il Coronavirus. L’Oms ha da poco attivato un numero verde per informare la popolazione yemenita sull’emergenza, predisponendosi a mandare aiuti immediati. In un contesto umanitario non dissimile da quello siriano, dove si è registrato il primo caso ufficiale di Covid1-9.
  • Il colera. Da inizio anno sono più di 56 mila le persone contagiate e oltre 2,2 milioni dal 2017: si tratta della più grave epidemia del mondo, aggravata dal collasso del sistema sanitario e delle infrastrutture idriche. Inoltre il numero di contagi potrebbe aumentare con l’arrivo della stagione delle piogge in aprile.
  • La carestia. Più di 10 milioni di persone sono sull’orlo della carestia. 2 milioni di bambini e 1,4 milioni di donne in gravidanza soffrono di malnutrizione acuta. 24,1 milioni di persone su 30,5 dipendono dagli aiuti umanitariI prezzi dei beni alimentari sono saliti in media del 47%.
  • L’isolamento. Le vite di 22 milioni di persone saranno in pericolo se non aumentano le importazioni di cibo, carburante, medicine: il blocco delle importazioni deve essere permanentemente eliminato. Anche il prezzo del petrolio è aumentato enormemente: il prezzo medio al litro è salito del 280% da quando il conflitto è iniziato.
  • L’infanzia negata. I bambini subiscono l’impatto peggiore del conflitto e, con il proseguire dei combattimenti, il loro futuro appare sempre più tetro. Più di 1.600 scuole sono state distrutte, e fame e debiti spingono molte bambine – anche sotto i 10 anni – verso i matrimoni precoci: nel Governatorato di Amran nel nord del Paese, ad esempio, tante famiglie stremate, rimaste senza cibo e senza una casa, arrivano al punto di dare in matrimonio figlie anche piccolissime, in un caso anche di tre anni, per poter comprare cibo e salvare il resto della famiglia.
  • Emergenza idrica e sanitaria. Quasi 18 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua pulita e all’assistenza sanitaria di base, rimanendo così inevitabilmente esposte a epidemie mortali. Le scorte di medicine e materiali sanitari si stanno esaurendo.
  • La situazione a Hodeidah. Oltre 80.000 persone sono state già costrette ad abbandonare la più grande città portuale dello Yemen, in completo assetto da guerra con truppe schierate, trincee e barricate. Le vittime tra i civili rimasti intrappolati in città continuano ad aumentare, e la popolazione non ha la minima possibilità di fuggire o ottenere assistenza medica.
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“Se in Italia il Coronavirus sta provocando la più grave emergenza sanitaria ed economica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, non riusciamo davvero ad immaginare le conseguenze del contagio in un Paese distrutto e poverissimo come lo Yemen – avverte Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di  Oxfam Italia – Qui solo il 50% delle strutture sanitarie sono in funzione, gli ospedali continuano ad essere bombardati, l’80% della popolazione non ha quasi nulla, si contano milioni di sfollati e si sono già registrati oltre 2,3 milioni di casi di colera. Se la nuova pandemia da Covid 19 colpisse il Paese gli effetti sarebbero devastanti e si potrebbe verificare una crescita esponenziale di casi, che andrebbero a sommarsi a quelli di colera che già riguardano milioni di persone..Per questo Oxfam, già al lavoro per la prevenzione del colera in gran parte del Paese, seguendo le indicazioni dell’Oms e del Ministero della Salute yemenita, ha deciso di formare i volontari e il personale sanitario locale sulle norme da trasmettere alla popolazione per prevenire il contagio da Covid-19. “Il sistema sanitario funziona al 50% della sua capacità in Yemen – rileva  il rappresentante dell’Oms nel Paese, Altaf Musani – La malattia qui travolgerà gli ospedali e allontanerà i medici dai malati gravi”.

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In questo momento i collegamenti aerei sono sospesi, limitando fortemente gli ingressi e la possibilità di circolazione degli operatori umanitari al lavoro per soccorrere la popolazione. Con metà delle strutture sanitarie distrutte o inservibili, anche quelle in funzione necessitano di medicine, macchinari e personale; e 17 milioni – metà della popolazione – non ha accesso all’acqua pulita. 

L’imminente stagione delle piogge potrebbe inoltre causare un nuovo picco di casi di colera in un Paese che nel 2017 e nel 2019 ha registrato una diffusione di casi sospetti nell’arco di un anno mai vista prima. La proiezione di Oxfam è che potrebbero esserci poco più di 1 milione di casi nel 2020. Se ne contano già oltre 56 mila dall’inizio dell’anno.

Racconto dall’inferno

Nel caso in cui il Covid-19 dovesse diffondersi in Yemen assisteremmo alla peggiore catastrofe umanitaria del secolo”: a lanciare l’allarme è  Abdulrahman Jaloud, direttore di “Yemeni Archive”, associazione umanitaria che riunisce attivisti per i diritti umani, giornalisti, tecnici impegnati a documentare le violazioni e i crimini compiuti da tutte le parti in lotta nel Paese dove infuria una guerra da oltre sei anni. Al momento in Yemen non si sono registrati casi ma, afferma il direttore, “si registrano scene di panico per possibile contagio da parte di medici e infermieri, oltre che di famiglie” alle prese già con “una epidemia di colera e con patologie correlate alla povertà, alla malnutrizione e alla condizione di sfollati”. Si calcola che nel Paese siano 3,2 milioni gli yemeniti che necessitano di un trattamento per malnutrizione acuta, condizione questa che li rende più vulnerabili al virus. “Pertanto – aggiunge Jaloud – l’accesso all’assistenza sanitaria sarà assolutamente importante nel prossimo periodo”.

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“Yemeni Archive” ha registrato oltre 130 attacchi contro strutture mediche da parte sia della coalizione a guida saudita (72 attacchi) che delle forze Houthi (52 attacchi), appoggiate dall’Iran. Tre raid sono stati compiuti da Al-Qaeda e altrettanti da forze fedeli alla coalizione a guida saudita, di tre attacchi gli autori non sono stati identificati. “Tutte le parti in conflitto – ribadisce Jaloud – devono cessare immediatamente gli attacchi contro gli ospedali”. Secondo l’agenzia umanitaria dell’Onu, Ocha, circa la metà di tutte le strutture mediche è inagibile a causa del conflitto. “Le promesse di un cessate-il-fuoco per contenere il coronavirus non si sono concretizzate e le ostilità sono continuate e documentate anche nell’ultima settimana”, spiega Jaloud che ricorda come “i lavoratori yemeniti, in maggioranza, siano giornalieri che escono di casa per guadagnare un reddito. Un blocco ai loro movimenti li ridurrebbe ancora di più in povertà. Se il virus si diffonde, i civili saranno costretti a scegliere tra uscire e rischiare il contagio o rimanere in casa e rischiare di morire di fame”.

Yemen, per non dimenticare. E per dimostrare che siamo capaci ri “restare umani”.

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