Usa, voci da una rivolta inarrestabile: "Con Trump le nostre vite e la democrazia sono in pericolo"
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Usa, voci da una rivolta inarrestabile: "Con Trump le nostre vite e la democrazia sono in pericolo"

Voci della rivolta che sta infiammando l’America. Una rivolta contro lo “Sceriffo” della Casa Bianca e le sue minacce da autocrate con l’emetto.

La polizia contro le proteste negli Stati Uniti
La polizia contro le proteste negli Stati Uniti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Giugno 2020 - 15.24


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Voci da una rivolta. Voci della rivolta che sta infiammando l’America. Una rivolta contro lo “Sceriffo” della Casa Bianca e le sue minacce da autocrate con l’emetto.

Voci dalla rivolta

Queste proteste non riguardano solo George Floyd”, dice in un’intervista al San Francisco Chronicles, lattivista Cat Brooks, una dei fondatori dell’Anti Police-Terror Project. “Si tratta di Philando Castile, Breonna Taylor e tutte le altre vittime e della rabbia dei neri e delle persone di colore che va avanti da molti anni”. Ma perché questa volta è diverso quindi?. “Una delle differenze è che in questo momento molte persone che partecipano alle proteste hanno vissuto il lockdown, hanno perso il lavoro e non sanno se riusciranno a guadagnarsi da vivere“, dichiara Brooks. “Sono sotto stress e arrabbiati”. “Tutta questa storia era una polveriera in attesa di esplodere”, spiega l’attivista. “Prima della pandemia, era già abbastanza grave. Ma ora i neri sono ancor più colpiti: si infettano con il coronavirus in numero maggiore rispetto agli altri, devono andare al lavoro più degli altri e sono quindi più esposti”.

Della stessa opinione, anche Rahsaan Hall, direttore del programma di giustizia razziale per l’American Civil Liberties Union (Aclu) del Massachusetts. Parte di questa disperazione deriva, secondo lui, dalla pandemia di coronavirus, come ha raccontato in un’intervista al canale tv Wgbh: “La vulnerabilità della vita delle persone di colore è sempre stata al centro della narrativa americana. Ciò che è diverso è che ora stiamo vivendo questa situazione nel bel mezzo di una pandemia sanitaria globale, incorniciata da queste profonde ingiustizie e disparità razziali“.

Per di più, una delle differenze rispetto al passato, è che queste manifestazioni sono scoppiate in varie città, dall’Atlantico al Pacifico, contemporaneamente.

“Siamo in un momento storico in cui le cose sono peggiorate, ma la gente è unita sul fatto che è arrivato il momento di cambiare”, dichiara sempre al San Francisco Chronicles l’attivista Rachel Jackson, che per anni ha organizzato proteste nel nord della California. “Migliaia di persone stanno manifestando spontaneamente per le strade di tutta la nazione. La cosa eccezionale è che le città si stanno svegliando tutte insieme”, spiega Jackson. “In passato, in un certo senso, lo facevano una dopo l’altra. Ma ora? Sono in più della metà degli Stati, tutti insieme“.

Parla Spike Lee

A fianco dei “rivoltosi” si schiera anche Spike Lee, in un’intervista a The Associated Press. in occasione della presentazione del suo cortometraggio “3 Brothers”, nel quale collega la morte di Radio Raheem (protagonista di “Do the Right Thing”, “Fa’ la cosa giusta” del 1989), con quella di Eric Garner e George Floyd.

“Sono nato nel ’57, quindi avevo 11 anni quando ho visto la protesta nata, dall’assassinio del dottor King (Martin Luther King Jr, ndr.), più tardi con Rodney King e il verdetto di Simi Valley, poi con Trayvon Martin e Ferguson”.

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“La gente è arrabbiata per un motivo, non si nasce arrabbiati. La gente è arrabbiata perché i neri vengono uccisi in ogni modo e i poliziotti lasciati liberi, per la disparità tra l’avere e il non avere… istruzione, acqua potabile, razzismo, aspettativa di vita, la lista potrebbe essere infinita”, ha detto Lee,
Il razzismo non è prerogativa degli Stati Uniti, ha continuato, “c’è in tutto il mondo, era una pandemia prima del coronavirus”, ma negli Usa si ritrova nelle fondamenta del Paese, segnato da “genocidio, furto di terra e schiavitù”. A peggiorare la situazione c’è un presidente che è “un gangster, che sta cercando di fare il dittatore”, ha proseguito Lee, condannando duramente lo sgombero di manifestanti pacifici avvenuto ieri, con gas lacrimogeni, per permettere a Donald Trump di recarsi in una chiesa vicino alla Casa Bianca e farsi riprendere con la Bibbia in mano. Uno spettacolo “ridicolo”, ha commentato il regista: “Con la mia famiglia abbiamo urlato increduli vedendolo. Non ho mai visto in vita mia qualcosa del genere da parte di un leader mondiale”.

Per quanto Lee veda la storia ripetersi, c’è un elemento dell’attuale rivolta che colpisce il regista: “La gente è stanca e scende in strada. Sono rimasto molto colpito dalla diversità dei manifestanti”, ha detto Lee. “Non vedevo questa diversità di proteste da quando ero un ragazzino”, ha detto Lee, citando i movimenti degli anni ’60. “Sono sollevato dal fatto che le mie sorelle e i miei fratelli bianchi siano là fuori per strada”.

Un fatto che fa ben sperare il regista hollywoodiano: “Questa è la speranza di questo Paese, di questa diversa e più giovane generazione di americani, che non vuole perpetuare la stessa ‘stupidata’ in cui si sono fatti coinvolgere genitori, nonni e bisnonni. Questa è la mia speranza”.

A ribellarsi è anche il mondo dello sport.

“Non riesco a credere che abbiamo un presidente che non riesce a dire Black Lives Matter  -. È un codardo: crea situazioni complicate e poi scappa come un ragazzino impaurito”, dice a The Nation Gregg Popovich, il 71enne coach degli Spurs, un’autorità nel basket Nba. E’ un torrente in piena, Pop. Un torrente che travolge The Donald: “Se Trump avesse un cervello, anche se fosse al 99% cinico, cercherebbe di dire qualcosa che unifichi la gente. Ma l’unità è una cosa di cui non gli importa. Nemmeno adesso. È un pazzo. Gli importa solo di sé stesso, di quello che gli dà vantaggio a livello personale. Non del bene comune. Avremmo bisogno di un presidente che dica tre semplici parole: Black Lives Matter. Ma lui non lo farà e non può. Per lui è più importante fomentare quel piccolo gruppo di follower che convalida la sua follia. Ma qui c’è molto più di Trump: il sistema deve cambiare. Io farò il possibile per aiutare, perché è quello che fanno i leader. Ma lui non può fare nulla per metterci sulla strada giusta, perché non è un leader. È semplicemente inadatto. Abbiamo un folle come presidente, mentre la persona che veramente comanda, il senatore Mitch McConnell, distrugge questo paese per generazioni. Trump è solo un burattino nelle sue mani, e la cosa più divertente è che nemmeno lo sa. Trump non è semplicemente divisivo. È un distruttore. Essere in sua presenza ti porta alla morte. Ed è capace di mangiarti vivo per i suoi interessi. Sono inorridito dal fatto che abbiamo un leader che non sa dire Black Lives Matter. È per questo che si nasconde nei sotterranei della Casa Bianca. È un codardo, uno che combina guai e poi scappa come un ragazzino. Non c’è nulla che possa fare per migliorare questa situazione, perché è semplicemente un pazzo idiota”.

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Intanto a Minneapolis, la città dove Floyd è morto, la madre della figlia lo ha ricordato come un buon padre, che il mondo sappia, che la piccola ha perso un buon padre, ha voluto dire Roxie Washington, madre della figlia di 6 anni di Floyd, Gianna: “Sono qui per la mia bambina e sono qui per George – ha detto davanti alla folla la donna – perché voglio giustizia per lui, voglio giustizia per lui perché era buono. Qualunque cosa pensi qualcuno, era buono.”

I funerali di George Floyd, un altro nero morto durante l’arresto, si terranno la prossima settimana. L’agente protagonista del misfatto, colui che gli ha tenuto il ginocchio sul collo schiacciandolo a terra mentre l’uomo non riusciva a respirare, è in attesa di processo.

Rabbia sociale

Da Chicago a Philadelphia, da Miami a Los Angeles, da Seattle a Las Vegas, americani in larga misura appartenenti alla “working-class” non solo di colore hanno dato vita a una protesta quasi senza precedenti, innescata di fatto da un altro omicidio della polizia, ma alimentata come benzina sul fuoco da una crisi sociale aggravatasi a causa del tracollo dell’economia provocato dall’emergenza Coronavirus.

Un numero di disoccupati schizzato a 40 milioni praticamente dall’oggi al domani, quasi 20 milioni di lavoratori che rischiano o perderanno di certo la propria copertura sanitaria e un governo impegnato ad assicurare migliaia di miliardi di dollari ai grandi interessi economico-finanziari sono le vere ragioni di fondo di quanto sta accadendo oltreoceano in queste ore. È difficile in definitiva non constatare, come ha spiegato il filosofo e attivista Cornell West, “il fallimento definitivo dell’esperimento sociale americano” e del modello di capitalismo Usa, in grado di generare ingiustizie sistematiche, disuguaglianze dalle dimensioni quasi incomprensibili e un’oligarchia irremovibile che controlla ogni aspetto dell’economia e della società.

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Dem all’attacco

Le parole di Trump hanno incendiato il dibattito politico: Joe Biden, ex vicepresidente e avversario democratico di Trump alle prossime elezioni, ha accusato il presidente di voler usare l’esercito americano contro il popolo americano. “Le sue parole ‘quando cominciano i saccheggi cominciano gli spari’ non sono degne di un presidente, ma di un capo di polizia razzista nella Miami degli anni Sessanta”, ha dichiarato in un comizio elettorale a Philadelphia.
“Donald Trump – ha continuato – ha trasformato questo Paese in un campo di battaglia devastato da vecchi risentimenti e nuove paure. Pensa che la frammentazione lo aiuti. Il suo narcisismo è diventato più importante del benessere della nazione che guida. Chiedo a tutti gli americani: guardate dove siamo e ripensateci”.

Sulle rivolte è intervenuto anche l’ex presidente Barack Obama che ha fatto riferimento alla pandemia di coronavirus: in questo momento gli americani vogliono “tornare alla normalità, ma dobbiamo ricordare che per milioni di americani essere trattati in modo diverso a causa della razza è tragicamente, dolorosamente, esasperatamente normale, sia che si tratti di avere a che fare con il sistema sanitario o di interagire con il sistema giudiziario o di fare jogging strada, o semplicemente di guardare gli uccelli nel parco. Questo non dovrebbe essere normale nel 2020 in America”.

Ancora più dura è Elizabeth Warren: nell’America di Trump “le nostre vite e la democrazia sono in pericolo”, ha denunciato la senatrice del Massachusetts, ex candidata alla presidenza degli Stati Uniti ed ora sostenitrice di Biden.

Quanto a Trump, lo “Sceriffo della Casa Bianca” ha già ripreso la sua esplosiva routine su Twitter. Sostiene di aver fatto per gli afroamericani “più di qualsiasi presidente dai tempi di Lincoln”. E, tra l’altro, chiede al governatore di New York (Andrew Cuomo) di schierare la Guardia Nazionale contro “i ladruncoli da suburra”.

Lo “Sceriffo” continua a “sparare” da una casa Bianca trasformata in un bunker.

A rispondergli per le rime è un uomo che di certo non è dalla parte dei “ladruncoli della suburra”. “Se non hai qualcosa da dire, come Forrest Gump, allora non dirla”. Il consiglio al presidente viene da Art Acevedo, capo della polizia di Houston, dopo che Trump aveva chiesto ai governatori di “dominare” i manifestanti. “Parlo a nome dei capi della polizia di questo Paese – ha detto il poliziotto intervistato dalla Cnn -. Per piacere se non hai qualcosa di costruttivo da dire tieni la bocca chiusa perché stai mettendo uomini e donne ventenni a rischio”.

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