Trump, 'Law and Order" e l'internazionale degli sceriffi
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Trump, 'Law and Order" e l'internazionale degli sceriffi

Bolsonaro, Putin, Erdogan, al-Sisi, Orban, il duo Salvini&Meloni, e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. Alcuni sono fascisti dichiarati, altri comportamentali.

Jair Bolsonaro e Donald Trump
Jair Bolsonaro e Donald Trump
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Giugno 2020 - 15.21


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E’ l’”internazionale degli sceriffi”. Quelli con l’elmetto in testa. Quelli che erigono muri, marchiano, modello Auschwitz, i migranti, che distruggono, per implementare i profitti delle multinazionali, il polmone verde del mondo, l’Amazzonia. Quelli per i quali “Law and Order” significa legittimare la violenza poliziesca contro i manifestanti, perché chi è in divisa ha sempre ragione.

Sono i sodali di Donald Trump. Autocrati che concepiscono la democrazia come la dittatura della maggioranza, e i diritti delle minoranze, che in molti casi minoranze non sono, come un peso da cui liberarsi.

Ad ogni costo, con ogni mezzo. Bolsonaro, Putin, Erdogan, al-Sisi, Orban, il duo Salvini&Meloni, e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. Alcuni sono fascisti dichiarati, altri comportamentali.

L’internazionale degli sceriffi

Sono il segno, negativo, del presente. Per gli “sceriffi” in servizio effettivo permanente, gli oppositori sono sempre e solo “terroristi”, e come tali vanno trattati. Ed eliminati. Il malessere sociale, ulteriormente accresciuto con la crisi pandemica, che è tra le ragioni scatenanti della rivolta americana, viene derubricato a problema di ordine pubblico, di sicurezza nazionale. E allora, ecco l’emergenza che si fa normalità e norma: l’imposizione del coprifuoco, l’uso dell’esercito per reprimere la piazza, le patrie galere riempite di decine di migliaia di oppositori, la tortura come pratica quotidiana, il razzismo elevato a sistema.

“Con Trump, e nostre vite e la democrazia sono in pericolo”. Il grido d’allarme della senatrice dem Elizabeth Warren, ex candidata alle presidenziali e ora sostenitrice di Joe Biden,  non è piaciuto ai soloni di casa nostra, quelli che “si vince al centro”, quelli che, in fondo in fondo, di The Donald, l’uomo forte, sono ammaliati.  Costoro sono sempre in ritardo sui tempi, spiazzati da fenomeni che non rientrano nei loro schemi, nel loro comun sentire. I soloni da tastiera non hanno compreso che ciò che sta infiammando l’America è un “cambio di mentalità.

Quel cambio a cui ha fatto riferimento Barack Obama, nel suo primo discorso trasmesso via streaming sui social attraverso un collegamento Zoom, L’ex presidente ha detto che la crisi è “diversa da tutte quelle a cui ho assistito in vita mia”, sostenendo come questa possa condurre gli americani a un “risveglio politico” per unire il Paese attorno a una giustizia razziale e alla riforma della polizia. “Dobbiamo – ha affermato – lottare per far sì che un presidente, un Congresso, un dipartimento della Giustizia e la giustizia federale riconoscano il ruolo corrosivo che il razzismo sta svolgendo nel Paese e che sia arrivato il momento di fare qualcosa”.  “C’è un cambio di mentalità in atto – ha aggiunto – una maggiore consapevolezza che possiamo fare meglio. E questa non è conseguenza dei discorsi dei politici, ma il risultato diretto della capacità di così tanti giovani di mobilitarsi”. Obama ha ricordato come anche in passato giovani come Martin Luther King, Malcom X e Cesar Chavez, abbiano guidato i movimenti in difesa dei diritti umani. Poi l’ex presidente si è rivolto direttamente agli afroamericani: “Voglio che sappiate che voi contate, che le vostre vite contano, che i vostri sogni contano”.

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La speranza contro il cinismo

Dal sogno all’incubo. Quello impersonato dal presidente fascista del Brasile Jair Bolsonaro. Il suo disprezzo per i più deboli non ha limiti. Il suo cinismo fa accapponare la pelle. Mi dispiace per le vittime di Covid ma moriremo tutti”, si è lasciato scappare il presidente brasiliano conversando con alcuni suoi sostenitori davanti al palazzo presidenziale di Brasilia. Ad una sostenitrice che gli chiedeva “una parola di conforto”, Bolsonaro ha risposto: “Abbi fede che cambieremo il Brasile”. “E alle persone in lutto, che sono tante, cosa dice?”, ha insistito la sostenitrice, che ha citato anche passi della Bibbia. “Mi dispiace per tutti i morti, ma è la fine di tutti noi”, ha replicato Bolsonaro. Il Brasile ha registrato ieri il nuovo record di vittime di Covid-19: 1.262 nelle ultime 24 ore, che portano il bilancio totale a 31.199.

Licenza di uccidere

Gli “sceriffi” giustificano e legittimano i comportamenti estremi dei loro “eroi in divisa”. Torniamo all’America. Il sito mappingpoliceviolence.org tiene una scrupolosa contabilità dei decessi causati dalla polizia americana. Nel 2019 quasi millecento morti, di cui il 24% cittadini di colore. La probabilità che un nero venga ucciso dalla polizia è tripla rispetto a quella di un bianco e doppia rispetto a un ispanico. Tra il 2013 e il 2019 il 96% degli agenti di polizia responsabili di omicidio non è stato rinviato a giudizio, solo il 3% è stato processato, solo l’1% condannato. Sembra un ritorno agli anni Sessanta, e forse di fatto lo è. Con l’aggravante del coronavirus: che ha allargato le diseguaglianze, colpito massicciamente i neri e le etnie più svantaggiate. 

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Steve l’ideologo

L’”internazionale degli sceriffi” ha il suo ideologo: Steve Bannon, il creatore del sito di riferimento dell’alt-right, Breitbart News, già a capo della campagna di Donald Trump, e fino a non molto tempo fa suo chief strategist alla Casa Bianca, Bannon, che crede in un movimento di populismi autoritari e nazionalisti che dagli Stati Uniti si allarga alla Russia di Putin, alla Turchia di Erdogan, coinvolgendo anche l’Europa e distruggendo il disegno dell’Europa unita. Non è un caso che Bannon e i suoi guardino sempre di più al Vecchio Continente. Con gli uffici aperti a Londra nel 2014, Breitbart ha appoggiato la campagna di Ukip per lasciare l’Unione Europea. Altri uffici sono stati aperti  in  Francia e in Germania, dove Bannon pensa ci sia un’opinione pubblica cui destinare la sua miscela esplosiva di odio per le élites politiche ed economiche, sentimenti anti-immigrazione e fake news.

Nigel Farage, leader dell’estrema destra antieuropeista britannica,  dichiarerà ad esempio: “Nel grande giorno della Brexit, desidero ringraziare personalmente Steve Bannon e rendergli omaggio per la lungimiranza dimostrata con il sito Breitbart; gli sono molto grato,” e aggiungerà in un video pubblicato su YouTube: “Complimenti a Bannon, complimenti a Breitbart, ci siete stati di grande aiuto!”

Suprematista bianco, considerato un razzista, sessista e islamofobo negli Usa, Steve Bannon era un imprenditore e agitatore mediatico evitato come la peste negli States di Obama. Le sue battute contro le donne dem (“solo un branco di lesbiche”) la decisione di impedire alle figlie di frequentare una scuola dove studiavano ragazzine ebree e la notizia strillata su Breibart News (da cui è stato licenziato) secondo cui oltre mille musulmani avevano dilagato a Dortmund, tra molestie sessuali e teppismo la notte di Capodanno, lo fecero apprezzare da Trump. Che lo promosse a suo consigliere prediletto. Poi la cacciata, per aver smentito lo stesso Trump sulle sue dichiarazioni di un possibile attacco militare contro la Corea del Nord. 

Alla nascita del governo Lega-5Stelle, un entusiasta Bannon così si espresse in una intervista al Times:Il nuovo governo populista italiano creerà un’ondata di risentimento contro Bruxelles e guiderà il voto euroscettico alle elezioni europee del prossimo anno. Entro un anno cambierà tutto”. Per dirla con altre sue parole ancora più esplicite: “Il progetto Ue è morto. Italia e Ungheria l’hanno ucciso”. 

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Steve Bannon è un persuasore, un manipolatore, ma è comunque un uomo. Che un uomo possa essere l’artefice del male ce lo afferma lo stesso Bannon nella prima sequenza, che racchiude forse la chiave di lettura di “The Brink”. La constatazione dello stesso Bannon è che a progettare Auschwitz sia stato un gruppo di uomini che ha messo in atto gli stessi processi che si mettono in atto per l’avvio di un’attività industriale. Cosa ha spinto ingegneri e professionisti a progettare il luogo in cui si sarebbe consumato uno dei più grandi eccidi umani? Un’ideologia… L’attività di Bannon punta a questo: diffondere l’ideologia del movimento nazionalista populista e da bravo persuasore, oltre a essere diventato il principale consulente dei partiti populisti in Europa (Lega e Movimento 5 Stelle compresi), sfrutta i mass media per diffondere le sue idee e creare consenso. Manipolare la realtà e le notizie, in particolare tutto ciò che ha a che fare con l’immigrazione, e lasciare che le idee nazionaliste si diffondano, come un contagio. La natura del male è umana e ha anche una strategia…”, così annota Chiara Pascali in una bellissima recensione per cinemonitor del docufilm The Brink che racconta vita e pensiero di Bannon.

Il “sogno europeo” di Steve Bannon si chiama “The Movement”, Il Movimento. Sotto questo nome di risonanze franchiste, l’ex stratega di Donald Trump mira a riunire tutti i gruppi dell’ultradestra populista europea sotto un unico ombrello

In Ungheria, Bannon ha agito come il massimo sostenitore del primo ministro Viktor Orban, l’autocrate magiaro.
“Orban era Trump già prima di Trump”, dichiarò a Budapest, a fine maggio 2018, davanti ad un convegno degli ultrà di destra della Polonia, della Slovacchia e della Repubblica Ceca, ha lanciato un altro dei suoi proclami più diffusi: “Ciò che conta è la sopravvivenza dell’Occidente giudeo-cristiano. Non dobbiamo arrenderci al tramonto del nostro mondo”.

Un mondo razzista, suprematista, impastato di odio e di violenza. E’ il mondo dell’”internazionale degli sceriffi”. Un mondo che fa paura.

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