C’è un motivo per cui giugno è celebrato dalla comunità lgbt mondiale come il Pride Month, il mese dell’orgoglio omo-bi-transessuale: il 28 giugno del 1969, 49 anni fa, un gruppo di omosessuali, transessuali e prostitute riuniti alla Stonewall Inn, un noto bar gay del Greenwich Village di New York, furono vittime dell’ennesima violenta retata della polizia, che da anni aveva dichiarato guerra aperta alla comunità lgbt.
Nel corso delle retate spesso erano le persone trans a essere le più vessate: i controlli della polizia si concentravano su chi si macchiava del reato di ‘cross-dressing’, ossia l’indossare abiti non conformi al proprio sesso.
Una di queste drag queen, Marsha P. Johnson, quella sera si trovava allo Stonewall. Marsha ha 23 anni ed è nata come Malcolm nella città di Elizabeth nel New Jersey. Arrivata a New York, ha preso il nome di Marsha e quella sera indossava dei tacchi che, mentre la polizia la trascinava fuori per arrestarla decide di sfilarsi per lanciarli contro le guardie.
Marsha inizia ad aizzare la folla che incredibilmente risponde. Basta con i soprusi, basta con l’oppressione: è l’inizio dei ‘Moti di Stonewall’, storicamente considerati la base del movimento di liberazione omosessuale, di cui Marsha insieme all’amica Sylvia Rivera fu una pioniera e un’eroina.
Marsha incarnava tutto ciò che repelleva la società benpensante americana: era gay, transessuale e nera. Ma a soli 23 anni Marsha ha avuto il coraggio di cambiare il mondo, insieme a quell’esercito arcobaleno che un anno dopo, il 28 giugno del 1970, si riunì davanti allo Stonewall per dare vita al primo Gay Pride della storia.
Quando si continua a leggere che ‘il gay pride è solo una carnevalata’, che ‘non c’è bisogno di ostentare’, bisogna pensare a Marsha P. Johnson. Perché se lei non avesse ostentato, se lei non avesse sfilato per le strade vestita esattamente come voleva vestire, se lei non avesse avuto il coraggio, l’orgoglio e la giusta rabbia che le hanno consentito di sfidare il mondo, oggi saremmo tutti più tristi, meno liberi e meno orgogliosi.
Quindi grazie Marsha: oggi, come 50 anni fa.