Abusi e violenze, fisiche e mentali, l’ossessione per il peso e le continue prevaricazioni sono gli elementi di una “cultura della paura” che ha governato per anni la ginnastica d’elite nel Regno Unito.
La denuncia, dettagliata attraverso le molte testimonianze di ex atlete, è stata raccontata dalla Bbc in un documentario destinato a creare molte polemiche. E che ha già costretto la stessa federginnastica britannica ad avviare un’indagine indipendente per accertare i fatti, ed eventualmente riorganizzare la sua struttura interna. Nella quale le atlete erano vittime di immancabili sopruso e divieti, a cominciare dal mangiare, abusi di farmaci antidolorifici, costrette talvolta a convivere col dolore dopo gli infortuni. Un ritratto del mondo della ginnastica del tutto simile a quello statunitense, descritto nel documentario “Athlete A”, appena uscito su Netflix.
L’ex ginnasta britannica Nicole Pavier è stata tra le prime a raccontare come il suo peso fisico sia rimasto ancora oggi, a distanza di anni dal suo ritiro, una piaga nella sua vita, eredità degli anni in cui veniva pesata ogni giorno (anche più di una volta). Pavier, oggi 24, ha denunciato alle telecamere della Bbc di essere diventata bulimica all’età di 14, tre anni prima di ritirarsi dalle gare, quando era ormai diventata una persona “completamente svuotata”, costretta a convivere col “terrore” di ingrassare, e con gli inganni per prevenire ogni aumento di peso.
“Solo oggi, che sono un’adulta, posso capire le conseguenze a lungo termine di quel periodo, dai disordini alimentari al cronico dolore, dai costanti incubi notturni al non sentirmi mai bene con me stessa”, il racconto della ginnasta britannica. Una testimonianza che ha spinto la direttrice generale della federazione, Jane Allen, a promuovere una indagine interna “perché i comportamenti di cui siamo venuti a conoscenza negli ultimi giorni sono completamente contrari ai nostri standard di sicurezza, e non possono essere in alcun modo giustificati”. Sotto accusa, tra le altre, anche Claire Barbieri, l’allenatrice della stessa Pavier, che ha sì riconosciuto i costanti controlli alle atlete, negando però ogni tipo di violenza psicologica.
“Eppure ancora oggi odio il mio corpo, mi sento sempre grassa. Mi sveglio la mattina e non voglio fare colazione. Certi giorni poi non mangio del tutto”, ha proseguito Pavier. Una delle voci di questa denuncia collettiva che racchiude episodi di punizioni – sotto forma di allenamenti extra – per le atlete che venivano sorprese a mangiare fuori pasto, o di sessioni forzate in palestra anche per le ginnaste ancora convalescenti, dopo un infortunio, nonostante i dolori accusati dalle stesse. Coercizioni, subite in giovane età, che – nel racconto di molte atlete – hanno determinato danni psicologici persistenti, costringendole a convivere ancora oggi con stati d’ansia e di depressione.