Il Sudan è stato per tanti anni guidato da generali golpisti che hanno posto alla base della loro politica reazionaria e totalitaria una visione altrettanto reazionaria e golpista dell’Islam. A lungo sostenuto dalle anime più anti moderne all’interno del vasto e complesso mondo islamico, il Sudan con o senza il sostegno del più noto leader del fanatismo fondamentalista, Hassan al Turabi, in passato anche presidente del Parlamento sudanese, si è posto da decenni alla testa di un cartello oscurantista, assassinando uno dei più autorevoli e noti esponenti dell’Islam illuminato, Mohammad Taha.
Ora le cose finalmente cambiano e “Nigrizia”, la rivista dei comboniani, congregazione alla quale è particolare caro proprio il Sudan, paese dove volle vivere San Comboni, ha richiamato l’attenzione di tutti su quanto accade a Khartoum, un vento nuovo che proprio l’Osservatore Romano ha ritenuto giusto notare e sottolineare.
Dopo l’annuncio di Nigrizia, proprio oggi il quotidiano della Santa Sede , infatti, conferma che il nuovo corso politico che ha preso piede in Sudan deponendo il generale golpista e responsabile di crimini contro l’umanità, Omar al Bashir, ha varato in questi giorni importanti revisioni del codice penale, che “abrogano alcune norme” che erano evidente violazione dei più elementari diritti umani. Così sparisce la “pena di morte per un musulmano che si converte ad un’altra religione” e si conferma l’inammissibilità di qualsiasi forma di mutilazioni genitali femminili.
E’ stato il presidente provvisorio, che guida il Consiglio sovrano sudanese, Abdelfattah El Burhan, a firmare le riforme che aboliscono varie norme che degradano la donna, come quelle che la sottopongono al potere del marito, o del padre, o di un uomo della famiglia.
L’Osservatore Romano richiama l’attenzione su un altro aspetto molto importante: per i non musulmani, che attualmente sono il 3% della popolazione vista la scelta di secessione del Sud Sudan, “è stata abolita anche la proibizione di procurarsi e consumare bevande alcoliche.”
Tornando a Nigrizia è importante notare che la rivista dei comboniani ricordi in materia di apostasia il caso di Meriam Ibrahim, condannata a morte perché non aveva voluto seguire la religione del padre, musulmano, e aveva preferito l’insegnamento della madre, cristiano copta. Meriam era stata poi scarcerata grazie all’intercessione della comunità internazionale, ma mai assolta.
Tutto questo conferma il valore umano e “cittadino” dei grandi movimenti di piazza che hanno attraversato il mondo arabo in questo periodo a dir poco turbolento, quasi ovunque combattuti con ferocia dai vari fregi i regimi arabi, poco sostenuti dalla comunità internazionale, ma che ora proprio nell’enorme Sudan hanno consentito di rimuovere dal potere un riconosciuto responsabile di crimini contro l’umanità e finalmente anche alcuni effetti perversi del suo sistema di potere.
La spinta popolare, e quindi musulmana visto che solo il 3% dei sudanesi non lo sono, che ha sostenuto il nuovo corso sudanese restituisce, nel nome dell’Islam, dignità non solo alla donne, ma a tutta la popolazione, sovvertendo un’ offesa arrecata a una religione che rappresenta ben più dei un miliardo di persone.