I tempi cambiano, e la nostalgia, dicono i senza memoria, è qualcosa di vecchio, retrogrado, anche un po’ patetico. Quando questo discorsetto viene poi da persone che si ritengono democratiche, progressiste, di sinistra no, anche questo è demodé, non parliamo poi di socialismo o comunismo, è ancora più insopportabile.
E allora, bando ai cialtroni.
E pensiamo. Pensiamo cosa sarebbe successo se l’Europa avesse finanziato i Pinochet, i Videla, i Francisco Franco, i colonnelli greci perché chiudessero le frontiere, e aprissero gli stadi-lager per tenerci dentro gli oppositori, oggi si chiamerebbero rifugiati, affinché non “invadessero” il Vecchio continente. Un tempo, neanche troppo lontano, davanti alle ambasciate di questi Paesi retti da regimi fascisti si sarebbero moltiplicati sit-in di protesta, manifestazioni di piazza. Come fu, altri tempi pure quelli, davanti all’ambasciata Usa a sostegno dei vietcong.
Quella parola divenuta impronunciabile è internazionalismo. Oggi le cose sono cambiate. In peggio. Oggi l’Europa finanzia il “Pinochet del Bosforo” l’islamofascista Recep Tayyp Erdogan. Lo finanzia, 6 miliardi di euro, per tenersi, non importa in quali condizioni, i milioni di siriani fuggiti da una guerra per procura fomentata dalla stessa Turchia.
Sei miliardi per fare di Erdogan il Gendarme delle frontiere esterne dell’Europa. Ma l’islamofascista non si accontenta dei soldi. Vuole anche altro. Vuole, e ottiene, che l’Europa non faccia nulla, se non qualche ridicolo comunicato, per fermare la mano di un dittatore che ha riempito le carceri di decine di migliaia di oppositori, che ha portato avanti, con l’avallo americano e la compiacenza europea, la pulizia etnica contro i curdi siriani nel Rojava, che ha reclutato stupratori e tagliagole jihadisti per fare il lavoro più sporco in Siria e, terminato il quale, ripeterlo in Libia. Il “Pinochet del Bosforo” ha chiuso giornali, arrestato o costretti all’esilio centinaia di giornalisti indipendenti, e a costretto alla morte attivisti e avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani.
E’ la storia di Ebru Timtik, l’avvocata turca morta dopo 238 giorni di sciopero della fame per ottenere un giusto processo. I suoi colleghi l’hanno ricordata sfidando il regime, ma si sono sentiti soli in questa battaglia di libertà, in questa lotta antifascista. Un tempo, una sinistra che non rinnega se stessa e gli ideali che l’hanno fondata, avrebbe chiesto al Governo italiano di convocare alla Farnesina l’ambasciatore turco per protestare contro questo crimine. Un tempo, questa sinistra si sarebbe battuta perché l’Unione europea sanzionasse, invece di sovvenzionare, il fascista turco.
Oggi non è così. Certo, ci sono associazioni umanitarie come Amnesty International che non si arrendono, vi sono gruppi di base attivi sui social, ma i partiti hanno altro a cui pensare. Le penne al servizio del potente di turno, danno lezioni di realismo diplomatico sulle prime pagine dei giornali che pesano (anche se sempre meno).
Sì, Erdogan e al-Sisi saranno pure dei brutali autocrati, sì, sarà pure vero che sotto il regime del presidente-generale egiziano i desaparecidos, oltre 40mila ed è una stima in difetto, hanno superato quelli del periodo della dittatura fascista dei generali in Argentina. E sarà pure vero che da anni, le autorità egiziane hanno ucciso per la seconda volta Giulio Regeni, impedendo di fare verità e giustizia sul suo brutale assassinio, u assassinio di Stato. E magari Erdogan avrà esagerato nel cacciare oltre 100mila funzionari pubblici, insegnanti, accademici, in nome di una sicurezza nazionale che coincide con la sicurezza sua e del suo regime.
Ma, dicono i soloni senza coscienza, la Turchia e l’Egitto sono Paesi fondamentali per stabilizzare la Sponda Sud del Mediterraneo e il Medio Oriente (peraltro una falsità, come dimostra la Libia), e con essi dobbiamo mantenere solide relazioni. E chi sostiene il contrario, è un’”anima bella”, un povero illuso.
La tragedia è che questo insano realismo ha sfondato anche a sinistra o quella che è. Certo, per qualche giorno, si può “tifare” per le belle combattenti curde, invitarne qualcuna nei salotti televisivi, e sai quanto spaventa questa esibizione mediatica il fascista del Bosforo…Un tempo, neanche troppo lontano, c’era uno slogan che raccontava una generazione: siate realisti, chiedete l’impossibile. Quell’impossibile era un mondo senza più sfruttati, un mondo in cui ogni popolo aveva diritto all’autodeterminazione, come il popolo palestinese. Altri tempi, si dirà.
E’ vero. Ma oggi è chiedere l’”impossibile” sanzionare il fascista del Bosforo? Lo chiediamo anzitutto a chi ha responsabilità di Governo e si proclama democratico e di sinistra. Ma se per voi è troppo, se stare al Governo significa essere iper realisti, e genuflettersi ai piedi di un Erdogan o un al-Sisi, almeno risparmiateci le lacrime di coccodrillo in morte di Ebru Timkik.