Sei anni fa, una ragazza egiziana fu rapita, drogata e stuprata da un branco di ricchi rampolli dell’alta società al Fairmont Hotel de Il Cairo. Questi mostri le incisero anche sulla pelle i loro nomi. Una tortura inammissibile, rimasta impunita per sei anni, perché nessuno ha osato denunciare, nemmeno la vittima.
Il caso è riscoppiato perché 4 ragazze, che sei anni avevano partecipato a quella stessa festa dove la vittima era stata adescata e avevano assistito ad alcune scene, hanno deciso di denunciare. E ad essere arrestate sono state loro: per essere state testimoni di un crimine, per aver assunto droga e per incitamento alla dissolutezza e danneggiamento dell’immagine dello Stato egiziano.
In Egitto funziona così: lo stesso paese che ha ucciso Giulio Regeni e che tiene prigioniero Patrick Zaky, difende gli stupratori e non le vittime. Anzi, chi cerca di far funzionar ela giustizia viene arrestato, perché la giustizia in Egitto è maschio e funziona solo per gli uomini. E se la ragazza è stata violentata, la colpa è di certo sua.
I social media però stavolta hanno riportato alcune immagini del festino dell’orrore. E i mandati d’arresto sono scattati: Tre sono stati fermati in Libano e adesso sono in attesa di estradizione da parte delle autorità di Beirut. Altri due uomini sono stati bloccati all’aeroporto internazionale del Cairo mentre stavano lasciando il Paese. Ma questa storia è rimasta insabbiata per sei anni, e adesso si teme che gli stupratori riusciranno ancora a farla franca.
Anche perché, se internet ha contribuito a far riemergere il caso, i media tradizionali hanno invece contribuito ad alimentare verso le 4 ragazze un clima di odio, in accordo con il regime.
Stuprata da un branco di ricchi egiziani, ma in carcere ci vanno le ragazze che hanno denunciato
È il caso del momento in Egitto, quello del Fairmont Hotel: la violenza è avvenuta sei anni fa, ma è rimasta sepolta per anni.
globalist Modifica articolo
4 Settembre 2020 - 13.11
ATF
Native
Articoli correlati
Patriarcato / Patriarcato: perchè parlarne con consapevolezza
La conversazione / Ucraina: la variabile religiosa del conflitto