La proposta della Commissione Europea per modificare il regolamento di Dublino sull'immigrazione
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La proposta della Commissione Europea per modificare il regolamento di Dublino sull'immigrazione

La Presidente della Commissione Ursula von der Leyen: "È tempo di affrontare la sfida di gestire insieme le migrazioni, con il giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà"

Ursula von der Leyen
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23 Settembre 2020 - 12.49


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Al termine del collegio dei commissari a Bruxelles che ha approvato la proposta di un nuovo patto sulle migrazioni e sull’asilo, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Vogliamo rispettare i nostri valori e affrontare le sfide di un mondo globalizzato. L’Europa deve lasciarsi alle spalle le soluzioni ad hoce mettere in piedi un sistema di gestione delle migrazioni prevedibile ed affidabile”. 
“Le migrazioni sono sempre state un fatto in Europae lo saranno sempre. Per secoli hanno dato forma alle nostre società e a molte delle nostre vite. E sarà sempre così”, ha sottolineato von der Leyen. “È un fenomeno complesso e l’intero sistema per affrontarlo in Europa non funziona più. Il pacchetto della Commissione sulle migrazioni e l’asilo che presentiamo oggi offre un nuovo inizio”, ha aggiunto.
Per l’Unione europea “è tempo di affrontare la sfida di gestire insieme le migrazioni, con il giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà”, ha detto ancora al termine del collegio dei commissari a Bruxelles che ha approvato la proposta di un nuovo patto sulle migrazioni e l’asilo.

La proposta

La Commissione europea propone di superare l’attuale sistema di Dublino, che pone sulle spalle degli Stati di primo arrivo tutti gli oneri connessi alla gestione dei flussi migratori, con un sistema di “contributi flessibili” di solidarietà nei confronti dei Paesi Ue che sono la prima destinazione dei migranti.
“A seconda delle diverse situazioni negli Stati membri e delle fluttuanti pressioni migratorie, la Commissione propone un sistema di contributi flessibili da parte degli Stati membri”, riporta il comunicato stampa, che evita di scendere nei dettagli della proposta legislativa, fondamentali per valutarla. Questi contributi, aggiunge la Commissione, “possono variare dal ricollocamento dei richiedenti asilo dal Paese di primo arrivo (non vengono citati i migranti economici, che costituiscono la maggioranza degli arrivi in Italia, ndr) fino all’assumersi la responsabilità di rimpatriare le persone che non hanno diritto di restare o varie forme di supporto operativo”.

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Il nuovo sistema proposto dalla Commissione si basa sulla “cooperazione e su forme flessibili di supporto inizialmente su base volontaria”, ma “contributi più stringenti saranno richiesti in tempo di pressione su singoli Stati membri, sulla base di una rete di sicurezza. Il meccanismo di solidarietà coprirà varie situazioni, incluso lo sbarco di persone dopo operazioni di ricerca e soccorso, pressione, crisi e altre circostanze specifiche”.

Quella presentata oggi è una proposta di riforma avanzata dalla Commissione: la decisione spetterà ai colegislatori, Parlamento Europeo e Consiglio, l’istituzione Ue che riunisce gli Stati membri.
E’ nel Consiglio che la riforma di Dublino è arenata dal 2015, anno della crisi migratoria provocata dalla guerra civile siriana. Le posizioni degli Stati Ue su questo tema, politicamente esplosivo, sono e restano ampiamente divergenti: il piano di ricollocamenti obbligatori lanciato dalla Commissione, e approvato dal Consiglio a maggioranza qualificata, per alleviare la pressione sui Paesi di primo arrivo è fallito, perché i Paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia) si sono rifiutati di accogliere i richiedenti asilo di loro spettanza, infrangendo un obbligo di legge.

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Il fallimento dei ricollocamenti obbligatori ha dimostrato l’estrema difficoltà, se non l’impossibilità (alla fine, il rischio è di pagare una multa al termine di una procedura di infrazione) di imporre agli Stati membri decisioni adottate a Bruxelles a maggioranza, specie su un argomento così politicamente sensibile come le migrazioni. I quattro Paesi di Visegrad, governati da forze di orientamento politico diverso, non sono meta di flussi migratori dall’Asia e dall’Africa e non intendono diventarlo. La Polonia governata dai nazionalisti del Pis si è rifiutata di accogliere un solo richiedente asilo dai Paesi del Sud, pur sapendo che molto probabilmente se ne sarebbero andati in Germania.

In Ungheria la Commissione Europea è stata accusata dal partito al governo, Fidesz, di far parte di un complotto mondialista, finanziato da George Soros, celebre finanziere Usa nato in Ungheria, fuggito dal Paese nel marzo del 1944 per sfuggire ai nazisti e trapiantato negli Usa, che mirerebbe a sradicare le identità nazionali. Ieri il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, popolare che governa con il sostegno dei Verdi e che sui temi migratori ha sempre avuto posizioni dure, ha detto chiaramente all’Agence France Presse che “la distribuzione” dei richiedenti asilo in Europa “è fallita e molti Stati la rifiutano. Così non funzionerà”.

 
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