Libano, caos infinito. Il premier incaricato getta la spugna: a comandare è sempre Hezbollah
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Libano, caos infinito. Il premier incaricato getta la spugna: a comandare è sempre Hezbollah

Adib ha annunciato la sua decisione dopo un incontro con il presidente della Repubblica, Michel Aoun, al Palazzo Baabda, sede della presidenza libanese.

Il primo ministro libanese designato Mustapha Adib
Il primo ministro libanese designato Mustapha Adib
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Settembre 2020 - 15.12


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Ventisei giorni di trattative, di veti e contro veti, di insaziabili appetiti di potere, il tutto in un Paese sempre più allo sbando. Un Paese senza governo, senza pace. E’ il Libano. Il primo ministro designato Mustapha Adib, dopo 26 giorni dalla sua nomina, ha gettato la spugna e rimesso il suo mandato. Adib ha annunciato la sua decisione dopo un incontro con il presidente della Repubblica, Michel Aoun, al Palazzo Baabda, sede della presidenza libanese.

Adib era diventato primo ministro incaricato dopo il voto favorevole di 90 parlamentari su 120, raccogliendo il sostegno di Hezbollah e dei suoi alleati, oltre che quello del “Movimento del Futuro” dell’ex primo ministro Saad Hariri.

“Mi scuso per non poter continuare il compito di formare il governo”, ha detto Adib, secondo un tweet della presidenza della Repubblica. “Che Dio protegga il Libano”, ha aggiunto il  diplomatico  al termine del suo breve discorso ai giornalisti.

Il presidente Aoun ha accettato la decisione del primo ministro designato e ha affermato che prenderà “le misure necessarie previste dalla costituzione”. “Il Presidente Aoun ha ricevuto il primo ministro designato, che lo ha informato delle difficoltà incontrate nel formare il governo, e gli ha poi consegnato la sua sfida per iscritto. Il presidente Aoun ha ringraziato il primo ministro designato per i suoi sforzi e gli ha detto che ha accettato la sua sfida. Il capo dello Stato prenderà le misure appropriate previste dalla Costituzione”, ha scritto il presidente su Twitter. “Se non si formerà un governo, andremo all’inferno”, ha avvertito Aoun il 21 settembre in risposta alla domanda di un giornalista.

“Scuse ai libanesi”

“Quando sono stato nominato da una larga maggioranza di parlamentari (…), ho accettato questa missione dicendo che non avrei superato il termine di due settimane per la formazione di un governo ristretto e di salvataggio, con una precisa missione di riforma basata sulle richieste dei libanesi (…), attraverso un team di esperti noti per la loro esperienza, indipendenza e non affiliazione ai partiti politici. Esperti che non sarebbero stati nominati da loro”, ha detto Adib nel suo discorso. “Ero ottimista, visto che tutti questi criteri erano stati approvati (il 1° settembre, ndr) dai principali gruppi parlamentari che si erano impegnati in tal senso con il presidente francese Emmanuel Macron, che aveva poi lanciato un’iniziativa per salvare il Paese (…)”, ha aggiunto Adib. “Ma quando il processo di formazione del governo ha raggiunto la sua fase finale, si è scoperto che l’accordo sulla base del quale avevo accettato questa missione nazionale (…) non era più valido. Sapendo che i criteri che ho stabilito per la formazione del governo sono ormai destinati a fallire, e poiché ho a cuore la coesione nazionale, mi ricuso”, ha spiegato Adib, ringraziando il presidente Aoun e gli ex primi ministri che lo hanno “sostenuto” nella sua missione. Ha concluso offrendo “scuse ai libanesi che comprendono” la sua impossibilità di “realizzare le riforme”.

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L’impasse dopo le trattative

Venerdì pomeriggio, Adib si era già recato a Baabda per tenere il presidente Aoun “informato dell’atmosfera che circonda i negoziati” ma, ancora una volta, non aveva presentato alcun progetto di governo al capo dello Stato.

Il 10 agosto, sei giorni dopo la gigantesca esplosione nel porto di Beirut che ha ucciso più di 190 persone e ferite 6.500, il governo di Hassane Diab si era dimesso sotto la pressione delle proteste di piazza.  Mustapha Adib, che era l’ambasciatore del Libano in Germania, è stato poi nominato il 31 agosto per formare un nuovo gabinetto, poche ore prima che Macron arrivasse a Beirut il 1° settembre. Adib aveva deciso di rinunciare già venerdì, ma dopo i contatti con Parigi, ha accettato di essere nuovamente paziente”, riferisce corrispondente politico del L’Orient Le-Jour, il giornale in lingua francese di Beirut, Mounir Rabih. “Ma alla fine dell’incontro pomeridiano con il presidente Aoun e dell’incontro notturno con Ali Hassan Khalil, braccio destro del leader del movimento Amal Nabih Berry, e Hussein Khalil, consigliere politico del segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah, non è stata registrata alcuna svolta ed è stato lì che Parigi avrebbe accettato che Adib si dimettesse, dicendo di aver compreso la sua posizione”, aggiunge Rabih.

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Ora, concordano gli analisti politici a Beirut, sarà necessario attendere, forse diversi giorni, la nomina di un nuovo primo ministro. Un altro scenario sarebbe quello di formare un governo affiliato ad Hezbollah, “ma una tale opzione è difficilmente sostenibile a livello locale”.  Secondo fonti bene informate, il presidente Aoun “ha ribadito a Mustapha Adib il suo sostegno all’iniziativa francese e la necessità di rispettarla nell’interesse del Libano e del suo popolo”.

Il Libano in una situazione di stallo

Moustapha Adib era stato chiamato a formare, in accordo con l’iniziativa francese per far uscire il Libano dalla crisi, un ristretto gabinetto “di missione” di personalità indipendenti. L’ostacolo principale incontrato dall’ormai ex premier designato nel tentativo di dar vita al nuovo esecutivo riguardava il portafoglio delle Finanze, richiesto da Hezbollah e dal movimento Amal. Questi due gruppi hanno chiesto la nomina di una “personalità sciita” a capo del ministero che, secondo loro, dovrebbe essere esclusa dal principio della rotazione nella guida del dicastero  difeso da Adib e sostenuto da diversi partiti, tra cui gli ex primi ministri sunniti, guidati da Saad Hariri. Ma i ‘due Khalil” hanno tenuto il punto e rilanciato, sostenendo che siano i vertici di Hezbollah e di Amal  a proporre i nomi degli altri ministri sciiti del gabinetto. Martedì scorso, dopo un incontro con il presidente francese, Saad Hariri ha dichiarato di essere d’accordo sulla nomina di una personalità sciita indipendente al ministero delle Finanze, che Adib sceglierà lui stesso, come gli altri ministri, sulla base dei criteri di competenza, integrità e appartenenza non di parte. Il leader del Movimento del Futuro” aveva specificato che questa assegnazione del portafoglio a uno sciita “dovrebbe essere valida per una sola volta e non può essere considerata un precedente per la formazione di futuri governi”. Tuttavia, Ali Hassan Khalil e Hussein Khalil hanno ribadito giovedì al primo ministro la loro volontà di nominare i ministri sciiti che si uniranno al governo, in particolare al ministero delle Finanze. Un nuovo incontro tra Mustapha Adib e i “due Khalil” venerdì sera non ha portato ad alcun progresso.

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“La cosa spiacevole – annota Issa Goraieb, editorialista di L’Orient Le-Jour – è che la vicenda non si limita alla finanza, poiché il duo di miliziani si arroga il diritto oltraggioso di controllare la scelta di qualsiasi personalità sciita a cui sarebbe stato affidato un portafoglio ministeriale. Questa richiesta è stata appoggiata da un’autorità religiosa di questa comunità che, in assenza di una totale deconfessionalizzazione del sistema, ha invitato le altre comunità libanesi a non esitare a fare lo stesso! Questo è al di là di ogni comprensione, che spinge tutte le soglie di tolleranza; che, in un momento di emergenza, apre la porta a un interminabile bazar tra i vari partiti; che vieta l’accesso tanto atteso a posizioni di responsabilità di esperti realmente indipendenti e quindi pienamente in grado di riparare gli enormi danni causati da una casta politica tanto incompetente quanto corrotta.

Degradante è il metodo, per qualsiasi esperto che voglia servire il proprio Paese e sia perfettamente in grado di farlo. Ironia della sorte, è degradante per i molti, ampiamente riconosciuti talenti e competenze sciiti. Costringerli a sfilare sotto le forchette caudine della milizia è un insulto alla loro integrità e li scredita ancor prima che abbiano avuto il tempo e l’opportunità di mettersi alla prova.

Per queste ragioni – conclude Goraieb –   il compromesso non deve diventare compromissione. Se, infatti, l’eccezione sciita è consacrata; se la vergognosa regola viene diffusa, se non altro per mimetismo ed emulazione; se le future Eccellenze sono tutte tenute al guinzaglio dalle parti, non si farà altro che tornare, come al solito, alla fonte del male. In ginocchio questa volta”.

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