E alla fine il virus si è preso anche Trump
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E alla fine il virus si è preso anche Trump

Si pensi prima di Trump allo sgangherato premier britannico, o al presidente brasiliano che ha “gigionato” a lungo tra i suoi sostenitori: Trump è l'ultimo di una fila di potenti

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Nuccio Fava Modifica articolo

3 Ottobre 2020 - 16.17


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Il virus continua a spaventare e devastare, senza rispettare nessuno, nemmeno i potenti. Si pensi prima di Trump allo sgangherato premier britannico, alle prese ormai con una crisi assai grave che lo ha spinto ad una battuta infelice verso l’Italia; o al presidente brasiliano che ha “gigionato” a lungo tra i suoi sostenitori, snobbando mascherine e qualsiasi precauzione ma che è stato costretto alla fine ad annullare la grande festa del carnevale di Rio.
Da noi ha fatto notizia il contagio di due senatori ma eccezion fatta per Berlusconi che sembra ormai essersela cavata alla grande, non ci sono stati altri casi di rilevante notorietà. Le persone contagiate sono in aumento ed è molto probabile la proroga dello stato di emergenza sino al 31 gennaio. A prendere il caffè stamane non si parlava d’altro. Un maturo pensionato col Messaggero sotto il braccio insisteva per comunicare a tutti la sua interpretazione: il presidente americano voleva rompere le scatole al Papa, che ha già i suoi problemi coi cardinali, e il Padreterno ha punito Trump! Una considerazione superstiziosa e per nulla cristiana che è caduta nel vuoto ed è rimasta senza consenso alcuno. Soltanto sorrisi ironici e battute divertite con richieste di previsioni sui numeri del lotto.
La visita di Pompeo in Vaticano e l’incontro con Parolin hanno in effetti chiarito bene quale sia l’intento della Casa Bianca, che voleva un sostanziale mutamento di Papa Francesco con i rapporti con Pechino da usare per le elezioni, sia quello del Vaticano verso la Cina che la santa Sede ha detto chiaramente che non intende modificare ma migliorare ed approfondire in un dialogo rispettoso e proficuo. Insomma è emerso chiaramente una feconda distinzione tra fede e politica, tra religione e dimensione statuale, tra Chiesa e potere dello Stato, senza strumentalizzazioni reciproche dannose per la comunità nel suo insieme. Tanto più nel momento in cui gli Usa con il voto presidenziale prossimo, sono di fronte a scelte epocali circa le responsabilità  verso l’umanità intera. Mentre la chiesa cattolica alle prese col suo interno travaglio, fronteggia l’impegnativo compito di rinnovamento e di purificazione, come annuncia da Assisi con la nuova enciclica “tutti fratelli” Papa Francesco.

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