Facciamo in fretta a dimenticare. In fretta a chiudere gli occhi e voltar pagina mentre migliaia di disperati continuano a vivere in condizioni disumane. Per fortuna che esistono organizzazioni umanitarie, come Oxfam, che i riflettori non li spengono, che non abbandonano il campo, che praticano la solidarietà nel quotidiano, in difesa dei più indifesi. Come i disperati di Lesbo.
Le condizioni a cui al momento sono costretti quasi 8 mila uomini, donne e bambini intrappolati nel nuovo campo temporaneo di Lesbo, sono ancora peggiori di quelle di cui erano vittime nell’inferno del campo di Moria, completamente distrutto nell’incendio dello scorso 8 settembre.
Moria, inferno in terra
È l’allarme lanciato da Oxfam e Greek Council for Refugees (GRC), con un nuovo rapporto, di fronte alla situazione sempre più disperata che si trovano ad affrontare migranti e richiedenti asilo che ancora sono sull’isola greca. Nel nuovo campo, costruito nello spazio dove prima sorgeva un poligono, manca l’acqua corrente e con l’inverno in arrivo tantissime famiglie con figli piccoli sono costrette in tende di fortuna, del tutto inadeguate a sopportare il calo delle temperature o la minima raffica di vento.
“Alcune tende si trovano ad appena 20 metri dal mare, non c’è sistema fognario, assistenza sanitaria, servizi igienici o docce, né sono previste norme di prevenzione del contagio da Coronavirus, che già aveva causato casi nel campo andato distrutto. – spiega Paolo Pezzati, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia – Come se non bastasse il cibo spesso viene distribuito solo 1 volta al giorno e molti sono costretti a lavarsi in mare. Inoltre mancando quasi totalmente l’illuminazione donne e bambini di notte sono ancora più esposti di prima al rischio di subire abusi e violenze”.
Una situazione drammatica di fronte a cui Oxfam e GRC lanciano un appello urgente per l’immediato trasferimento di tutti i migranti presenti nel campo in strutture adeguate nella Grecia continentale e in altri Paesi Ue.
Il totale disinteresse europeo dopo il mea culpa di un mese fa
“Dopo l’incendio di settembre – continua Pezzati – i leader europei hanno promesso che mai più si sarebbe ripetuta una situazione del genere, ma dove sono ora? Giustamente il nuovo campo è stato ribattezzato Moria 2.0 da chi vive sull’isola. Fino ad ora la risposta messa in campo dall’Unione europea è stata a dir poco imbarazzante: invece di trasferire i richiedenti asilo, si adottano misure che costringono persone già traumatizzate a vivere in condizioni disumane”.
Un approccio – sottolineano le due organizzazioni – che continua a intrappolare migliaia di persone in fuga da guerre e persecuzioni ai confini dell’Europa, con una nuova riforma europea su asilo e immigrazione che sembra perpetuare tale barbarie.
“La proposta sul tavolo è infatti di creare ancora più campi vicini alle frontiere europee, mentre appare assai improbabile che verrà garantita in futuro una procedura giusta ed efficace per le richieste di asilo, che non violi i diritti fondamentali dei migranti. L’idea, che sembra essere sottintesa, è di tenerli lontani dall’attenzione dell’opinione pubblica, costi quello che costi”, aggiunge Pezzati.
“Esortiamo la Grecia a trasferire immediatamente tutti fuori dall’isola. Anche se il piano del Governo greco di trasferire tutti i residenti entro Pasqua è un primo passo, non tiene minimamente conto delle condizioni in cui i migranti, si troveranno nelle prossime settimane e mesi. – conclude Natalia-Rafaella Kafkoutsou del GRC – Allo stesso tempo il Piano non chiarisce come saranno accolte e integrate le famiglie che adesso di trovano a Lesbo, con il rischio di spostare semplicemente il problema dall’isola sulla terraferma. Per questo adesso è più che mai necessario che i governi europei lavorino insieme per garantire un efficace ricollocamento dei migranti negli Stati membri”.
Il 15 settembre scorso un incendio ha distrutto il campo di Moria. “La situazione è indescrivibile. Spesso abbiamo detto che Moria sembrava un inferno per gli abusi e i diritti negati. Con più di metà del campo ridotto in cenere, oggi Moria non sembra un inferno, lo è. Quando sono arrivata alle prime luci dell’alba, le fiamme erano altissime. È impensabile che questo avvenga in un centro d’accoglienza in Europa. La nostra clinica si è miracolosamente salvata dal fuoco. Siamo qui con un team d’emergenza per garantire cure alle persone ancora rimaste nel campo e per cercare di raggiungere gli altri che sono fuggiti e ora dislocati tra il campo e la città di Mitilene dove non possono entrare. Alcuni stanno provando a mettersi in contatto con noi, molti sono nostri pazienti della clinica, tra loro donne incinte e bambini malati che hanno bisogno di assistenza,” testimoniava in quel drammatico frangente Giovanna Scaccabarozzi, referente medico MSF Medici Senza Frontiere) a Moria.
Un mese e sei giorni dopo, la situazione è peggiorata. Nel disinteresse dell’Europa.