Il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin, in accordo con il ministro delegato per la cittadinanza Marlene Schiappa, hanno annunciato che i cinque membri della famiglia della ragazza bosniaca picchiata e rasata per essersi innamorata di un cristiano serbo, sono stati espulsi questa mattina dalla Francia.
Si tratta dei genitori della giovane e degli altri tre figli, hanno precisato i collaboratori del ministro.
Il 17 agosto, dopo aver annunciato l’intenzione di sposare Dusan, 20 anni, Selma, 17 anni, era stata picchiata dai genitori bosniaci musulmani, ma anche dallo zio e dalla zia, che hanno lo status di rifugiati.
La vicenda aveva suscitato grande commozione in Francia e all’estero, ricordando in particolare la violenza interetnica e religiosa perpetrata negli anni ’90 durante la dissoluzione dell’ex Jugoslavia.
Questo le dichiarazioni del ministro in un comunicato: “Dato che ci eravamo impegnati con Marlene Schiappa (Ministro delegato per la cittadinanza,), la famiglia che ha aggredito vigliaccamente la figlia e la nipote picchiandola e arrivando al punto da rasarla con la forza perché era innamorata di un ragazzo di un’altra fede, è stata espulsa questa mattina”, ha annunciato il ministro in un comunicato.
A fine agosto, Darmarin aveva assicurato una procedura di espulsione “non appena terminato il procedimento giudiziario”.
Arrestati al termine del processo ieri sera, i cinque membri della famiglia sono stati scortati al centro di detenzione amministrativa di Metz, poi questa mattina a Nancy da dove sono partiti per Sarajevo.
Il giorno prima, in serata, erano stati condannati in primo grado per “violenza su minore in presenza di minorenni (gli altri figli della coppia)” a un anno di reclusione con quattro mesi di condizionale”.
Il movente religioso della violenza, invece, non è stato mantenuto, nonostante le dichiarazioni della giovane.
L’avvocato della coppia, Catherine Bresson, ha ammesso che l’espulsione è “legale” e di non avere “mezzi legali per opporsi”.
Ai genitori di Selma, arrivati nel 2018, era stato rifiutato l’asilo nel dicembre 2019.
I suoi clienti, ha spiegato, avevano “firmato i documenti per tornare nel loro Paese ben prima dei fatti”, ma il rimpatrio era stato rinviato per il Covid e per questioni amministrative. “Non avevano bisogno di Darmanin”, ha detto la legale.