“L’utopia è ciò che muove le coscienze di milioni di persone, che mette in relazione persone di tutto il pianeta, specie nell’epoca dei social media. La rete è mondiale, ma è uno strumento non il fine. Serve per costruire piattaforme comuni, mobilitazioni in piazze lontane tra loro. L’utopia non è un sinonimo di illusione. E’ l’esatto contrario: oggi i ‘realisti’ siamo noi, sono i pacifisti, sono le ragazze e i ragazzi americani che hanno dato vita a una grande protesta contro la vendita libera delle armi, sono i tanti che si sono battuti contro la produzione e la vendita di armi di distruzione di massa. Sono le tante i tanti che specie oggi che il mondo è sconvolto dalla pandemia del Covid-19, chiedono che i miliardi destinati alla produzione e al commercio degli armamenti siano destinati alla vita e non alla morte, siano investiti per rafforzare la sanità pubblica, per supportare le fasce più deboli della società, perché non si esca da questa tragedia in atto coni ricchi che si ritrovano più ricchi e i poveri ancora più poveri. Sappiamo che gli apparati militari-industriali sono potenti e possono contare sul sostegno delle lobby delle armi che hanno i soldi per influenzare governi e parlamenti. Sono forti ma non imbattibili. E a confermarlo è l’entrata in vigore, nel gennaio del 2021, del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW, ndr), grazie al raggiungimento della cinquantesima adesione, necessaria perché il Trattato entri in vigore. Ma la lotta non finisce qui. Il cammino per liberare il mondo dalle armi di distruzione di massa è ancora lungo, ma sarà meno impervio se il 3 novembre gli americani manderanno a casa Donald Trump”.
A sostenerlo, in questa intervista esclusiva concessa a Globalist è una delle donne simbolo del pacifismo americano: Jody Williams, fondatrice della Campagna Internazionale per il Bando delle Mine Antiuomo (International Campaign to Ban Landmines), insignita del Premio Nobel per la pace nel 1997. “Ed ora – dice sorridendo – disinneschiamo la ‘bomba’ Trump”.
Con il deposito della firma dell’Honduras si sono raggiunte le 50 adesioni necessarie perché il TPNW possa entrare in vigore, cosa che avverrà tra 90 giorni, E’ una vittoria dei pacifisti?
No, è molto, molto di più. E’ la vittoria di tutte quelle persone, la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta, che subiscono gli effetti della corsa agli armamenti. E non parlo solo delle persone, dei popoli vittime delle tante guerre “dimenticate” che si combattono anche in questi tempi di pandemia, e che sono vittime delle armi di distruzione di massa, come le armi chimiche utilizzate in Siria dal regime di Assad. Non c’è solo questo. La corsa agli armamenti sottrae miliardi di dollari o di euro che potrebbero e dovrebbero invece essere destinati a supportare la sanità pubblica, l’istruzione, a combattere la carestia, a potenziare i diritti sociali, a contrastare i disastri ambientali e le modifiche climatiche, e potrei andare avanti a lungo. Un mondo più giusto e solidale è un mondo senza armi. In questa ottica, l’attuazione del TPNW è davvero un fatto storico, frutto di un impegno costante, di anni, di associazioni di volontari in tutto il mondo, che dietro non avevano certo i finanziamenti delle multinazionali degli armamenti…
C’è chi sostiene che le disposizioni del TPNW possano essere sviate o disattese dai Paesi, che non sono tra i 50 aderenti…
Le cose non stanno così. E posso dirlo a ragion veduta, sulla base dell’esperienza che abbiamo avuto come International Campaign to Ban Landmines. Dopo l’entrata in vigore del Trattato sulle mine anti-persona i circa 34 Stati che hanno esportato mine terrestri hanno cessato tutti i trasferimenti (nonostante non abbiano aderito al Trattato). Gli Stati Uniti hanno modificato la loro posizione sulle mine terrestri e sulle munizioni a grappolo dopo l’entrata in vigore di questi trattati. Il che non significa abbassare la guardia, tutt’altro. Occorre vigilare sull’attuazione del TPNW e soprattutto allargare il numero dei Paesi che vi aderiscono. All’elenco dei Paesi aderenti mancano quelli che sono ai primi posti nella produzione e nella vendita di armamento: Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia… Ma sappiamo anche che, come dimostrano rilevamenti e sondaggi del tutto attendibili, la maggioranza dell’opinione pubblica di molti di questi Paesi è a favore del TPNW. C’è ancora tanto lavoro da fare, ma noi disarmisti siamo gente dura, determinata, e sappiamo di stare dalla parte giusta della barricata.
Gli Stati Uniti non hanno aderito al TPNW, e sotto la presidenza Trump sono usciti dall’Unesco, si sono chiamati fuori dall’Accordo di Parigi sul Clima, dal Global Compact sulle migrazioni…
Trump si è dimostrato in ogni atto dei suo quattro anni di presidenza un presidente piromane, nel senso che in un mondo sempre più instabile, lui ha aggiunto altra benzina sul fuoco di conflitti che stanno segnando intere aree del pianeta. Invece di aggredire le ragioni che sono alla base di un fenomeno, quello migratorio, che riguarda decine, centinaia di milioni di persone – le guerre, dicevo, ma anche il disastri ambientali, la povertà assoluta, uno sfruttamento disumano – Trump ha alimentato queste cause, contribuendo a creare nuove faglie tra l’Occidente e i Sud del mondo. E poi c’è la sua criminale gestione dell’emergenza Covid-19. Con le sue continue oscillazioni, con le sue deliranti esternazioni sul cosa fare, su cosa iniettarsi o inalare, i suoi insulti reiterati contro la comunità scientifica, rea di avere messo a nudo la sua incompetenza e contraddittorietà, lo smantellamento dell’assistenza sanitaria pubblica, fanno sì che quest’uomo porta sulla sua coscienza ma morte di decine di migliaia di cittadini americani. Se come si dice e si scrive, quella al Covid è una guerra, Donald Trump si è rivelato un criminale di guerra verso il popolo americano. Lui non è il classico conservatore Repubblicano. Nel suo vocabolario politico non esiste la parola ‘compromesso’. Per esistere politicamente, Trump ha bisogno del Nemico esterno e interno contro cui scagliarsi e indirizzare l’odio dei suoi seguaci.
Accusa pesantissima…
Mai quanto le responsabilità di Trump. Lui ha legittimato l’odio razziale, ha “sdoganato” i suprematisti bianchi, che hanno seminato morte e terrore in America più di quanto abbia fatto il terrorismo jihadista. Ha radicalizzato lo scontro, ha spaccato il Paese, ha demonizzato le minoranze, ha giustificato crimini orribili come quello commesso da poliziotti ai danni di George Floyd (l’uomo afroamericano ucciso il 25 maggio durante un arresto a Minneapolis,ndr), ha affrontato in modo scellerato il coronavirus, ed ora si è spinto a esternazioni golpiste, dicendo che non avrebbe riconosciuto l’eventuale vittoria di Joe Biden. Vederlo fuori dalla Casa Bianca sarà un sollievo per l’umanità.
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