Secondo una dichiarazione scritta presentata dal quotidiano ufficiale del Partito comunista cinese “China Daily”, al dipartimento di Giustizia Usa, lo stesso quotidiano avrebbe speso milioni di dollari per acquistare spazio e inserzioni pubblicitarie sui media statunitensi nell’arco degli ultimi sei mesi, come previsto dalla legge sulla Registrazione degli agenti stranieri.
Secondo la dichiarazione, il quotidiano ufficiale cinese ha investito oltre 4,4 milioni di dollari per le operazioni negli Stati Uniti tra il primo maggio e il 31 ottobre scorsi: 3,1 milioni di dollari sono stati destinati alla stampa, alla promozione e alla distribuzione, e 1,3 milioni di dollari alle spese operative.
Tra i beneficiari del denaro speso da “China Daily” figurano i quotidiani statunitensi “Wall Street Journal”, “Los Angeles Times” e “Seattle Times”, e la rivista “Foreign Policy”.
Negli ultimi anni “China Daily” ha speso milioni di dollari per la pubblicazione nei media statunitensi di supplementi d’informazione battezzati “China Watch”, che i critici sostengono essere in buona sostanza propaganda di Stato cinese. I supplementi vengono inseriti in quotidiani o siti web d’informazione come messaggi pubblicitari a pagamento.
La documentazione presentata sinora al dipartimento di Giustizia notifica che “China Daily” ha pagato oltre 4,6 milioni di dollari alla “Washington Post” e quasi 6 milioni di dollari al “Wall Street Journal” a partire da novembre 2016.
Lo scorso 18 febbraio “China Daily” ed altre quattro piattaforme mediatiche cinesi attive negli Stati Uniti sono state derubricate a “missioni straniere” dal dipartimento di Stato Usa. Lo scorso 22 giugno, il dipartimento di Stato ha esteso tale categorizzazione ad altri quattro media cinesi.
La portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha dichiarato in quell’occasione che “i media del Partito (comunista cinese) personificano la volontà del partito, e ne salvaguardano l’autorità. (…) Il loro operato deve essere coerente con la linea del partito”