Dopo un’accurata indagine interna, il gruppo di media neozelandesi Stuff si è scusato per 50 anni di copertura “razzista” delle questioni Maori che hanno contribuito “allo stigma sociale e agli stereotipi negativi”.
Stuff, uno dei più grandi media del Paese (possiede il più grande portale di notizie e altri nove giornali), ha commentato così la propria inchiesta: “Ci scusiamo pubblicamente con i Maori e adottiamo piani per rappresentare meglio tutte le comunità di Aotearoa”, la Nuova Zelanda in lingua Maori, si legge in un editoriale speciale in cui il gruppo riconosce gli errori commessi in mezzo secolo di informazione.
Nella vasta inchiesta chiamata “La nostra verità, Ta Matou Pono”, a cui hanno lavorato venti giornalisti per analizzare le pubblicazioni cartacee e digitali del gruppo, Stuff raccoglie vari esempi di articoli di parte e razzisti pubblicati dai loro giornali.
I Maori, che rappresentano il 17% dei circa 5 milioni di neozelandesi, affrontano vari problemi come povertà, emarginazione e discriminazione istituzionale e nella loro comunità hanno, tra l’altro, alti tassi di incarcerazione, alcolismo e violenza domestica.
“È stato molto difficile rendersi conto che i risultati di questa ricerca si riflettono anche in me, come giornalista e come donna Maori”, ha affermato Carmen Parahi, che ha guidato il progetto insieme al caporedattore Mark Stevens.
Il gruppo dei media ha ammesso inoltre di aver protetto gli interessi dei coloni e dello Stato neozelandese e di aver “emarginato” le voci dei Maoriquando rivendicavano i diritti sulle loro terre. “Non aderiamo ai principi di correttezza ed equilibrio del giornalismo quando si tratta di questioni Maori”, ha ammesso Stuff. I Maori firmarono il Trattato di Waitangi con la Corona britannica nel 1840, che è la spina dorsale delle relazioni tra il governo e il popolo indigeno.