Trump il rancoroso caccia il fedelissimo Barr che non ha 'ribaltato' la vittoria di Biden
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Trump il rancoroso caccia il fedelissimo Barr che non ha 'ribaltato' la vittoria di Biden

Il ministro della Giustizia era nel mirino del presidente per non aver assecondato le follie dello xenofobo e per non aver usato il ministero per cercare di sovvertire gli esiti elettorali

Trump e Barr
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15 Dicembre 2020 - 13.47


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Una presidenza che finisce nel livore e nella vergogna dopo che lo spregevole presidente aveva usato fino all’ultime le istituzioni per scopri private in spregio alle regole della democrazia: continuano a rotolare teste nell’amministrazione Trump anche ora che è in dirittura d’arrivo. William Barr lascia concludendo una parabola che l’ha portato dall’essere attaccato come il pretoriano di Donald Trump al ministero della Giustizia ad essere anche lui, come il suo predecessore Jeff Sessions licenziato nel 2019, obiettivo degli strali del presidente che non gli ha perdonato di non aver reso pubblica l’inchiesta contro Hunter Biden durante la campagna elettorale.
E, soprattutto, di non essersi schierato con lui nel tentativo di sovvertire la vittoria di Joe Biden. In ogni caso Barr, che lascerà l’incarico il 23 dicembre, ha ricevuto da Trump l’onore delle armi, e nel tweet con cui, come è suo solito, il presidente ha dato la notizia delle dimissioni di Barr ha avuto parole di encomio per l’attorney general: “La nostra relazione è stata molto buona, ha fatto un lavoro straordinario”.
Trump ha pubblicato la lettera di dimissioni di Barr e parlato di “un colloquio cordiale”, anche se fonti informate hanno detto che in realtà i due erano ai ferri corti e praticamente non si parlavano da mesi. Una fonte della Casa Bianca, comunque, ha insistito con il Washington Post nel dire che Barr ha deciso di lasciare: “non è stato licenziato”. Ma altri affermano che Trump venerdì scorso ha fatto riferimento al licenziamento di Barr, e che il capo dello staff, Mark Meadows, in diverse occasioni ha avuto modo di criticarlo.
L’uscita di Barr – che lascerà quindi il dipartimento di Giustizia nelle mani dell’attuale vice ministro, Jeffrey Rosen, fino all’insediamento di Biden il 20 gennaio – arriva dopo un ennesimo attacco del presidente per la vicenda del figlio di Biden. “Tutto quello che avrebbe dovuto fare è dire che c’era un’inchiesta in corso”, si è lamentato Trump in un’intervista con Fox News lo scorso weekend.
La rabbia di Trump verso Barr montava già da parecchi mesi, per il fatto che l’attorney general non fosse arrivato a passi ed annunci clamorosi con la contro inchiesta sul Russiagate, affidata al procuratore federale del Connecticut John Durham sulle presunte irregolarità commesse dall’Fbi nelle indagini sulla campagna di Trump nel 2016.
L’inchiesta che, sulle orme del misterioso professore maltese Joseph Mifsud, nel 2019 aveva portato Barr e Durham a Roma per incontrare i vertici dell’intelligence italiana, che hanno sempre smentito qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.
Nonostante l’inchiesta di Durham avesse deluso le aspettative pre elettorali di Trump, Barr nelle scorse settimane ha, in modo riservato, nominato Durham procuratore speciale, come era Robert Mueller per il Russiagate. Un modo per garantirgli una certa indipendenza rispetto al prossimo attorney general che sarà nominato da Biden, e quindi lasciare questa inchiesta come spina nel fianco della prossima amministrazione dem. Ma anche questo, ormai a sconfitta elettorale avvenuta, non ha potuto placare Trump.
Ma lo strappo più grave è avvenuto quando la scorsa settimana Barr – che, nonostante le tensioni, prima del voto aveva detto di essere pronto a lavorare in una seconda amministrazione Trump – ha affermato di “non aver visto frodi elettorali di portata tale da poter aver provocato un risultato diverso delle elezioni”. Parole che hanno suscitato la reazione non solo di Trump ma di altri sui alleati, tra i quali 27 deputati repubblicani che hanno chiesto che venga nominato anche per le frodi elettorali un procuratore speciale.
L’uscita di scena non riabilita comunque Barr agli occhi di chi l’ha accusato in questi due anni di aver messo l’indipendenza della Giustizia al servizio degli interessi di Trump: “è stato pronto a fare i voleri del presidente su tutti i fronti tranne che uno, si è rifiutato di appoggiare le sue affermazioni senza senso sulla sua vittoria elettorale”, ha detto Jerrodl Nadler, presidente della Commissione Giustizia della Camera.
Tra le tante colpe che i democratici attribuiscono a Barr quella di aver di aver determinato che nell’inchiesta sul Russiagate non vi fossero gli elementi per dimostrare che vi fosse stata collusione tra la campagna Trump ed i russi né ostruzione al corso della Giustizia. Un’azione che Barr ha rivendicato nella sua lettera di dimissioni in cui attacca gli avversari di Trump per aver lanciato un tentativo di “azzoppare, se non fare fuori, la sua amministrazione con accuse senza fondamento di collusione con la Russia”. “Pochi avrebbero potuto sventare questi attacchi, tanto meno andare avanti con un programma positivo per il Paese”, conclude lodando i successi secondo lui ottenuti da Trump in politica interna ed estera.

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