Patrick Zaki cittadino italiano: migliaia le adesioni. Qualcuno lo riferirà a Draghi?
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Patrick Zaki cittadino italiano: migliaia le adesioni. Qualcuno lo riferirà a Draghi?

All'appello si unisce la famiglia dello studente egiziano dell'Università di Bologna detenuto al Cairo rivolgendosi, attraverso l'Ansa, alle istituzioni italiane a quasi un anno dall'arresto di Patrick.

Manifestazioni per la liberazione di Patrick Zaky
Manifestazioni per la liberazione di Patrick Zaky
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Febbraio 2021 - 17.41


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Cittadinanza italiana per Patrick George Zaki”. All’appello si unisce la famiglia dello studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto al Cairo rivolgendosi, attraverso l’Ansa, alle istituzioni italiane a quasi un anno dall’arresto di Patrick.

“La raccolta di firme online lanciata per chiederlo è davvero un’ottima iniziativa ma spero non resti solo una petizione, spero che accada presto. La famiglia si unisce a questo appello”. Così la sorella di Zaki, Marise, in un’intervista esclusiva concessa grazie alla rete di attivisti Patrick Libero.

La petizione online 

“Il 7 febbraio 2021 sarà un anno esatto dalla carcerazione di Patrick George Zaki. La storia dello studente Egiziano è ormai risaputa, e purtroppo il susseguirsi dei continui rinvii hanno portato la situazione a limiti estremi. Il ragazzo studente alla università di Bologna, accusato dal regime Egiziano di atti sovversivi verso il proprio paese, in realtà viene tenuto in carcere in condizioni al limite della civiltà. 
Noi italiani abbiamo già dovuto subire schiaffi morali con il caso Giulio Regeni, che a tutt’oggi lascia l’amaro in bocca per il trattamento subito a qualsiasi livello. Esiste già una proposta nazionale: 200 comuni che concederanno la cittadinanza a Patrick. Iniziativa lodevole, ma non basta. 
Noi chiediamo che il nostro Paese, che nel frattempo continua a fare affari di ogni genere con L’Egitto, dia un segnale fortissimo. La concessione della cittadinanza Italiana per meriti speciali a Patrick, in riferimento del 2 ^ comma dell’articolo 9 della legge sulla concessione della cittadinanza Italiana. Sappiamo che è una procedura tortuosa che deve superare parecchi iter burocratici, ma sappiamo che con un gesto super partes, potrebbe essere applicata. Noi vogliamo che dalle parole si passi ai fatti. Vogliamo una unione di intenti a livello politico che superi le divergenze e dia un segnale forte e dimostri una grande coesione, un gesto verso l’Egitto e alla comunità internazionale, che faccia capire la compattezza del nostro Paese. Il tempo é sempre più scarso, e le speranze di una scarcerazione sono sempre più flebili. Come rappresentante dell’Associazione Station to Station, che ha come scopo il tenere viva la memoria sulle stragi efferate avvenute nel nostro Paese, alla lotta contro ogni diseguaglianza, e alla difesa dei diritti civili ed umani, chiediamo l’intervento delle istituzioni affinché intervengano urgentemente e con decisione. Firmate e fate firmare questa petizione. Facciamo sentire la nostra voce, facciamo sapere a Patrick che comunque il popolo italiano è con lui. Ogni firma, condivisione, lettura, sarà un segnale che ognuno di noi darà. 
non abbandoniamo Patrick.”

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Il sostegno della famiglia

La petizione su Change.org per chiedere la cittadinanza italiana per Patrick non è una iniziativa partita dalla famiglia, precisa Marise. “L’unica nostra richiesta è la liberazione di Patrick”, sottolinea Marise. “La famiglia ringrazia chiunque intraprenda azioni per supportare Patrick”. Alla petizione online per la cittadinanza va comunque il loro appoggio, come per qualsiasi altra iniziativa per la libertà di Patrick: “Se un giorno dovesse succedere, ringrazieremo tutti”.

“Purtroppo siamo confusi su cosa il Governo italiano abbia fatto di preciso finora per rilasciare Patrick. Annunciano pubblicamente che ci sono ‘azioni riservate’ ma Patrick è in carcere ormai da un anno. Sappiamo che il Governo italiano è uno storico alleato dell’Egitto e siamo certi che possano ottenere la sua libertà. Solo non capiamo perché è ancora in prigione nonostante un impegno pubblico sul caso”, dice Marise. Tutti, sottolinea, anche le grandi imprese italiane che hanno attività commerciali in Egitto “da cui finora non abbiamo visto azioni significative”, “devono fare la loro parte per liberare una persona innocente in prigione”.

“Siamo riconoscenti per tutto il lavoro che Amnesty International e le varie Ong stanno facendo per Patrick – aggiunge la sorella di Zaki – e crediamo che debbano spingere le autorità governative ad agire per rilasciarlo. Mantenere il caso in vita e premere sulle istituzioni internazionali affinché prendano impegni è quello di cui Patrick ha più bisogno”. Anche l’Università di Bologna, aggiunge la sorella 24enne di Zaki, “sta lavorando giorno e notte per Patrick e apprezziamo tutti i loro sforzi. Sono un’istituzione accademica e non possono negoziare o pressare uno Stato per il rilascio di un detenuto politico. Nonostante ciò hanno mostrato molto più impegno sul caso che ogni altro organo governativo”.

“Non sta bene, è molto angosciato per il suo futuro e per i suoi studi”. Questo quello che Patrick Zaki ha detto alla sorella Marise in occasione dell’ultimo incontro in carcere tra i due, il 27 dicembre, prima del Natale copto (7 gennaio 2021, ndr). “Non sa cosa succede fuori, è così deluso per il fatto di trovarsi ancora in prigione – dice Marise all’Ansa -. Ha paura che i suoi colleghi, l’Università si dimentichino di lui. Ha continuato a chiedere quando tornerà libero, perché è ancora in carcere senza aver fatto niente. L’ultimo nostro incontro è stato il più duro”. Dal carcere Patrick ha fatto anche un piccolo regalo alla sorella, una croce realizzata con materiali di fortuna in cella. La notizia di pochi giorni fa di altri 45 giorni in carcere è stata pesante. Ormai siamo a un anno senza una ragione in prigione. Un anno pieno di tristezza e delusione. È davvero dura per noi che quasi non riusciamo più a sopportarlo”. “Ora non abbiamo più nemmeno niente di ‘scritto’ dalla Corte egiziana” sul suo caso.

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Le condizioni di detenzione sono sempre peggiori, spiega Marise. In questo anno di pandemia, sottolinea, “la cosa peggiore è stata che hanno interrotto le visite in carcere per molti mesi”, saperlo “preoccupato della possibilità di contrarre il coronavirus”, “soprattutto ci hanno vietato di dargli medicine, sapone e disinfettanti. Quindi Patrick non ha avuto la possibilità di proteggersi dal virus”.

“Evidentemente un provvedimento del genere”, la cittadinanza italiana, “farebbe la differenza dell’impegno del Governo italiano nei confronti di quello egiziano”. Così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia. “Le parole che la sorella Marise ha rilasciato all’Ansa – aggiunge Noury – sono drammatiche e testimoniano quanto sia urgente assumere iniziative per il rilascio di Patrick proprio mentre sta per entrare nel secondo anno di detenzione”.

Un anno terribile

Pierfrancesco Curzi ricostruisce così, sul fattoquotidiano.it, il calvario di Zaki: “In un anno la giustizia egiziana ha prodotto nei confronti dello studente iscritto all’Università di Bologna 11 rinnovi della detenzione, ci sono stati 13 rinvii delle udienze, specie tra primavera ed estate a causa del Coronavirus, e una raffica di esposti ed appelli per chiedere la sua liberazione, tutti respinti. L’ultima beffa, ossia l’ennesima udienza-farsa nell’aula bunker della State Security – stesso complesso del terribile penitenziario di Tora –  e dunque a poche centinaia di metri dalla sua cella – meno di una settimana fa. Con un’aggravante stavolta. Il rinnovo della misura cautelare per altri 45 giorni da parte del giudice è comparso in anteprima su alcuni organi di stampa vicini al regime del presidente Abdel Fattah al-Sisi, addirittura prima dell’ufficializzazione all’avvocata di Patrick, Hoda Nasrallah. 

“Dalla fine di agosto in avanti – ricorda Curzi – le condizioni di salute e in generale gli effetti della carcerazione iniziano a farsi sentire sul 29enne.  Quando, il 29 agosto, la madre gli fa visita lo trova dimagrito e cambiato. Nulla in confronto a quanto accadrà in seguito. La visita successiva, il 24 ottobre, mostra ai familiari un giovane che inizia a mostrare accenni di panico e segni sul fisico. Il 17 novembre viene pubblicata una foto su canali social in cui Patrick Zaki appare molto cambiato rispetto ai mesi precedenti. Il 2 dicembre la dichiarazione dell’avvocata Hoda Nasrallah è scioccante: ‘Zaki dorme per terra, ha forti dolori di schiena, temiamo per la sua salute.  Una dichiarazione a cui fa seguito quella altrettanto dura dei genitori: ‘Siamo molto preoccupati per lui, è stressato al punto da non riuscire più neppure a dormire”. Oltre al bisogno di libertà, il messaggio di Patrick è sempre stato lo stesso: ‘Voglio tornare a studiare’”. 

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Manifesti per Patrick

Da lunedì 8 febbraio, a un anno dalla formalizzazione dell’arresto di Patrick Zaki in Egitto, a Bologna e in numerosi comuni italiani saranno affissi dieci manifesti vincitori di ‘Free Patrick Zaki, prisoner of conscience’, edizione speciale del concorso internazionale di comunicazione sociale ‘Poster For Tomorrow’. I lavori sono stati svelati questa mattina durante una diretta web.

 Si tratta dei poster di Moises Romero (Messico), Zlatan Dryanov (Bulgaria), Christopher Scott (Ecuador), Rashid Rahnama (Iran), Andrea Rodrigues e Rita Reis (Portogallo) e degli italiani Mattia Pedrazzoli, Massimo Dezzani, Arianna Posanzini e Michele Carofiglio. Sono stati selezionati da una giuria internazionale tra oltre 900 opere arrivate da creativi di quasi 50 Paesi di tutto il mondo. 
 Obiettivo del contest, ideato da Amnesty International Italia, dal festival Conversazioni sul futuro dell’associazione Diffondiamo idee di valore, in collaborazione con il Festival dei Diritti Umani di Milano e l’Associazione Articolo 21, con il patrocinio di Università e Comune di Bologna, è quello di unirsi, con il linguaggio dell’arte e della creatività, alle donne e agli uomini che nel mondo chiedono l’immediata liberazione di Patrick Zaki. 
I poster saranno affissi in primis a Bologna, città dove Patrick viveva e frequentava il Master Gemma e che gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Poi in altre città, tra cui Bari, Brindisi, Lecce, Napoli, Palermo, Taranto e Torino. Lo mostreranno anche l’Usigrai, la Fnsi, LegaCoop Puglia, la maratona musicale Voci x Zaki – Voci x la libertà (che si terrà sempre l’8 febbraio).

“Voglio tornare a studiare”, è il desiderio di Patrick. Tornare ai suoi studi, da cittadino italiano. 

 

 

 

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