Quanto basta per sfamare un continente o forse più. O chissà quale cose si potevano fare con quei soldi a vantaggio dei più bisognosi: tra spese legali, azioni di contrasto, misure di sicurezza, rimborsi per danni a proprietà, la furia elettorale di Donald Trump, con le quotidiane denunce di brogli inesistenti, le accuse nei confronti dei democratici e del sistema elettorale americano, la raffica di false asserzioni su Twitter e via dicendo sono costate ai contribuenti americani 519 milioni di dollari, e il conto non è definitivo.
A questa stima è arrivata un’indagine del Washington Post, che ha messo in fila i costi affrontati dalle agenzie governative per contenere le dichiarazioni e le azioni di Trump e dei suoi sostenitori, spese affrontate a livello federale, statale e locali.
Il Post ha consultato e intervistato funzionari governativi e ha visionato gli ordini di spese, comprese quelle per fronteggiare cause legali intentate dalla campagna di Donald Trump o da chi lo ha sostenuto. Contando poi i costi dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio e lo stanziamento della Guardia Nazionale nei giorni successivi per timori di ulteriori violenze.
Più di 480 milioni di dollari del totale sono attribuibili alle spese stimate per il dispiegamento delle truppe fino a metà marzo, scrive il quotidiano. Ma l’impatto finanziario del rifiuto del presidente di ammettere la propria sconfitta alle presidenziali è probabilmente molto più alto di quanto sia stato documentato finora e la verità sui costi potrebbe on emergere mai.
Molti tra i funzionari contattati dal Post hanno detto che sono in corso tentativi di calcolare le spese aumentate per la sicurezza, mentre altri hanno già rinunciato, poiché l’impatto economico dell’instabilità del sistema è un concetto complesso e complesse sono le conseguenze anche sul lato pratico.
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