Palestina, dollari e tribunali: è la pulizia territoriale “soft”. Un furto legalizzato. Così Globalist titolava l’articolo sugli espropri di terre palestinesi operato grazie ai dollari del JNF, il Fondo nazionale ebraico.
Il j’accuse di Levy
In questa denuncia, siamo in ottima compagnia. Così scrive Gideon Levy, icona vivente del giornalismo “radical” israeliano, saggista e firma storica di Haaretz.
“Ecco il sionismo del 2021: ‘Riscattare’ la terra dal Fondo Nazionale Ebraico in Cisgiordania, ‘riscattare la terra’ anche in Galilea, altrimenti le terre sante potrebbero cadere nelle mani degli israeliani impuri, quelli che non sono ebrei – scrive Levy in un’analisi su Haaretz -. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul carattere nazionalista e razzista – sì, razzista – del sionismo, anche nella sua veste moderna, allora è arrivato il presidente del JNF, Avraham Duvdevani, e ha eliminato l’ultimo di questi dubbi. Come molti altri testi sionisti, la sua intervista con Kalman Liebskind sull’emittente pubblica Kan 11 di questa settimana ha bisogno di essere tradotta in una lingua europea: basta sostituire la parola arabi con ebrei – e rimanere scioccati. Quando il testo è in ebraico e si riferisce agli arabi, sembra che non scandalizzi nessuno in Israele. ‘Aiuto, il mio vicino sta per vendere la terra a un ebreo’, dirà lo spregevole antisemita europeo. ‘Aiuto, il mio vicino sta per vendere la terra a un arabo’, dirà il sionista puro e morale. Il sionismo è così, come ci ha detto uno dei suoi leader. L’anno è il 2021, non il 1921, lo stato è sorto ed è diventato una superpotenza, ma nulla è cambiato nell’ingordigia immobiliare del movimento desantificato. Mettiamo da parte l’uso grottesco del termine ‘riscattare la terra’ – siamo cresciuti su di esso e sulla Blue Box, e già allora ci era stato fatto un completo lavaggio del cervello – e non chiediamoci da chi viene riscattata la terra e per cosa. Ma come può un rappresentante eletto delle istituzioni sioniste parlare dell’acquisto di terre nella Galilea israeliana, la Galilea arabo-ebraica, in un paese che si suppone democratico, per salvarle, per non farle cadere nelle mani dei cittadini arabi del paese.
La Galilea, Duvdevani, non è vostra: appartiene ai suoi abitanti, non tutti espulsi dai padri del sionismo nel 1948, quindi rimane l’ultima regione a maggioranza araba. Cosa c’è di sbagliato in questo? C’è di buono. È la loro terra, esattamente allo stesso modo in cui è la vostra terra, forse anche un po’ di più, perché a differenza di voi sono i suoi abitanti nativi da generazioni.
Il venerdì ci vestivamo di blu e bianco e mettevamo una moneta nella Blue Box. Era destinata già allora a scroccare donazioni per comprare la terra dai suoi proprietari arabi. Credevamo che quella fosse la redenzione. Eravamo così stupidi e così ingenui. Anche oggi la maggior parte degli ebrei israeliani la pensa così. Il fatto è che è possibile parlare di riscatto della terra e non essere considerati come Itamar Ben Gvir, ma piuttosto la corrente principale del sionismo. Duvdevani ha raccontato come è stato chiamato in azione: Qualcuno in Galilea aveva recentemente informato il suo vicino che stava per vendere la terra agli arabi. Qui è entrato in scena lui e ha riscattato la terra martoriata. ‘Così domani mattina non dovremo comprare la terra dagli arabi’, ha detto Duvdevani descrivendo, senza battere ciglio, i passi della prossima redenzione. Dopo di che, gli edificatori ebrei costruiranno un centro commerciale o un parcheggio sulla terra – e il redentore verrà a Sion.
Il marcio nella JNF può essere annusato da lontano. Il fatto che il Partito Laburista e Meretz siano partner in questa impresa nazionalista puzzolente testimonia quanto 1000 testimoni sulla sinistra sionista. Una ‘corporazione di pubblica utilità’, la cui maggior parte della terra è terra che è stata rubata ai suoi proprietari nella Nakba e che non è mai stata loro restituita; che ha coperto di foreste le rovine di centinaia di villaggi, solo per cancellare la loro memoria dalla faccia della terra e bloccare la possibilità che i loro proprietari ritornino. Un ente che, durante tutti gli anni, ha venduto in pratica terre solo agli ebrei, e dal 2009 ha persino legalizzato questa pratica in una decisione ufficiale; un ente per il quale non esiste un’occupazione e una Linea Verde – solo uno stato tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, in cui si comprano terre solo per i membri di un solo popolo; e che ora ha dichiarato ufficialmente la sua partecipazione anche al crimine di guerra chiamato insediamento, dopo averlo fatto per anni attraverso una società di facciata. Sui tavoli di questa società si fanno tutti i nostri picnic nel cuore della natura, una società verde a beneficio del pubblico, che non è altro che un’abominevole società razziale. Avrebbe dovuto essere liquidata molto tempo fa. Fino ad allora, dovrebbe essere boicottata. Chiunque abbia ancora dei dubbi, apartheid sì o apartheid no, deve conoscere il JNF. Con membri di destra e di sinistra nei suoi posti più alti e posizioni anche per il Meretz, qui avete il fondo nazionale ebraico per l’apartheid, il consenso israeliano”.
Più chiaro di così…
Il report di Amnesty
Il 7 giugno 2017, in occasione dei 50 anni dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi, Amnesty International pubblicava questo rapporto: Per mezzo secolo, l’occupazione israeliana della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est, e della Striscia di Gaza, ha dato luogo a sistematiche violazioni dei diritti umani ai danni dei palestinesi.
Dal 1967, anno d’inizio dell’occupazione, le spietate politiche israeliane di confisca delle terre, costruzione degli insediamenti ed espropri, unite alla dilagante discriminazione, hanno inflitto immense sofferenze ai palestinesi, privandoli dei loro diritti fondamentali.
“Per decenni il mondo è rimasto a guardare, mentre Israele distruggeva le case dei palestinesi e depredava le loro terre e risorse naturali a scopo di profitto. Mentre 50 anni di politiche abusive impedivano lo sviluppo dell’economia palestinese, negli insediamenti prosperava una multimilionaria attività imprenditoriale basata sulla sistematica oppressione dei palestinesi – ha dichiarato in una nota ufficiale Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International –. Cinquant’anni dopo, limitarsi a condannare l’espansione degli insediamenti israeliani non basta più. Gli stati devono prendere misure concrete a livello internazionale per cessare di finanziare gli insediamenti che, loro stessi, violano clamorosamente il diritto internazionale e costituiscono crimini di guerra”.
Il controllo militare israeliano – prosegue il Rapporto di AI – incide su ogni aspetto della vita quotidiana nei Territori palestinesi occupati e continua a determinare se, dove e come i palestinesi possano andare al lavoro o a scuola, viaggiare all’estero, visitare i loro familiari, guadagnarsi da vivere, prendere parte a una manifestazione, entrare nei loro terreni e persino avere luce elettrica e acqua. Questo vuol dire umiliazione, paura e oppressione ogni giorno. La loro vita intera è effettivamente in ostaggio di Israele.
Israele ha inoltre adottato un complesso sistema di leggi militari atte a stroncare il dissenso nei confronti delle sue politici, alti rappresentanti del governo chiamano “traditori” gli israeliani che chiedono il rispetto dei diritti dei palestinesi.
Occupazione israeliana: gli insediamenti illegali
La politica israeliana di costruire ed espandere gli insediamenti illegali sulla terra palestinese occupata è una delle principali cause delle violazioni di massa dei diritti umani derivanti dall’occupazione. Negli ultimi 50 anni, Israele ha demolito decine di migliaia di proprietà palestinesi e sfollato ampi gruppi di popolazione allo scopo di costruire abitazioni e infrastrutture destinate a insediare illegalmente la sua stessa popolazione nei territori occupati. Israele ha anche dirottato a beneficio degli insediamenti le risorse naturali palestinesi come l’acqua e i terreni agricoli.
L’esistenza stessa degli insediamenti nei Territori palestinesi occupati viola il diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra. Nonostante una serie di risoluzioni delle Nazioni Unite, Israele ha continuato ad appropriarsi di terre palestinesi e sostiene la presenza di almeno 600.000 coloni residenti nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est. Fino al 2005 oltre 9000 coloni israeliani risiedevano illegalmente nella Striscia di Gaza.
Negli ultimi mesi Israele ha accelerato l’espansione e il sostegno degli insediamenti, annunciando la pianificazione di migliaia di nuove abitazioni in quelli già esistenti, e di due nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata.
Oltre ad aver costruito illegalmente abitazioni e infrastrutture sulla terra palestinese, Israele e il commercio internazionale con gli insediamenti hanno dato luogo a una prospera economia che ne sostiene la presenza e l’espansione. Questa “economia degli insediamenti” si regge sull’appropriazione illegale delle risorse palestinesi, come l’acqua, la terra e i minerali, per produrre beni che sono esportati e venduti per profitto privato. Ogni anno vengono esportati beni prodotti negli insediamenti per un valore di centinaia di milioni di dollari”. Tre anni dopo, il “furto” targato JNF.
E qui il cerchio si chiude. Questo è il sionismo realizzato.