L'attentatore di Capitol Hill era un complottista convinto che il governo volesse controllargli la mente
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L'attentatore di Capitol Hill era un complottista convinto che il governo volesse controllargli la mente

L'uomo si chiamava Noah Green, era dell'indiana e apparteneva ad una setta islamista. Ma per la polizia non è terrorismo ma squilibrio mentale

Noah Green
Noah Green
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3 Aprile 2021 - 08.19


ATF

A tre mesi di distanza dall’attentato al Congresso torna nuovamente la paura a Washington.
Due poliziotti sono stati investiti da un’automobile vicino alla sede del Congresso americano.
Il conducente ed attentatore era un 25enne dell’Indiana identificato come Noah Green. Il ragazzo è uscito dal veicolo con in mano un coltello ed è stato ucciso dagli spari della polizia. Tuttavia, uno degli agenti è morto, mentre l’altro è rimasto ferito.
Secondo le autorità, l’attacco però  non sarebbe legato al terrorismo. 

Subito dopo l’attacco, la zona di Capitol Hill era stata messa in lockdown. L’auto si è schiantata contro una delle barriere poste a protezione dell’area dopo aver investito i due agenti. Il guidatore sarebbe quindi sceso dal veicolo, forse con un coltello tra le mani, e a quel punto sarebbero stati esplosi degli spari da parte degli agenti. L’agente ferito non è in pericolo di vita.

L’attentatore seguace di una setta islamica – Dalla sua pagina Facebook emerge come Noah Green sia un seguace della Nation of Islam, un movimento afroamericano nato nel 1930, con sede a Detroit, che si autodefinisce “setta islamica militante”. Sul social ci sarebbero anche alcuni post in cui l’aggressore lamentava di aver perso il posto di lavoro, definendosi in cerca di una guida spirituale.

Green temeva Fbi, Cia e il “controllo della mente

Nelle ultime settimane Green aveva riferito sui social network che soffriva di problemi medici e che credeva che il governo federale volesse controllargli la mente. Il giovane nei suoi post aveva parlato di timori dell’Fbi e della Cia. E gli inquirenti indagano su possibili problemi mentali. “Il governo americano è il nemico numero uno delle persone nere”, si legge in una didascalia di un video pubblicato sul suo profilo.

L’episodio giunge circa tre mesi dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio. Il sospettato, che aveva lanciato la sua auto a tutta velocità contro i blocchi, non sembra fosse noto alle forze dell’ordine. Le recinzioni della “Barricata Nord” sulla Constitution Avenue sono presidiate anche dalla Guardia Nazionale.

 L’incidente è avvenuto nei pressi dell’ingresso solitamente usato dai senatori e dallo staff del Senato, ma il Congresso è attualmente in pausa. La maggioranza dei parlamentari non si trovava a Washington quando la polizia ha inviato un messaggio automatico di allerta in cui si indicava di restare lontani da finestre e porte e di cercare riparo se all’esterno. Joe Biden era partito in mattinata per Camp David, nel Maryland.

Biden: “Devastato per l’attacco”  

Il presidente degli Stati Uniti si è detto “affranto” per “il violento attacco al checkpoint di sicurezza, in cui l’agente William Evans è stato ucciso e un suo collega è rimasto ferito”. Il democratico ha dunque espresso “sincere condoglianze alla famiglia dell’agente Evans e a tutti coloro ne piangono la perdita”.

 

 

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