Il pm di Rimini Paola Bonetti ha chiesto di archiviare l’indagine per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose ed epidemia colposa, reati ipotizzati dai denuncianti nei confronti delle autorità della Repubblica Popolare Cinese per avere nascosto il diffondersi del Covid, comunicandolo al resto del mondo quando era troppo tardi per prendere delle contromisure.
Secondo il pm, la scienza non sarebbe in grado di stabilire “con certezza se effettivamente la pandemia abbia avuto luogo in Cina o se il virus fosse già presente nei vari Paesi del mondo”.
Del resto, mentre sono in corso complicatissimi accertamenti, su quali basi scientifiche di poteva procedere? I tweet di Trump o quelli di Salvini non sono certo prove. E nemmeno i like sui social network o i deliri dei complottisti lo sono. E allora?
Gli avvocati non ci stanno
Gli avvocati milanesi che hanno presentato la denuncia, Paolo Righi, Davide Contini e Pasquale Pantano, hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione lamentando “l’assenza di qualsivoglia attività investigativa e di elementi di prova idonei o meno ad accertare la fondatezza della notitia criminis”.
Secondo la loro ricostruzione, il 27 dicembre 2019 è “il momento in cui, al più tardi, le autorità cinesi non solo sapevano dell’esistenza del virus, ma anche delle sue pericolosissime caratteristiche”, e però nel frattempo “portavano avanti la propaganda per cui il virus era assolutamente sotto controllo”.
“Da quel momento – hanno osservato i legali – il numero dei nuovi contagi non veniva più aggiornato per giorni, occultando così il dato che avrebbe dato al mondo la prova che la situazione era già fuori controllo” e determinando anche il ritardo dell’Oms.
Solo il 20 gennaio “Xi Jinping parla per la prima volta pubblicamente del virus ordinando sforzi risoluti per contenere la diffusione”.
“Non è esclusa l’ipotesi del virus in laboratorio”
I tre legali non escludono “l’ipotesi degna di approfondimento” che il virus sia “frutto di una condotta colposa ascrivibile alle attività scientifiche all’interno del laboratorio di Wuhan” ma aggiungono che, se anche fosse vero che la diffusione è avvenuta attraverso il mercato limitrofo, i fatti elencati nella denuncia se riscontrati costituirebbero elementi di prova di una serie di omissioni colpose, legate alla mancata adozione delle regole sanitarie necessarie al contenimento del virus e all’omessa/ritardata o errata comunicazione, senza le quali l’evento che ci interessa, vale a dire l’attuale pandemia italiana, non si sarebbe verificata”.
Per il pubblico ministero tuttavia “i fatti, come presentati, lasciano presagire l’impossibilità di sostenere un’accusa in dibattimento perché, al di là del titolo di reato, non vi è certezza per la quale attribuire la responsabilità del fatto a terze persone”.
“Sorprende e non poco – ribattono gli avvocati – che la questione attinente all’individuazione delle responsabilità penali di uno dei più grandi disastri sanitari degli ultimi tempi sia stata confinata e liquidata dall’organo inquirente alla stregua di mere ‘speculazioni giornalistiche’ senza lo svolgimento di alcuna attività d’indagine”.
Sarebbe doveroso, in questa prospettiva, “verificare le fonti di queste ricostruzioni anche mediante l’audizione di medici, blogger e politici italiani”.