Di Maio il trasformista cambia ancora casacca e si scopre 'atlantista'
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Di Maio il trasformista cambia ancora casacca e si scopre 'atlantista'

Un passo indietro nel tempo. 17 febbraio 2020. "Non è un segreto" che l'Italia ritenga che le sanzioni contro la Russia "debbano servire un fine" affermava sempre Di Maio

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Aprile 2021 - 12.39


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È stato filorusso. Poi pure filocinese. Ha proposto il Venezuela di Chavez come mediatore nella crisi libica. Ha fatto il filoisraeliano scordandosi di quando, da Hebron, aveva tuonato contro la criminale colonizzazione dei Territori occupati palestinesi. Non c’è che dire: quanto a cambi di casacca geopolitici, Luigi Di Maio non ha rivali Ora si scopre ultrà “atlantico”.

“L’Italia e gli Stati Uniti hanno una storia condivisa e un patrimonio comune”, ha sottolineato Di Maio, intervenendo nei giorni scorsi all’evento virtuale organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Washington, dall’Atlantic Council e dall’Ispi per celebrare i 160 anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti. “Gli stessi valori di democrazia, libertà, diritti umani universali, libertà di religione e di credo, stato di diritto, commercio libero ed equo – ha aggiunto il ministro degli Esteri nel suo intervento – costituiscono il fondamento delle nostre società e i principi guida della nostra azione internazionale”. 

Cambio di casacca

“La nostra fedeltà atlantica e il nostro impegno per l’integrazione europea” sono radicati nel patrimonio dei valori comuni che uniscono Italia e Stati Uniti e “continuano a rappresentare gli assi portanti della politica estera italiana” ha detto Di Maio. 

“L’impegno dell’Italia nella Nato rimane saldo. Come alleati, siamo risoluti nel nostro impegno a proteggere la nostra sicurezza collettiva e lavoriamo insieme per mantenere la pace e la stabilità internazionale” ha sottolineato il titolare della Farnesina. “L’Italia – ha proseguito – è un provider di sicurezza su scala mondiale, partecipando a fianco dei nostri alleati statunitensi in operazioni di sicurezza in molteplici aree di crisi”. “Sotto la bandiera delle missioni Nato, Onu o Ue – ha ricordato – le nostre Forze Armate e di Polizia garantiscono assistenza e sicurezza in Afghanistan, Libano, Iraq, Libia, Somalia, Mali, Niger, così come in Europa orientale, nei Balcani, nel Sahel, nel Mediterraneo e nel Golfo”. La cooperazione bilaterale nella difesa tra Italia e Usa si estende anche al settore industriale, ha ricordato ancora Di Maio. La collaborazione tra operatori italiani e americani è “proficua”, ha detto il ministro degli Esteri e “contribuisce a far sì che i nostri rispettivi apparati di difesa rimangano efficaci e adeguati allo scopo”.

Di Maio ha poi evidenziato che la collaborazione tra Roma e Washington è “particolarmente stretta” nella regione mediterranea, nel quadro del ‘Dialogo strategico Italia-Usa sul Mediterraneo allargato’, che “si concentra sulle aree di crisi, Libia compresa, sulla cooperazione in materia di difesa, sull’antiterrorismo e sull’energia”. “Insieme agli Stati Uniti – ha detto il capo della Farnesina – guidiamo gli sforzi per promuovere la stabilità in Iraq e siamo in prima linea nella lotta al terrorismo attraverso la Coalizione Globale anti-Isis”. 

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Italia e Stati Uniti sono inoltre partner commerciali “eccezionalmente vicini”. “Le nostre filiere produttive sono profondamente integrate. Le nostre relazioni economiche bilaterali possono contare sulla forte presenza di aziende italiane”, ha detto il ministro degli Esteri. “Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dai nostri campioni nazionali in America, dove il valore cumulativo degli investimenti italiani sfiora i 33 miliardi di dollari”, ha detto ancora Di Maio, ricordando che negli Stati Uniti operano “quasi 3.000 aziende partecipate da investitori italiani”, che “danno lavoro a 250.000 persone” e “grazie a loro, ma anche a una rete estesa di importatori e distributori nei due Paesi, prima della pandemia il commercio di beni e servizi superava i 100 miliardi di dollari”.  “Per tutti i nostri principali settori produttivi – meccanica, chimica, farmaceutica, moda, mezzi di trasporto, agroalimentare, arredamento, edilizia – il mercato americano rappresenta un punto di riferimento in termini di dimensioni, capacità di spesa e innovazione, essenziale per qualsiasi strategia di internazionalizzazione”, ha detto ancora il capo della Farnesina, che ha voluto ricordare “solo alcuni dei nomi più noti”: FCA (ora Stellantis), Intesa Sanpaolo, Fincantieri, Leonardo, Ferrero, Barilla, Luxottica, Pirelli, Enel Green Power ed Eni. Anche le piccole e medie imprese, le università, i centri di ricerca, le startup, ha concluso, “contribuiscono quotidianamente a questo rapporto”.

Il cambio di aria si poteva misurare già dal tono utilizzato da Di Maio, in passato grande sponsor della marcia verso Oriente (non solo Mosca ma anche Pechino) in audizione davanti alle commissioni riunite Esteri di Camera e Senato. A proposito di Russia e Cina ha parlato di “sistemi politici e valori diversi dai nostri”, spiegando che “i punti di riferimento dell’Italia sono europeismo, atlantismo e multilateralismo”.

Un passo indietro nel tempo. 17 febbraio 2020. “Non è un segreto” che l’Italia ritenga che le sanzioni contro la Russia “debbano servire un fine, rispondere a una strategia e che abbiamo fondate preoccupazioni sul loro impatto sui nostri interessi economici nazionali”, afferma Di Maio in un’intervista all’agenzia di stampa russa Itar Tass in vista della riunione che avrà luogo il giorno dopo alla Farnesina tra i ministri degli Esteri e della Difesa di Italia e Russia.

“L’Italia – ha continuato il ministro – resta fedele all’intesa politica che collega la rimozione delle sanzioni all’attuazione degli Accordi di Minsk, tenendo a mente che gli accordi vanno attuati da entrambe le parti in causa”. “Detto ciò – ha aggiunto -, siamo anche favorevoli ad una riflessione strategica su come rafforzare la cooperazione con Mosca su temi di preminente interesse europeo”.

Manlio il “putiniano”

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Ma tutto questo è acqua fresca rispetto a ciò che state per leggere. L’autore oggi è sottosegretario agli Esteri del governo Draghi, e a quei tempi era il portavoce alla Camera dei 5Stelle: Manlio Di Stefano. Che il 29 luglio 2015 scriveva su Il Blog di Beppe Grillo

“In una fase di gravissima crisi economica e di dignità politica del nostro paese, il Movimento 5 Stelle si è sempre battuto in Parlamento contro le sanzioni imposte alla Russia dall’Unione Europea, misure alle quali ha dato il suo contributo anche il governo italiano e che ad oggi pesano fortemente sul nostro tessuto economico.
Noi consideriamo la Russia un partner commerciale, economico, culturale e storico imprescindibile per l’Europa e per l’Italia, nonché un interlocutore internazionale fondamentale per la risoluzione delle gravi crisi internazionali. 
Per questo abbiamo deciso di recarci ad ottobre in visita a Mosca e in Crimea, per ribadire il nostro chiaro no alle sanzioni, come segnale di pace e distensione per la costruzione di nuovo mondo multipolare nel rispetto della sovranità, dell’autodeterminazione dei popoli e per un modello di globalizzazione più giusto e bilanciato…Nel tentativo goffo di compiacere Barack Obama, l’Ue ha iniziato una dannosa guerra commerciale con la Russia a seguito della crisi ucraina, dove, dallo scorso aprile, è in atto una guerra civile tra esercito regolare e separatisti filorussi per il controllo del Donbass, (ex) capitale industriale del paese, oggi ridotta a non più che un cumulo di macerie…”.

E ancora: “Oggi, l’Europa non è indipendente. Gli Stati Uniti stanno trascinando l’Ue in una crociata contro la Russia, che contraddice gli interessi storici del nostro continente. Il cieco allineamento alle politiche americane ha creato un danno incommensurabile dal punto di vista economico e una situazione di elevato rischio geopolitico per l’Europa. L’attivismo Usa in Ucraina e la crescente militarizzazione dell’est Europeo, dove la Nato gioca alla guerra con il Cremlino, sono sempre più intensi e alimentano una guerra, per ora fredda, che presto potrebbe diventare molto calda e scottante per l’Europa intera.
A tutto questo noi ci opponiamo e ci opporremo con forza”.

E costui sarebbe il sottosegretario di un governo convintamente “filo-atlantico”…

Sguardo a Oriente

Scriveva Fabrizio Bei su La Stampa il 24 marzo 2020. “Erano giorni che il malumore del Pd covava sottotraccia, da quando il ministro degli Esteri ha iniziato a farsi riprendere mentre saluta l’arrivo dei container di aiuti cinesi, oppure pubblicizza l’accordo per la fornitura di milioni di mascherine sempre da un produttore del Dragone. ‘Ma non lo capisce che Xi sta sfruttando l’emergenza per dividere l’Occidente?’, ringhiavano a denti stretti i dirigenti dem che si occupano della politica estera. Un dissenso rimasto fuori dai radar fino a martedì sera, quando è esploso clamorosamente dopo l’intervista del ministro Di Maio al Tg2 Post. ‘Chi ci ha deriso sulla Via della Seta ora deve ammettere che investire in questa amicizia ci ha permesso salvare vite in Italia’, ha commentato l’ex capo politico del M5s parlando degli aiuti giunti dalla Cina in questi giorni. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Portando il Pd a reagire con fermezza. Non una critica isolata, se a parlare sono i capigruppo del partito nelle commissioni esteri di Camera e Senato, ovvero i massimi livelli istituzionali del partito sulla politica estera. ‘È ingrato nei confronti di tutti i paesi che stanno aiutando l’Italia – attacca la deputata Lia Quartapelle – continuare a ringraziare solo la Cina, tra tutti i paesi che ci stanno aiutando. Spero che il ministro degli Esteri trovi il modo di rettificare le sue parole che sono contrarie all’interesse nazionale’. Il senatore Alessandro Alfieri ricorda invece al titolare della Farnesina che la cosiddetta Via della Seta ‘non è solo un progetto di collaborazione economica tra Cina e altri paesi ma ha l’ambizione di costruire in prospettiva un nuovo sistema di alleanze da parte di Pechino’. Grazie dunque a Pechino, ma se Di Maio se lo fosse dimenticato ‘l’orizzonte geopolitico dell’Italia è stato e rimane saldamente quello dell’alleanza atlantica e dell’Unione europea’ Una doppietta che certamente non resterà senza una risposta da parte dei filocinesi cinquestelle”.

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Avranno pure separato le loro strade politiche, ma, solo un anno fa, Alessandro Di Battista esaltava “il rapporto privilegiato con Pechino che, piaccia non piaccia, è merito del lavoro di Di Maio”. E poi la previsione sul fatto che “la Cina vincerà la terza guerra mondiale”. Parole che sembrano ignorare il quadro di alleanze dell’Italia, un Paese che ha proprio un esponente M5S come ministro degli Esteri. 
Le reazioni non si sono fatte attendere. Dal Pd il primo a intervenire è Andrea Romano, deputato e membro della commissione Esteri di Montecitorio: “Di Battista vorrebbe fare dell’Italia il servo sciocco del totalitarismo cinese”. Mentre Emanuele Fiano, anche lui deputato dem, chiede una dissociazione del Movimento 5 Stelle. “Leggo dichiarazioni sul posizionamento dell’Italia nel campo mondiale da parte di Alessandro Di Battista che non sono in alcun modo condivisibili. È impensabile mettere in discussione la nostra scelta europea e l’alleanza atlantica. Mi aspetto che il M5S si dissoci”.

Dissociazione che non è avvenuta. Ma si continua a governare insieme.

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