Una pandemia armata: le spese militari crescono sia nel mondo che in Italia
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Una pandemia armata: le spese militari crescono sia nel mondo che in Italia

Richiesta urgente di uno spostamento di fondi dai bilanci militari verso altri obiettivi: la lotta contro la pandemia da Covid-19 e il rimedio alle crisi sociali e ambientali che colpiscono vaste aree del mondo.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Aprile 2021 - 15.08


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Più soldi per i vaccini, per l’istruzione, per la vita e meno per accrescere gli strumenti di morte. Perché non è con gli armamenti che si fendono le persone e il pianeta.

Oggi la società civile mondiale è impegnata nel momento più importante delle Giornate Globali di azione sulle spese militari” coordinate dalla Global Campaign on Military Spending (Gcoms) con numerose conferenze stampa ad ogni longitudine. 

La Campagna mondiale è promossa dall’International Peace Bureau (IPB, Premio Nobel per la Pace 1910) e rilanciata nel nostro Paese dalla Rete Italiana Pace e Disarmo. Obiettivo principale dell’azione è informare e ribadire la richiesta urgente di uno spostamento di fondi (almeno il 10% annuo) dai bilanci militari verso altri obiettivi: la lotta contro la pandemia da Covid-19 e il rimedio alle crisi sociali e ambientali che colpiscono vaste aree del mondo.

Spese in crescita

“In quest’anno in cui tutti i popoli del mondo hanno sofferto per le conseguenze della pandemia, gli Stati hanno continuato a spendere infinitamente più per le armi e la militarizzazione che per i bisogni delle persone – sottolinea Lisa Clarkco-presidente internazionale di IPB e attivista della RIPD – Globale è la pandemia, globale è la crescita delle spese militari, ma globale è anche la campagna lanciata da IPB: le prime conferenze stampa sono già avvenute in Nuova Zelanda e poi nelle Filippine; in queste ore tocca agli Stati europei; la giornata di Azione Globale contro le spese militari si concluderà poi negli Stati Uniti e in America Latina”.

La richiesta della società civile ai Governi di tutto il mondo è chiara: ridurre drasticamente le spese militari, specialmente quelle dei Paesi che rappresentano la quota maggiore del totale, trasferendo le risorse liberate verso i settori della sicurezza umana, in particolare per affrontare la pandemia da coronavirus e il collasso economico e sociale che ne è seguito. “È tempo di riadattare le nostre priorità come società e di adottare un nuovo paradigma di difesa e sicurezza che metta le necessità umane e ambientali al centro delle politiche e dei bilanci” si legge nell’Appello della Campagna GCOMS sottoscritto e promosso anche dalla Rete Italiana Pace e Disarmo.

Nonostante sia chiaro come le armi e gli eserciti non garantiscano maggiore sicurezza, e al contrario rendano sempre più catastrofiche le conseguenze dei conflitti attualmente in corso e quelli futuri, nel 2020 gli investimenti per armi ed eserciti a livello globale sono cresciuti ancora. Pur in un anno tragico caratterizzato da una pandemia che ha travolto i sistemi sanitari di tutto il mondo, il SIPRI di Stoccolma ha registrato per il 2020 un aumento del 2,6% della spesa militare che ha raggiunto la cifra record di 1.981 miliardi di dollari, cioè oltre 5,4 miliardi dollari al giorno . Un aumento continuo ed inarrestabile (negli ultimi dieci anni la crescita è stata del 9,3%) che certifica una nuova corsa agli armamenti a beneficio di pochi e a vantaggio delle industrie del settore difesa. E niente di tutto questo ci ha reso più sicuri.

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I dati SIPRI evidenziano come il solo bilancio militare complessivo dei paesi della Nato sia di circa 1.103 miliardi di dollari, cioè il 56% della spesa militare globale. Il Paese che ha speso di più in questo campo – sottolinea Diego Lopes da Silva, coautore del rapporto – è rimasto gli Stati Uniti, con un aumento del 4,4%, a 778 miliardi di dollari pari al 39% della spesa globale. Tre anni di aumenti incoraggiati dalla presidenza Trump, anche se finora, osserva Da Silva – la nuova amministrazione Biden “non ha dato alcuna indicazione di tagliare le spese militari”

La Cina ha aumentato il proprio budget militare per il 26° anno consecutivo ed anche India e Russia registrano una crescita, mentre il Regno Unito si issa al quinto posto della lista e la Germania continua i propri robusti aumenti superando la Francia per spesa militare complessiva. Ed esiste il rischio ulteriore di un contributo diretto anche dell’Unione Europea (non solo dei suoi stati membri) a questa nuova corsa agli armamenti: già dal 2017 l’UE sta finanziando progetti di ricerca e sviluppo per nuove armi e tecnologie militari e proprio questa settimana il Parlamento Europeo ha in programma un dibattito e un voto decisivo sul Fondo Europeo per la Difesa. Se adottato, questo Fondo impegnerà circa 8 miliardi di euro del budget UE 2021-27 per prepararsi la guerra sottraendo risorse ai progetti civili. Una direzione contraria a quel “progetto di Pace” che l’Unione Europea ha cercato di incarnare fin dall’inizio.

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L’Italia: 28,9 miliardi di dollari in armamenti

Situazione del tutto simile per l’Italia: per il SIPRI nel 2020 la spesa è stata di 28,9 miliardi di dollari (+7,5% rispetto al 2019) ed anche le stime elaborate dall’Osservatorio Mil€x con una nuova metodologia confermano una decisa crescita tra il 2019 e il 2020 evidenziando già un balzo (+8,1%) anche relativamente al 2021. La spesa militare previsionale è di circa 25 miliardi (quasi due miliardi in più) con oltre 7 miliardi di euro sono destinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma.

 A tale bilancio -che per questa quota specifica arriva a sfiorare i 18 miliardi di euro segnando una crescita di un miliardo e mezzo rispetto al 2020- si devono aggiungere i fondi del ministero per lo Sviluppo economico destinati all’acquisizione di sistemi d’arma, la ripartizione del Fondo missioni militari allocato sul ministero dell’Economia estrapolata sulla base degli anni precedenti e i costi riguardanti le pensioni militari pagate dall’Inps.

Infine è aggiunto il contributo diretto al bilancio della Nato. Tuttavia, specifica l’Osservatorio, non è del tutto chiaro da quali fondi ministeriali sia preso e questo potrebbe vedere una futura eliminazione di tale cifra nel caso in cui sia già ricompresa nei bilanci del ministero della Difesa.

Inoltre l’Osservatorio ha valutato alcuni elementi di spesa militare indiretta legati ai nuovi fondi di natura militare in sede di Unione europea e ai costi della presenza di basi statunitensi sul territorio italiano. Tale stima, si chiarisce, è proposta come elemento di riferimento generale: sarà analizzata e confermata in seguito perché derivante da vecchie valutazioni e documentazioni statunitensi.

La crescita delle spese militari rispetto al 2020 è “complessivamente significativa” e, come detto, ammonta all’8,1%. Rispetto al 2019 l’aumento rilevato è pari al 15,7%. Sono in particolare i costi per l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma ad aver provocato tale innalzamento, in particolare perché si iniziano a incamerare le quote per la difesa previste nei Fondi pluriennali di investimento governativi di cui circa il 25% ha una destinazione militare. Per la prima volta il totale complessivo destinato dall’Italia all’acquisto di nuovi armamenti supera i sette miliardi di euro.

Per quanto riguarda la suddivisione in tipologie di spesa, l’Osservatorio rileva come, sempre limitatamente alla specifica funzione militare, il ministero della Difesa spenda circa 11 miliardi di euro per il personale con una spesa di esercizio di 2,2 miliardi di euro e costi per investimento che per la prima volta superano i quattro miliardi all’anno.

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Valutando le linee funzionali generali, è possibile suddividere le spese militari complessive in costi per il personale (45,8%), costi per investimenti in nuovi armamenti (29,2%), costi per il funzionamento delle forze armate (14,5%) e altri costi accessori (10,5%). Rispetto alle spese correnti dello Stato, la spesa militare si attesta a circa il 4,3% del totale, sostanzialmente in linea con il recente passato.

il ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini (Pd)  all’incontro Nato del 17-18 febbraio, ha confermato l’impegno di Roma ad aumentare la spesa militare (in termini reali) da 26 a 36 miliardi di euro annui, aggiungendo agli stanziamenti della difesa quelli destinati ai fini militari dal ministero dell’economia e della finanza.

E come ricorda Manlio Dinucci sul Manifesto del 23 febbraio scorso, “l’Italia si è impegnata a destinare almeno il 20% della spesa militare all’acquisto di nuovi armamenti all’interno della Nato. Per questo, appena entrato in carica, il 19 febbraio Guerini ha firmato un nuovo accordo con 13 paesi dell’Alleanza atlantica più Finlandia, denominato Air Battle Decisive Munition, per l’acquisto congiunto di missili, razzi e bombe che hanno un effetto decisivo in battaglia aerea”.

“Mai come ora è necessario ripensare a come viviamo, avendo come riferimento l’umanità nel suo insieme e la nostra convivenza con la natura. Un cambiamento culturale, prima ancora che politico, che implica un ripensamento sugli investimenti e le direzioni delle scelte pubbliche abbandonando la cultura della guerra per costruire una cultura di cooperazione e di vera Pace – afferma Sergio Bassoli, coordinatore della ‘Cabina di Regia’ della RIPD – Queste Giornate Globali sono una importante opportunità per ribadire che le risorse degli Stati devono essere investite per sconfiggere le diseguaglianze, le ingiustizie, le nuove e vecchie forme di schiavitù, la corruzione, il mercato di esseri umani e le morti in mare. Non per armarci in maniera insensata”.

Spese militari crescono, anche al tempo del coronavirus. 

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