Blinken contro la Cina: "Reprime in patria ed è aggressiva verso il mondo"
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Blinken contro la Cina: "Reprime in patria ed è aggressiva verso il mondo"

Il segretario di stato Usa: "A Pechino pensano di essere in futuro il paese dominante nel mondo, e pensa che lo saranno".

Segretario di Stato Antony Blinken
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3 Maggio 2021 - 09.18


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Gli scontri tra Stati Uniti e Cina per la predominanza mondiale sta proseguendo: gli attriti tra Biden e  il presidente Xi Jinping riguardano ormai da mesi la questione economica e i diritti fondamentali.

La Cina sta mostrando un atteggiamento aggressivo che sfida l’ordine mondiale e le sue regole: lo ha affermato il segretario di Stato Usa Antony Blinken in una lunga intervista televisiva.

“È l’unico paese al mondo che ha la capacità militare, economica e diplomatica di minare o sfidare l’ordine basato sulle regole che noi siamo determinati a difendere”, ha scandito rispondendo alle domande della giornalista Cbs Norah O’Donnell.

“La Cina – ha aggiunto – agisce in modo più repressivo in patria e in modo più aggressivo all’estero. Questo è un dato di fatto. La Cina ritiene di poter essere e di dover essere in futuro il paese dominante nel mondo, e pensa che lo sarà”.

Blinken ha elencato le ultime iniziative militari della Cina: “Gli aerei da combattimento cinesi – ha detto – sono sempre più visibili nei cieli sopra il Pacifico occidentale, dove è presente anche la Marina degli Stati Uniti. La scorsa settimana, il presidente cinese Xi ha svelato tre nuove navi da guerra per pattugliare il Mar Cinese Meridionale. Possiede già la più grande marina del mondo e potrebbe usarla per invadere Taiwan”, l’isola contesa che gli Stati Uniti sostengono nella sua tenuta democratica.

Nonostante tutti questi campanelli di allarme, Blinken allontana un’ipotesi di scontro diretto: sarebbe “profondamente contro gli interessi di Cina e Stati Uniti arrivare a quel punto, o anche andare in quella direzione”.

Quanto alla repressione della minoranza uigura, il capo della diplomazia Usa ha ribadito di ritenerlo “un genocidio” e di non credere alla minaccia terroristica ventilata da Pechino per giustificare la sua azione.

 

 

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