In Israele il dopo-Bibi Netanyahu apre scenari da guerra civile
Top

In Israele il dopo-Bibi Netanyahu apre scenari da guerra civile

Definirlo furibondo è un eufemismo. Il Primo ministro più longevo nella storia d’Israele è un leone in gabbia. Pronto ad azzannare i “traditori”.

Benjamin Netanyahu
Benjamin Netanyahu
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

31 Maggio 2021 - 13.01


ATF

Definirlo furibondo è un eufemismo. Il Primo ministro più longevo nella storia d’Israele è un leone in gabbia. Pronto ad azzannare i “traditori”. Benjamin Netanyahu prepara le barricate.  E punta l’indice accusatorio contro il capo dei traditori: il leader di Yamina, Naftali Bennett, il quale ha annunciato che formerà “un governo di unità nazionale con Lapid per far uscire Israele dalla voragine”. La reazione di Netanyahu non si fa attendere. Ed è una chiamata alle armi contro il suo ex ministro della Difesa: “Bennett vi imbroglia, questa è la truffa del secolo“. Il leader del partito conservatore e nazionalista ha deciso di mettere la parola fine sul lungo dominio politico del Likud che ha caratterizzato l’ultimo decennio della storia di Israele scegliendo di abbracciare il progetto di un governo anti-Netanyahu formato da movimenti anche molto diversi tra loro, accomunati dalla volontà di rompere con la gestione del premier uscente. “Con Lapid ci sono diversità – ha infatti sottolineato Bennett – ma siano intenzionati a trovare l’unità. Lapid è molto maturato”.

L’ira di Bibi

Il premier uscente però non ci sta e cerca di mettere in luce le incongruenze nel comportamento dell’ex alleato: “Aveva detto in campagna elettorale che non avrebbe appoggiato Lapid, di essere un uomo di destra, attaccato ai suoi valori. Naftali, i tuoi valori hanno il peso di una piuma“. Ha poi accusato Bennett di aver fatto “molte giravolte”: “L’unica cosa che gli interessa è fare il premier. È scandaloso che con 6 seggi si possa fare il premier. Gli israeliani che mi hanno scelto con 2 milioni e mezzo di voti volevano me come premier”. Il leader di Yamina aveva già ripetuto più volte di voler evitare che il Paese “scivolasse in una quinta elezione consecutiva in poco più di due anni”, una possibilità che aveva definito la peggiore possibile. Ma trovare un accordo non è stato così semplice: il primo confronto è avvenuto con lo stesso Netanyahu, vincitore delle ultime elezioni con il suo partito Likud. Dialogo che era però terminato con un nulla di fatto. Stessa sorte toccata al primo confronto con Lapid, al quale, nel bel mezzo delle violenze a Gerusalemme Est tra polizia israeliana e popolazione palestinese e lo scambio di attacchi tra Gaza e lo Stato ebraico, aveva contestato la volontà di inserire nella squadra di governo anche i partiti arabi. Quando tutto sembrava orientato verso il quinto voto in due anni, però, è arrivata la stretta di mano tra Bennett e Lapid: adesso i due hanno tempo fino a mercoledì per limare e rendere noti i particolari dell’accordo di governo, soprattutto sul ruolo che dovranno rivestire i Paesi arabi e su chi sarà il prossimo primo ministro. Carica che potrebbe ruotare, come nel precedente accordo Netanyahu-Gantz, con metà mandato affidato a Bennett e l’altra metà a Lapid.

Netanyahu, il premier più longevo 

Benjamin “Bibi” Netanyahu, il leader più longevo alla guida del Paese, è al dodicesimo anno consecutivo al potere (15 in tutto se si considera anche il mandato 1996-1999, un record con il quale ha superato persino il padre della patria, David Ben Gurion), e nelle elezioni di marzo puntava a conquistare il sesto mandato e soprattutto un “salvacondotto” per le sue beghe giudiziarie. Figlio di uno storico molto attivo nei gruppi sionisti di destra, esperto dell’Inquisizione spagnola, e fratello di un comandante delle forze speciali, ucciso nell’operazione di liberazione di ostaggi israeliani ad Entebbe nel 1976 (un dolore grandissimo che lo ha portato a lasciare gli Usa dove studiava per tornare in patria e poi a buttarsi in politica), Netanyahu ha conquistato l’elettorato dipingendosi come il “difensore in capo” del popolo ebraico contro ogni avversità, l’unico in grado di trattare con i grandi attori internazionali grazie alle sue relazioni personali.      Un’immagine che “gli ha permesso di giustificare quasi tutto per rimanere al potere”, ha scritto nel suo libro di memorie l’ex presidente americano Barack Obama, che non ha mai digerito il famoso incidente diplomatico del marzo 2015 quando Netanyahu, invitato non da lui a parlare davanti al Congresso riunito, pronunciò un durissimo attacco contro l’accordo sul nucleare negoziato dallo stesso Obama. 

Leggi anche:  Gaza: gli ostaggi non devono essere sacrificati sull'altare della sopravvivenza del governo israeliano

I “bibi-isti” si mobiltano

Come spesso è accaduto, nei momenti più caldi della vita politica israeliana, Globalist ha come “compagni di viaggio” analitico alcune tra le firme più autorevoli e prestigiose del giornalismo israeliano. Questa volta si tratta di due giovani firme emergenti di Haaretz: Ravit Hecht e Michael Hauser Tov.

“Questo  – scrive Hecht – è un terribile giorno di lutto per i sostenitori del primo ministro Benjamin Netanyahu – i ‘bibi-isti’. Il movimento che si è coalizzato intorno a Netanyahu durante gli anni del suo governo – e che lo ha seguito sconsideratamente, con la spaventosa delegittimazione prima della sinistra e poi della destra che ha osato opporsi a lui – è estremamente demoralizzato. Netanyahu ha sempre tratto la sua forza dalla narrativa del ‘noi contro il mondo’. Che ci vuoi fare, chi combatte contro il mondo intero alla fine si troverà probabilmente sconfitto. Se Netanyahu avesse agito con un po’ più di considerazione verso i suoi partner di destra, se avesse evitato di affondare in aspre dispute con persone come Avigdor Lieberman, Gideon Sa’ar, Naftali Bennett e Ayelet Shaked, avrebbe potuto conservare la loro fedeltà. Netanyahu sta ora pagando per il disprezzo con cui lui, e i suoi sostenitori, hanno trattato tutti i suddetti. Netanyahu non si muoverà facilmente dalla sua sedia. Non trasferirà il potere senza problemi e rimarrà per le ‘foto di classe’ con il suo sostituto, ammesso che Naftali Bennett si trasferisca davvero nella residenza del primo ministro in Balfour Street. Un ritiro con grazia non è in lui. Non è proprio da loro – non dalla sua famiglia e dai suoi fedeli. Non è il loro stile. Resta da vedere come sarà il burrascoso cambio di leadership in Israele; ci saranno rivolte alla Capitol Hill, o qualche altro trucco che non possiamo ancora immaginare? Il suggerimento del ministro delle Finanze Yisrael Katz, di sostituire Netanyahu per formare un governo di destra, è ridicolo (Katz sostiene di aver proposto questo al primo ministro e di essere stato respinto; fonti del Likud hanno stimato che egli ha prima cercato di far avanzare la proposta attraverso il partito, e dopo che il premier ne è venuto a conoscenza, l’ha abbandonata). È ridicolo come le aspirazioni del parlamentare del Likud Nir Barkat, che sta organizzando un raduno auto-esaltante. Si comportano come se non conoscessero Netanyahu. Si comportano come se non conoscessero il Likud. Netanyahu, se lascia l’ufficio del primo ministro, andrà all’opposizione e renderà la vita del governo un inferno. I suoi sostenitori lo seguiranno e non esiteranno a usare qualsiasi parola, imprecazione o forma di protesta. L’incitamento crescente contro Bennett e Shaked, che sono stati chiamati ‘corrotti’, ‘truffatori’ e ‘traditori’, sono un pallido promo di ciò che verrà. Tutto questo avviene con il suo permesso e la sua autorità. Anche Gideon Sa’ar e Zeev Elkin dovrebbero fare attenzione. Con la rabbia che sta esplodendo e la profonda umiliazione che i Bibi-isti stanno provando oggi, anche giornalisti di destra come Amit Segal, Kalman Liebskind e Akiva Novick vengono incolpati di ciò che è successo. Che differenza fa che sono giornalisti? Non erano leali al leader. Non abbastanza fedeli, comunque. Questo è lo zeitgeist bibi-ista. I sostenitori di Netanyahu stanno convergendo in una setta sempre più rabbiosa, che è distaccata dal resto della società e vede tutti quelli che non sono loro come nemici.

Leggi anche:  Israele bombarda ancora Beirut: due missili nella periferia meridionale

I bibi-isti non abbandoneranno Netanyahu. Non nel prossimo futuro. Per loro è già visto come Dreyfus e Anna Frank al quadrato. Non basta che la sinistra/la procura/la giustizia/i media/il presidente/il presidente americano/il droghiere locale/quasi tutti nel mondo gli abbiano dichiarato guerra a morte – ora i suoi partner di destra lo hanno tradito.

Assuefatti da sentimenti di inferiorità, da fantasie di persecuzione, da calunnie di sangue con poco fondamento nella realtà e soprattutto da speculazioni e teorie del complotto, non accetteranno un cambio di regime che è stato ottenuto come risultato di un’elezione democratica. Non lo lasceranno perché è così che lo amano di più. Un eroe tragico, una vittima nobile, che li riscatta dalla condiscendenza del mondo intero. Si può cambiare il modo di votare, anche se è difficile. È impossibile cambiare uno stato di coscienza”, conclude la Hecht.

Michael Hauser Tov ricostruisce le ore cruciali in cui si consuma il “grande tradimento”.

“Il primo ministro Benjamin Netanyahu  – annota Hauser Tov – ha accusato Naftali Bennett, che domenica ha invitato ancora una volta a unirsi a una potenziale coalizione, di commettere ‘la frode del secolo’ dopo che il presidente di Yamina ha annunciato che avrebbe cercato un governo di unità con Yair Lapid – e senza Netanyahu.

Netanyahu ha detto di aver fatto offerte ‘incredibili’ al partito di Bennett che avrebbero impedito un ‘pericoloso governo di sinistra’, ma Bennett, secondo il primo ministro, ‘si preoccupa solo di se stesso’. Il primo ministro ha parlato poco dopo che Bennett ha detto in una dichiarazione televisiva che avrebbe fatto del suo meglio per formare un governo di coalizione con Yair Lapid, ponendo fine a settimane di speculazioni sul fatto che il politico di destra avrebbe accettato un tale sforzo per sostituire Netanyahu.

Leggi anche:  Quando l'opposizione sostiene la guerra, Israele non ha alternative a Netanyahu

I quattro cicli elettorali che Israele ha attraversato in due anni hanno significato che il Paese stava ‘perdendo la sua capacità di funzionare’, e la leadership del Paese sta ‘mostrando odio e divisioni per coprire i fallimenti’, ha detto Bennett. Bennett ha anche affermato che l’idea di una coalizione composta solo da partiti di destra non è una vera possibilità. ‘O una quinta elezione o un governo di unità’, ha affermato. ‘Netanyahu lo sa bene’. Bennett ha sostenuto che le divisioni interne stavano minacciando l’esistenza d’Israele: . ‘Possiamo andare a una quinta elezione, una sesta, una decima, per abbattere i muri del Paese, mattone dopo mattone, finché la nostra casa non ci cade addosso’, O possiamo fermare la follia e assumerci la responsabilità’.

Bezalel Smotrich, presidente del partito di estrema destra Sionismo Religioso, ha attaccato Bennett, dicendo che stava ‘disertando per la sinistra scendendo a patti con i sostenitori del terrorismo. Tutto è stato coordinato e pre-pianificato. Uno spettacolo. La più grande truffa nella storia della politica israeliana’. Secondo un possibile accordo di condivisione del potere, Bennett sostituirebbe Netanyahu, il 71enne capo del partito Likud, come primo ministro e poi lascerebbe il posto al centrista Lapid in un accordo di rotazione. I diversi membri della nuova coalizione avrebbero poco in comune, a parte un piano per porre fine ai 12 anni di governo di Netanyahu, il leader più longevo di Israele, ora sotto processo per accuse di corruzione che nega”, conclude Hauser Tov.

Nella maggioranza di governo ci sarebbero, oltre Yesh Atid( C’è un futuro) di Lapid e Yamina (Destra)  di Bennett, anche New Hope (Nuova Speranza) dell’ex Likud Gideon Saar, Yisrael Beiteinu (Israele casa nostra) di Avigdor Lieberman, Kahol Lavan (Blu bianco) di Benny Gantz, i laburisti e la sinistra di Meretz.  I seggi in complesso si arriverebbe a 58 seggi ai quali si aggiungerebbe l’appoggio esterno dei 4 seggi del partito arabo israeliano Raam di Mansour Abbas e dei 6 seggi della Joint List, l’altra formazione politica araba-israeliana, per una somma di 68 seggi, ben più dei 61 su 120 necessari alla Knesset. Ma i termini dell’appoggio dei partiti arabi-israeliani non sono ancora chiariti.

La strada verso la fase due, ovvero la spartizione dei posti nell’esecutivo, sembra relativamente in discesa. Bennett e Lapid si alterneranno, dopo due anni, alla guida del governo – starà al leader di Yamina iniziare – e agli Esteri. Il nuovo gabinetto dovrebbe avrebbe tra i 25 e i 27 ministri. Poi, secondo le voci che circolano dietro le quinte, Shaked dovrebbe andare agli Interni e Avigdor Lieberman alle Finanze. Benny Gantz, resterebbe ministro della Difesa, mentre la Giustizia spetterebbe a Sa’ar.  Non ci sono al momento poltrone attribuite ai parlamentari delle liste arabe, che potrebbero aver deciso di sostenere da fuori il blocco anti-Bibi. Restano certamente fuori il Likud e le destre religiose di Shas,  Giudaismo Unito nella Torah e il Partito Sionista Religioso.

Con ogni probabilità, il governo Bennett-Lapid prenderà vita. Ma il “dopo Neanyahu” sarà tutt’altro che pacifico. Bibi affila le armi. E non è una metafora. 

Native

Articoli correlati