Due giorni dopo il duello televisivo con Joe Biden, Donald Trump si ammalò di Covid, ed alcuni membri del suo entourage temettero che “potesse morire”.
Nove mesi dopo uno dei momenti più drammatici della recente vita politica americana, esce un libro, scritto da due giornalisti del Washington Post, che ripercorre i momenti convulsi di quando il presidente restò contagiato dal virus.
Era il 1 ottobre e Trump si era sentito molto male. Dopo il tweet in cui il presidente aveva annunciato di essere risultato positivo al Covid assieme alla First lady Melania, la situazione era precipitata al punto che era stato necessario sottoporre il presidente alla ventilazione. Il livello dell’ossigeno nel sangue era sceso sotto il 94 per cento, sotto la soglia minima, i medici erano molto preoccupati, qualcuno pensò che “non ce l’avrebbe fatta”.
In “Nightmare Scenario”, traducibile in “Scenario da incubo”, Yasmeen Abutaleb e Damian Paletta raccontano che i medici somministrarono a Trump una dose di otto grammi di anticorpi monoclonali, considerata una terapia efficace se somministrata all’inizio dell’infezione.
La situazione venne stabilizzata ma restare alla Casa Bianca poteva essere rischioso. Per quello venne deciso il ricovero in ospedale. Il sabato le condizioni erano peggiorate, l’ossigeno nel sangue era sceso al 93 per cento, quando il livello normale è tra 95 e 100.
Il capo dello staff, Mark Meadows, era terrorizzato all’idea che Trump potesse morire. Molti pensarono che “non ce l’avrebbe fatta”, ma poche ore dopo, come per miracolo, le condizioni del presidente erano migliorate.
Secondo fonti citate dai due giornalisti, a risultare decisiva sarebbe stata la terapia monoclonale.
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