L'Italia aumenta i finanziamenti alla Guardia costiera libica: siamo complici di assassini e torturatori
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L'Italia aumenta i finanziamenti alla Guardia costiera libica: siamo complici di assassini e torturatori

Il Governo ha infatti deciso di destinare 500 mila euro in più nel 2021 per sostenerne le attività, per un totale di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017, anno dell’accordo Italia-Libia

Lager libico
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3 Luglio 2021 - 18.15


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Il Mediterraneo continua ad essere il “Mar della morte”. Oggi si registra l’ennesima strage di innocenti al largo delle coste della Tunisia. Oltre 43 le vittime. Nessuno ha soccorso quel barcone partito da uno dei porti libici controllati dai trafficanti di esseri umani in combutta con funzionari dell’amministrazione libica e con quella organizzazione a delinquere denominata Guardia costiera libica.

Roma complice

Finanziamenti che continuano a crescere da parte dell’Italia. Una vergogna. Di più: è la complicità nei crimini commessi da coloro a cui l’Italia ha affidato l’esternalizzazione della frontiera Sud. Continuano ad aumentare gli stanziamenti italiani alla Guardia costiera libica. Il Governo ha infatti deciso di destinare 500 mila euro in più nel 2021 per sostenerne le attività, per un totale di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017, anno dell’accordo Italia-Libia. Sale anche a 960 milioni il costo sostenuto dai contribuenti italiani per le missioni navali nel Mediterraneo, (nessuna delle quali ha compiti di ricerca e soccorso in mare) e nel paese nord africano, con un aumento di 17 milioni rispetto al 2020 per la missione Mare Sicuro e 15 milioni per Irini.

Tutto ciò, nonostante si continui a morire lungo la rotta del Mediterraneo centrale – con oltre 720 vittime dall’inizio dell’anno– e siano oramai ben note le modalità di intervento della cosiddetta Guardia Costiera libica, come testimoniato dal video diffuso in questi giorni da Sea-Watch. È l’allarme lanciato da Oxfam, alla vigilia del dibattito parlamentare sul rinnovo delle missioni militari italiane. In un anno che vede il record di persone intercettate e riportate in Libia: più di 13.000. Dato che non ha suggerito evidentemente al Governo, né una profonda riflessione sul destino dei migranti, tra cui donne e bambini, che una volta rientrati nel paese nord-africano sono destinati ad essere vittime di abusi e torture sistematiche dalle quali stavano scappando, finendo nei centri di detenzione ufficiali e in altri luoghi di prigionia clandestini. Né tantomeno si è attuata una revisione dello stesso accordo con le autorità libiche, nonostante numerose inchieste e testimonianze abbiano confermato il coinvolgimento della Guardia Costiera libica nel traffico di esseri umani. “Mentre lungo la rotta del Mediterraneo centrale si continua a morire, come dimostrano i continui naufragi di queste settimane, con l’ennesima tragedia avvenuta a Lampedusa pochi giorni fa, – sottolinea Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – il Governo Draghi sta agendo in perfetta continuità con gli esecutivi precedenti sulle politiche migratorie, come dimostrano anche le recenti richieste al Consiglio europeo per un maggior coinvolgimento dell’Unione nel rafforzamento degli accordi con le autorità libiche. In sostanza si va avanti nella stessa direzione, in un paese dove “l’industria del contrabbando e tratta” è stata in parte convertita in “industria della detenzione” con abusi e violenze oramai note a tutti, anche grazie a questo considerevole flusso di denaro”. 

L’appello all’Italia

“A pochi giorni dalla discussione parlamentare sul rinnovo delle missioni militari italiane all’estero, – conclude Pezzati –chiediamo perciò ai partiti di maggioranza di interrompere immediatamente gli stanziamenti per il 2021 diretti alla Guardia Costiera libica, che solo quest’anno ha intercettato e riportato in un paese non sicuro il triplo dei migranti, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Assieme è necessaria una revisione delle missioni che contengono iniziative legate alla sua formazione e al suo supporto. Quello che serve è un cambio deciso di approccio, una gestione diretta dei flussi e non la mera chiusura delle frontiere delegata a paesi come la Libia o la Turchia”.Una direzione che Oxfam ritiene possa essere intrapresa solo con una serie di interventi diretti a:       superare la legge Bossi-Fini ed estendere i canali di ingresso regolari per i migranti in Italia e in Unione europea        approvare un piano di evacuazione delle persone detenute illegalmente in Libia;   istituire una missione navale europea con chiaro compito di ricerca e salvataggio delle persone in mare; riconoscere il ruolo fondamentale delle organizzazioni umanitarie nella salvaguardia della vita umana in mare; interrompere l’accordo Italia-Libia, subordinando qualsiasi futuro accordo alla fine della fase di transizione politica nel paese, nonché alle necessarie riforme che eliminino la detenzione arbitraria e prevedano adeguate misure di assistenza e protezione, in particolare per migranti e rifugiati”.

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Un appello che va colto. Subito. Presidente Draghi lo scempio del finanziamento ai criminali in divisa libici deve finire. L’Italia è complice di questi aguzzini che torturano, trasformano le donne detenute nei lager libici in schiave del sesso. E tutto questo con i soldi italiani. 

Il prezzo dell’esternalizzazione

L’Italia – annota Annalisa Camilli, in un documentato report su Internazionale ha attive in Libia quattro missioni militari: la missione bilaterale di supporto alla Libia, il supporto alla guardia costiera libica, Unsmil (la missione dell’Onu in Libia) ed Eubam (la missione dell’Unione europea per il controllo delle frontiere). Inoltre è presente nel Mediterraneo centrale con le operazioni marittime Mare sicuro della marina militare, con la missione europea Eunavfor Med Irini e con la missione Nato Seaguardian. Dal 2017 Roma ha speso in Libia un totale di 784,3 milioni di euro, di cui 213,9 in missioni militari. Nel complesso i fondi sono aumentati di anno in anno con il doppio obiettivo di fermare l’arrivo di migranti e di accrescere l’influenza italiana nell’ex colonia nel caos dal 2011, dopo la caduta dell’ex dittatore Muammar Gheddafi. Per l’addestramento e il sostegno alla guardia costiera libica lo stanziamento di fondi è passato dai 3,6 milioni di euro nel 2017 ai dieci milioni previsti nel 2020. In questi anni è cambiato in sostanza solo l’impegno su Eunavfor Med. La missione navale europea Sophia (attiva dal 2015) è stata sostituita nel 2019 dalla missione Irini, che ha cambiato obiettivo e si è concentrata sul pattugliamento della parte orientale della costa libica. Alcune funzioni che prima erano di Sophia sono state passate alla Guardia costiera libica.  Per quanto riguarda Mare sicuro si legge nel documento che “a seguito dell’evoluzione della crisi libica, si rende necessario potenziare il dispositivo aeronavale, al fine di contribuire ad arginare il fenomeno dei traffici illeciti e rafforzare le capacità di controllo da parte delle autorità libiche, con assetti con compiti di presenza, sorveglianza, sicurezza marittima, raccolta informativa e supporto alle autorità libiche”. 

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L’analisi di Livi-Bacci

L’opinione pubblica è disorientata, frastornata dall’uso partigiano che da anni viene fatto della questione migratoria, intimorita da immaginari spettri, disinformata. La classe dirigente, ma non mi riferisco solo a quella politica, è esitante, e lo è anche quella parte che considera l’immigrazione un vantaggio, e non un pericolo, per la società. Può darsi che l’epidemia, e lo spettro delle sue conseguenze catastrofiche, induca l’opinione pubblica a guardare al fenomeno migratorio con maggiore realismo e permetta alla politica di trovare il coraggio di fare ciò che deve essere fatto nell’interesse di tutti. E’ più facile però che si trovi un compromesso al ribasso”, dice a Globalist uno dei più autorevoli demografi italiani e internazionali: il professor Massimo Livi Bacci. Docente di Demografia alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, dal 1973 al 1993, Livi-Bacci  è stato segretario generale e presidente della International Union for the Scientific Study of Population (IUSPP), società scientifica di studi demografici nota in tutto il mondo, di cui è poi divenuto presidente onorario. Tra i suoi numerosi saggi, ricordiamo “In cammino. Breve storia delle migrazioni” (Il Mulino, 2019); “Storia minima delle popolazioni del mondo” (Il Mulino, 1016); “Il pianeta stretto”( Il Mulino, 2015). 

“C’è un caleidoscopio di forze politiche, in Italia e in Europa, che manipola la questione migratoria a puri fini elettorali – rimarca ancora Livi-Bacci,  Che distorce i fatti, alimenta la paura per bassi fini elettorali.  E che spesso, purtroppo, è vincente. Che deliberatamente confonde il normale fenomeno migratorio, mosso da fattori economici e di convenienza, e attratto da una forte domanda di lavoro da parte delle famiglie e delle imprese, con l’eccezionalità dei flussi provocati dalle guerre e dai conflitti. Facendo di ogni erba un fascio. Ora, sulla prima forma di migrazione, che sicuramente va governata bene, sono legittimi punti di vista anche molto diversi. E’ legittimo chiudersi, ed è legittimo aprirsi, e il dibattito politico deve prodursi soppesando le convenienze delle varie posizioni. Ma sul secondo tipo di migrazione – quella prodotta dalla fuga dalla guerra – non c’è dibattito che tenga: le convenzioni internazionali, e prima di esse, il senso di civiltà, impongono la civile accoglienza”.

Milioni di persone continuano a fuggire dall’inferno di guerre, sfruttamento, pulizie etniche, regimi sanguinari, povertà assoluta. Di fronte a questo dato di realtà, non è riduttivo  – chiediamo al professor Livi-Bacci – continuare a parlare di “emergenza” umanitaria?

“Guardiamo la carta geografica – risponde l’illustre demografo -: l’Europa confina a oriente e a sud con una vastissima area dove i conflitti armati sono di casa, oramai da anni, dall’Ucraina all’Iraq, dalla Siria alla Libia.. Un’area che a sua volta è contigua con vaste regioni altrettanto lacerate e instabili: Afghanistan, Yemen, Sudan, Corno d’Africa, e altri Paesi della fascia sub-sahariana. I milioni di rifugiati o dislocati, e le masse impoverite dai conflitti cercano disperatamente vie di uscita alla loro situazione disperata. Giordania e Libano, con una popolazione uguale a quella della Lombardia, ospitano più di 2 milioni di rifugiati, e il loro numero è in aumento. L’Italia e l’Europa debbono rendersi conto che non stiamo vivendo una “emergenza” destinata a riassorbirsi in poco tempo, ma una situazione quasi strutturale che è destinata a protrarsi – magari con modalità e numeri diversi – per parecchi anni.  E’ fin troppo scontato dire che occorre prepararsi con un’azione che si dispieghi nel lungo periodo e non con interventi “emergenziali”. Ovviamente l’azione deve essere politico-diplomatica, ma anche organizzativa. Non sarei sorpreso se il numero di rifugiati in Europa si trovasse raddoppiato o triplicato nel giro di poco tempo. 

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L’ipocrisia europea

Livi-Bacci non è tenero con Bruxelles. E ne ha ben donde. Sui migranti, l’Unione europea è la culla dell’ipocrisia, delle lacrime di coccodrillo, degli impegni proclamati e mai portati a termine, di conferenze spacciate per risolutive e mai rivelatesi tali. 

L’ultima, in ordine di tempo ma non di gravità, è questa dichiarazione: “Non ci sono respingimenti dei migranti da parte dell’Italia o di Malta verso la Libia. La guardia costiera libica interviene nelle sue acque di competenza, e la collaborazione dell’Unione europea con la guardia costiera libica ha l’obiettivo di salvare vite”. Così un portavoce della Commissione Ue, ribadendo che l’Unione non considera la Libia come un Paese “sicuro”, e proprio per questo motivo sta lavorando per trovare una soluzione politica alla crisi nel Paese. 

“Siamo al corrente” dell’intensificarsi degli sbarchi di migranti in Sicilia, e “seguiamo da vicino” anche quanto accade anche nei centri di accoglienza. “A Lampedusa in particolare le difficoltà sono significative”, ha proseguito il portavoce della Commissione Ue rispondendo ad una domanda. “In prima battuta è chiaramente compito dello Stato membro occuparsi di tali difficoltà – ricorda il portavoce – ma la Commissione europea, che ha già dato sostegno all’Italia, resta disponibile se ci saranno ulteriori richieste”.

La Commissione europea prosegue “nel coordinamento dei ricollocamenti dei migranti salvati in mare. Attualmente stiamo coordinando una serie di operazioni. I contatti con gli Stati membri sono in corso”, ma “non c’è un numero sostanziale di Paesi che partecipano. Vista l’urgenza di continuare a trovare soluzioni nel periodo estivo, incoraggiamo fortemente tutti gli Stati a partecipare”. 

Siamo al copia-incolla di dichiarazioni ripetute decine di volte, soprattutto di estate, quando le rotte del Mediterraneo si affollano di barche e gommoni stipati di disperati alla mercé dei trafficanti di esseri umani, spesso in combutta con le autorità libiche. 

E Roma continua a finanziare questi criminali. 

 

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