Un pezzo di carta plastificata decide il presente e il futuro di chi vive a Kabul. In quella che è da dieci giorni la capitale dell’Emirato Islamico è caccia a un foglio.
Un documento di lavoro come un badge o un passaporto. I talebani cercano il primo per punire chi ha collaborato con gli occidentali.
Gli afghani cercano il secondo per imbarcarsi su qualsiasi aereo in volo da Kabul, anche in fase di decollo.
“Ho conoscenti che hanno avuto una camionetta dei talebani davanti a casa per giorni interi: come fanno a restare qua?” racconta Karim (nome di fantasia). Deduciamo che quei conoscenti sia un eufemismo, un modo per stigmatizzare ore e ore passate a guardare fuori dalla finestra.
Karim vive attaccato al cellulare, in attesa della telefonata che gli consenta di iniziare la corsa ad ostacoli verso l’aeroporto.
“Ho letto che le autorità internazionali chiedono al mondo di aiutarci economicamente ora – gli fa eco Hassam via WhatsApp – ma oggi qua tutto è chiuso. La Banca Centrale è ferma, le banche commerciali di conseguenza. Tutto è controllato dai talebani ormai. Anche quando si ripartirà tutto sarà sempre controllato. Ci chiederanno come mai in banca arrivino soldi dall’estero. Vorranno sapere perché abbiamo a che fare con Western Union. Non finirà mai, mai… Anche la Hawala, la rete umana che faceva circolare il contante, è sparita. Oggi ci servono ricariche telefoniche: il cellulare ci tiene vivi e informati”.
Chi trova il visto… non trova l’aereo – Il sogno proibito è salire su un aereo con un visto. L’anticamera del sogno è arrivare sani e salvi in aeroporto. Chi conosce come vanno le cose si fa poche illusioni. Fino a quindici giorni fa con un’auto di un’ambasciata o di un organismo internazionale un funzionario arrivava dritto in aeroporto, quasi fino al check-in. Ora anche queste vetture non possono più entrare. Per tutti ci sono i check-point dei talebani che decidono “tu sì, tu no, tu sì…” .
E chi riesce ad arrivare fin dentro lo scalo scopre magari che l’aereo non c’è e non arriverà oggi.
Oppure che non potrà decollare vista l’assenza del personale al radar e alla torre di controllo. Così si torna a casa e di lì a 24 ore ricomincia il calvario.
“Una donna afghana da sola all’estero?” – Il mondo (chi più chi meno) si adopera per l’imminente ondata di profughi dall’Afghanistan.
Molti finiranno in Paesi vicini come Pakistan, Iran e Tagikistan. Moltissimi andranno più lontano.
L’India, ad esempio, ha aperto ai visti umanitari rilasciati dietro presentazione di una serie di documenti e alla richiesta di uno sponsor indiano.
“Viviamo in un limbo: la maggior parte di noi non ha un passaporto. Chi potrebbe andarsene ha paura di ritorsioni sui familiari o di lasciarli senza la loro unica fonte di reddito” sussurra Hassam in un audio WhatsApp. Possibile non avere un salvavita come il passaporto nel 2021 in Afghanistan? “Sì, purtroppo è possibile”. La risposta è vera e disarmante. “Tanti rinunciano a cercare un visto perché vedono che poi non ci sono aerei per andarsene” prosegue lo stesso Hassam.
L’aeroporto è lo snodo vitale. Salire o non salire su un aereo decide centinaia di vite. “Ho una conoscente che ha il visto per andare in India. Mi ha detto che suo padre non la lascerebbe mai andare da sola. E’ una donna. E anche se dovesse succedere cosa farà da sola in un Paese straniero? Come vivrà?” spiega Karim. Questa forma mentis è ben radicata nell’Afghanistan sia pre sia post-talebani.
“Gli occidentali non hanno scalfito il nostro modo di pensare in vent’anni e dall’oggi al domani vorrebbero portar via solo donne e bambini dall’Afghanistan?” è scritto in una pagina Facebook di resistenti locali.
E la resistenza? – Hassam torna a parlare dei suoi conoscenti: “I talebani danno la caccia a chi ha collaborato con gli Stati Uniti e con le altre forze straniere. Vogliono documenti, file, badge o pc che ne provino la collaborazione per poi picchiarli o peggio. Entrano in casa e cominciano a fare domande del tipo ‘come avete vissuto’, ‘che lavoro avete fatto’, ‘quanti siete’… Ce l’hanno con tutti, eccezion fatta per chi ha lavorato nella sanità e nell’istruzione”.
E la resistenza afghana? I gruppi di combattenti nel Panshir? “Non c’è resistenza in Afghanistan, non c’è resistenza a Kabul”: si congeda così Hassam.
Storie afghane: "Tutto è controllato dai talebani ormai. Il sogno è quello di arrivare all'aeroporto"
Testimonianze e contraddizioni dall’Afghanistan: i pochi che hanno fatto il passaporto in questi anni temono ritorsioni sulla famiglia.
globalist Modifica articolo
25 Agosto 2021 - 10.55
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