Ritrovamento clamoroso: un attentatore del Bataclan in fuga fu intervistato senza essere riconosciuto
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Ritrovamento clamoroso: un attentatore del Bataclan in fuga fu intervistato senza essere riconosciuto

L'emittente belga Rtbf ha trovato nei suoi archivi un'intervista al terrorista Salah Abdeslam subito dopo gli attacchi a Parigi del novembre 2015

Salah Abdeslam
Salah Abdeslam
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8 Settembre 2021 - 14.28


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Il 14 novembre 2015, la mattina dopo gli attentati terroristici di Parigi, in cui trovarono la morte 130 persone, la maggior parte nel teatro del Bataclan, Salah Abdeslam, oggi l’unico attentatore sopravvissuto del commando di affiliati all’Isis che agirono quella notte, fu intervistato.
Quella mattina infatti lungo il confine tra il Belgio e la Francia furono istituiti molti posti di blocco, con l’obiettivo di intercettare i terroristi che volevano fuggire dal paese. Insieme alla polizia, anche molti giornalisti si trovarono alla frontiera, per chiedere agli automobilisti che cosa pensassero dei controlli e quale fosse il loro umore dopo la notte appena trascorsa.
In una delle auto fermate c’era proprio Salah Abdeslam, che solo poche ore prima aveva partecipato all’attentato, insieme a Mohamed Amri e Hamza Attou, i due che, secondo le successive ricostruzioni della polizia, erano andati a prenderlo. 
Né polizia né giornalisti possedevano allora informazioni utili per arrestarlo al posto di blocco.
E infatti Abdeslam fu arrestato solo il 18 marzo 2016 in Rue des Quatre-Vents a Molenbeek-Saint-Jean, a Bruxelles. 
Che il terrorista fosse stato intervistato alla frontiera era già stato reso pubblico l’anno scorso, dopo che in una conversazione intercettata tra lui e alcuni suoi compagni di cella, diceva di essere stato fermato da un giornalista dell’emittente belga Rtl-Tvi proprio la mattina dopo gli attentati.
L’intervista come la descrive Abdeslam sembra non esistere, si è scoperto invece che è stata Charlotte Legrand, giornalista radiofonica di un’altra emittente, la RTBF, a fare le domande ai tre.
“Non ricordo la marca dell’auto né il colore”, racconta Legrand. “Dentro c’erano tre giovani, apparivano molto stanchi, i loro volti sembravano consumati. Quello dietro era avvolto in una specie di giacca spessa o di piumino. Non erano particolarmente amichevoli, ma hanno risposto alle mie domande mentre le loro carte d’identità venivano controllate”, ha detto.
“Quando hanno riavuto i loro documenti, hanno alzato il finestrino e se ne sono andati”. 
L’intervista completa non è stata conservata dall’emittente, ma la piccola parte trasmessa alla radio Rtbf il 14 novembre 2015 è stata ripubblicata sul sito, a poche ore dall’inizio del maxi-processo per gli attentati, previsto per le 12.30 dell′8 settembre 2021. 
Si sentono Abdeslam, Amri e Attou che parlano l’uno sull’altro. “Questo è il terzo. Il terzo controllo. Ad essere onesti, lo troviamo un po’ fastidioso”, hanno detto. “Di certo, capiamo il perché”.
“Mi sono sentita in colpa” ha confessato Legrand, “ma poi ho ricordato i fatti, io in quel momento, semplicemente non avevo gli elementi per riconoscere Abdeslam. Né io, nè la polizia”.
Un anno dopo gli attentati di Parigi, il procuratore federale belga Frédéric Van Leeuw in una puntata del programma investigativo VRT ‘Pano’ ha spiegato perché quel giorno Abdeslam e i suoi complici non furono arrestati.
“Salah Abdeslam era stato segnalato come sospetto. I gendarmi francesi avevano ricevuto l’avviso e avevano chiesto ai colleghi belgi come si dovessero comportare” ha detto.
“Questo intorno alle 9.00 del mattino, ma la risposta arrivava solo alle 10:45, quando li avevano già fatti andare via”. ha continuato. “Naturalmente è accaduto perché era un momento di grande confusione e gli agenti di polizia erano sopraffatti dai controlli da fare”.

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