Tutti gli errori che hanno portato il partito di Merkel al tracollo
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Tutti gli errori che hanno portato il partito di Merkel al tracollo

Gli intoppi nella gestione della pandemia, il rallentamento dell'economia e, soprattutto, un candidato inadeguato come Armin Laschet rendono amaro l'addio della cancelliera alla politica

Armin Laschet e Angela Merkel
Armin Laschet e Angela Merkel
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27 Settembre 2021 - 11.53


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Il tracollo subito dalla Cdu/Csu alle elezioni legislative in Germania proietta un’ombra mesta sull’addio alla politica di Angela Merkel.
Come scrive Francesco Russo – Agi – gli ultimi mesi del quarto mandato della cancelliera sono stati segnati da incidenti di percorso che hanno contribuito a portare il suo partito verso quello che si profila come il peggior risultato di sempre.
Nei primi mesi della pandemia di Covid-19 Berlino era stata portata ad esempio come modello di gestione dell’emergenza sanitaria persino da testate britanniche euroscettiche come il ‘Telegraph’.
Un anno dopo il quadro si era ribaltato. Lo scorso marzo la campagna vaccinale andava a ritmo lentissimo, con appena il 2% della popolazione immunizzata in un mese, una percentuale che Israele raggiungeva in un giorno.
“La Germania non è poi così speciale”
Il danno d’immagine fu ben sintetizzato da un velenoso editorale di ‘El Pais’, secondo il quale “i reiterati errori del governo tedesco hanno sradicato ogni pregiudizio sulla competenza e la superiorità germanica”. “La Germania non è così speciale dopo tutto”, aggiunse la testata spagnola con un tocco di ‘schadenfreude’, “è solo superiore la differenza tra la percezione e la realtà”.
La complessa architettura regolatoria tedesca mostrò tutti i suoi limiti in una situazione di emergenza. La proverbiale tendenza di Merkel a procrastinare le se ritorse contro. I ritardi nell’applicazione delle restrizioni e di misure cautelari come l’obbligo di mascherina contribuirono a far risalire i contagi e gli estenuanti bracci di ferro con i Lander ebbero un ruolo notevole nell’imporre al processo decisionale un ritmo insufficiente. Sullo sfondo, la protesta ‘no vax’ dei ‘Querdenker’, i “pensatori laterali” le cui tumultuose contestazioni erano diventate un appuntamento settimanale a Berlino.
La locomotiva d’Europa frena
Agli errori nella lotta al Covid è legata in parte la frenata dell’economia. Pochi giorni fa l’istituto Ifo ha abbassato dal 3,3% al 2,5% le previsioni di crescita per il 2021. Il tasso di disoccupazione è previsto in calo dal 5,6% al 5,1% ma le diseguaglianze economiche continuano a crescere e, se il settore dei servizi appare in decisa ripresa, l’industria manifatturiera, cuore dell’economia teutonica, è stretta nella morsa di colli di bottiglia (in primis la scarsità di chip e altri beni intermedi) che inizieranno a pesare presto: nel 2023 il Pil è atteso dall’Ifo in crescita di appena l’1,5% dopo il rimbalzo del 5,1% previsto per il 2022.
Se la locomotiva tedesca perde slancio è anche per la politica dello “schwarze null”, del deficit zero, portata avanti dalla Cdu, che non ha consentito gli investimenti in infrastrutture, dall’alta velocità alla banda larga, della quale la Germania ha così bisogno. Cosa significhi tenere così stretti i cordoni della borsa è apparso chiaro con le devastanti alluvioni dello scorso luglio, quando le linee di comunicazioni andarono in tilt, complicando i soccorsi. Una tragedia dove si consumò una delle tante gaffe che hanno azzoppato Armin Laschet, il candidato cancelliere della Cdu/Csu, sorpreso a ridere e scherzare durante una cerimonia in memoria per le vittime. 
Un candidato debole e poco carismatico
L’errore di Laschet in cabina elettorale, con la scheda piegata in modo da lasciar intravedere il voto, ha suggellato una campagna elettorale fiacca e poco convincente, che ha costretto Merkel a scendere in campo per sostenere un candidato che ogni giorno perdeva terreno a favore di un ben più energico Scholz. Il governatore del Nord-Reno Vestfalia, Land messo in ginocchio dalle inondazioni, la aveva spuntata per il suo profilo moderato, il più vicino a quello di Merkel. Ma, semplicemente, non è Merkel.
Se è vero che il concorrente Friedrich Merz, con un profilo più di destra, avrebbe reso molto complicata un’intesa con i Verdi, Laschet, grigio e poco carismatico, è stato un ripiego dopo che Merkel aveva visto bruciarsi la sua seconda delfina Annegret Kramp-Karrenbauer (la prima, Ursula von der Leyen, è finita a Bruxelles) con il pasticciaccio brutto della Turingia, dove la Cdu aveva flirtato con l’estrema destra di Afd dopo le amministrative. Il giovane ministro della Salute, Jens Spahn, era apparso per un certo periodo come una possibile alternativa ma gli errori nella gestione della pandemia ne fecero tramontare presto la stella.
La riserva bavarese
Eppure i conservatori un candidato perfetto lo avevano: il popolare capo della Csu, ramo bavarese della Cdu, Markus Soeder, che pochi mesi fa si chiamò pero’ fuori dalla corsa affermando di volersi dedicare solo alla Baviera. Soeder, che ha ambizione e acume politico, aveva probabilmente capito subito che quello era il peggior momento possibile per tentare la corsa alla cancelleria e si è messo con saggezza in disparte nel momento del disastro.
Il quadro incerto dipinto dalle proiezioni rischia di rendere assai lunghe le trattative per la formazione del governo, che nel 2017 richiesero 5 mesi. Se entro il 18 dicembre non ci sarà ancora un nuovo cancelliere a Berlino, Merkel strapperà a Helmut Kohl il record di permanenza alla guida della Germania. Ma non è un primato che ‘Mutti’ ha piacere a festeggiare.

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