Un brutto segnale: la corte d’appello federale di New Orleans ha permesso al Texas di ripristinare la controversa legge che vieta la maggior parte degli aborti nello Stato.
Entrata in vigore il primo settembre, vieta l’aborto una volta rilevato il battito cardiaco dell’embrione, a circa sei settimane di gravidanza. La legge era stata temporaneamente bloccata mercoledì da un giudice federale del Texas dopo un ricorso dell’amministrazione Biden.
La sospensione temporanea della norma aveva fatto riprendere la pratica degli aborti oltre le sei settimane nelle cliniche statali. Ma il nuovo ordine è stato emesso venerdì sera e arriva appena un giorno dopo che un tribunale di grado inferiore di Austin si era schierato con l’amministrazione Biden e aveva sospeso la legge del Texas nota come “Senate Bill 8”.
Il procuratore generale del Texas, il repubblicano Ken Paxton, aveva fatto però appello alla Corte federale di New Orleans, considerata una delle più conservatrici del Paese, che si è pronunciata in suo favore. “Grandi notizie stasera”, ha twittato Paxton non appena è stata rilasciata la decisione sull’appello. “Combatterò gli eccessi del governo federale in ogni momento”, ha aggiunto.
Con ogni probabilità, il governo federale Usa contesterà la decisione della corte d’appello alla Corte suprema degli Stati Uniti. Quest’ultima garantiva nel 1973, nella sua emblematica sentenza Roe contro Wade, il diritto delle donne ad abortire e precisava che si applicava fino a quando il feto non è vitale, cioè intorno alle 22 settimane di gravidanza. Negli ultimi anni leggi paragonabili a quelle del Texas sono state approvate da una dozzina di altri Stati conservatori e condannate in tribunale per aver violato tale giurisprudenza.
La legge, dunque, vieta gli aborti in Texas una volta rilevata l’attività cardiaca (a circa sei settimane di gravidanza, quando la maggior parte delle donne non sa ancora di essere in attesa), anche nei casi di incesto o stupro.