Stop all’apartheid vaccinale. Fine dei bla bla senza costrutto, di dichiarazioni ad alto tasso retorico e a bassissimo, pressochè inesistente, contenuto operativo.
Alla vigilia del vertice, in programma a Roma il 30-31 ottobre, Oxfam chiede ai leader del G20 di intraprendere azioni concrete per aumentare drasticamente la produzione di dosi di vaccini Covid-19, favorendone in tal modo l’accesso anche nei paesi in via di sviluppo, promuovere un’equa ripresa economica, combattere la fame, ridurre le emissioni di gas serra, aiutare i paesi più poveri ad affrontare i cambiamenti climatici in atto. È urgente che i leader del G20 pongano fine allo scandaloso divario nell’accesso ai vaccini e che agiscano radicalmente sull’attuale gestione della pandemia, che sta lasciando indietro, senza vaccini, milioni di persone nel sud del mondo.
Consegnati appena il 14% dei vaccini promessi dai Paesi ricchi
Le nazioni ricche avevano inizialmente promesso che qualunque vaccino sicuro sarebbe diventato un “bene pubblico globale”, impegnandosi a distribuire 1,8 miliardi di dosi nei paesi in via di sviluppo. A un anno di distanza solo 261 milioni di fiale (il 14%) sono state consegnate e mentre nei Paesi ad alto reddito in media più del 60% della popolazione è stata vaccinata, nelle aree più povere del mondo la percentuale si attesta a meno del 2%.
“All’incontro di Roma i leader hanno l’opportunità di tradurre in fatti le parole usate nel corso di un intero anno segnato da una profonda crisi sanitaria ed economica e da un’emergenza climatica senza precedenti”, afferma Jorn Kalinski, Senior Advisor di Oxfam.
Invece di sostenere la proposta di sospensione del monopolio dei brevetti avanzata da Sud Africa e India, allo scopo di aumentare la produzione di vaccini e ridurne i costi, i paesi ricchi hanno accumulato per sé più dosi di quante ne abbiano bisogno, e hanno continuato a perpetuare un sistema che permette alle aziende farmaceutiche di non trasferire scienza e tecnologia ad altri potenziali produttori.
“Nessuno si potrà dire al sicuro, fino a quando non lo saremo tutti. Eppure siamo di fronte a una vera e propria apartheid vaccinale – sottolinea Sara Albiani, policy advisor su salute globale di Oxfam Italia – I leader del G20 devono mettere da parte le divisioni e dare inizio a un processo che renda possibile la condivisione dei diritti di proprietà intellettuale e della tecnologia necessaria alla produzione dei vaccini. Solo così potremo assicurarne l’accesso a tutte e tutti in ogni parte del mondo.”
Oltre 40 milioni di persone alla fame per l’impatto economico della pandemia
I leader del G20 devono inoltre assicurare una ripresa economica più equa, intervenendo anche nel contrasto alla fame che nel periodo pandemico ha subito un ulteriore incremento. Oltre 40 milioni di persone vivono in condizioni di fame estrema, a causa dei dissesti economici indotti dalla pandemia. La disoccupazione di massa e il grave blocco della produzione alimentare hanno provocato un aumento del 40% dei prezzi alimentari globali, il più alto mai registrato negli ultimi 10 anni.
“La pandemia ha posto in evidenza le distorsioni di un sistema economico, segnato da grandi disuguaglianze –aggiunge Kalinski – La ricchezza dei miliardari è aumentata da 8 a 15 mila miliardi di dollari nel giro di due anni, mentre centinaia di milioni di persone si sono ritrovate in condizione di fame e povertà. I capi di Stato e di governo G20 possono fare la differenza e garantire un futuro dignitoso a queste persone, mostrando volontà politica e leadership.”
La pandemia ha posto sfide inimmaginabili a tutti i governi del mondo ma non tutti avevano capacità finanziarie adeguate per farvi fronte. Nel 2020 le economie avanzate hanno speso circa il 20% del loro PIL a sostegno della propria popolazione ed economia, mentre i paesi emergenti o a basso reddito rispettivamente solo il 5% e il 2%.
Il G20 può fare molto al riguardo, rimuovendo gli ostacoli generati dall’indebitamento e dalla carenza di risorse nei paesi più vulnerabili.
Oxfam chiede infine passi decisivi per affrontare la crisi climatica che con l’aumento delle temperature e l’innalzamento del livello dei mari, il moltiplicarsi di eventi metereologici estremi, ha ricadute più gravi sui paesi più fragili. È ancora possibile invertire questa rotta e dal G20 può arrivare un segnale decisivo alla vigilia dei negoziati della COP 26 che si apriranno a Glasgow la prossima settimana.
Le richieste di Oxfam al G20
In questo quadro Oxfam chiede perciò ai leader del G20 di: sospendere i brevetti, favorire la condivisione di know-how e tecnologia sui vaccini Covid-19, investire in centri di produzione vaccinale nei paesi in via di sviluppo e ridistribuire equamente i vaccini esistenti; potenziare le azioni di contrasto al cambiamento climatico, presentando prima della COP 26 ambiziosi piani nazionali per il taglio di emissioni, rappresentativi dei propri fair share e aumentando gli impegni sulla finanza climatica; garantire una generosa riallocazione dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) dai paesi più ricchi a quelli in via di sviluppo, che deve essere esente da interessi e condizionalità e addizionale rispetto agli impegni esistenti per l’APS e la finanza climatica; continuare a lavorare sul processo di riforma della tassazione internazionale d’impresa, per potenziarne la portata redistributiva e contrastare in modo più efficace e realmente inclusivo pratiche elusive e la concorrenza fiscale dannosa in materia di fisco societario; sostenere e investire in sistemi di protezione sociale universali capaci di affrontare shock sanitari, climatici ed economici come la pandemia e le conseguenze che possano derivarne, quali ad esempio l’acuirsi della crisi alimentare.
Richieste puntuali, praticabili, necessarie. I capi di Stato e di Governo che si apprestano a riunirsi a Roma devono una risposta, se non vogliono continuare a essere complici dell’apartheid vaccinale.
Un appello autorevole
Tra i sottoscrittori ci sono l’ex primo ministro inglese Gordon Brown, l’ex presidente francese Francois Hollande, l’ex presidente dell’URSS Mikhail Gorbaciov e Yves Leterme, ex primo ministro belga. Tra le firme anche gli ex presidenti del Consiglio italiani Romano Prodi e Mario Monti. A spendersi per la sospensione delle licenze sono anche i premi Nobel Joseph Stiglitz, Francoise Barre-Sinoussi e Muhammad Yunus.
Nel testo si invitano gli Stati Uniti ad intraprendere “un’azione urgente” per sospendere i diritti di proprietà intellettuale per i vaccini Covid-19 per contribuire ad aumentare le vaccinazioni a livello globale. Una misura simile è stata proposta all’Organizzazione mondiale del commercio da India e Sud Africa in rappresentanza di 60 paesi ma è stata respinta con voto contrario di quasi tutti i paesi occidentali, Italia compresa. Una misura di questo tipo avrebbe riflessi sui profitti delle case farmaceutiche che producono il farmaco. Alcune, come AstraZeneca hanno affermato di non avere intenzione di guadagnare sui vaccini finché la pandemia è in corso. Altre, a cominciare da Pfizer che ha già messo a bilancio profitti aggiuntivi per 15 miliardi di dollari, seguono una linea opposta. Linea che cozza con gli ingenti finanziamenti pubblici che queste aziende hanno ricevuto nelle fasi iniziali, e più rischiose, della messa a punto del vaccino.
Se passasse la sospensione dei brevetti i paesi in via di sviluppo potrebbero produrre autonomamente copie dei vaccini senza timore di essere citati in giudizio per violazioni della proprietà intellettuale. “Una rinuncia ai diritti è un passo fondamentale e necessario per porre fine a questa pandemia. Deve essere combinato con la garanzia che il know-how e la tecnologia sui vaccini siano condivisi apertamente ”, hanno scritto i firmatari. Aggiungono che una deroga unita ad altre misure “amplierebbe la capacità di produzione globale, non ostacolata dai monopoli industriali che sono causa della terribile carenza di approvvigionamenti che frena l’accesso ai vaccini”. I firmatari aggiungono che l’accesso iniquo ai vaccini avrebbe un impatto sull’economia globale che pregiudicherebbe la ripresa. Un avviso peraltro insistentemente ripetuto anche dal Fondo monetario internazionale. “Il mondo ha visto uno sviluppo senza precedenti di vaccini sicuri ed efficaci, in gran parte grazie agli investimenti pubblici statunitensi”, si legge nella lettera. “Eppure per la maggior parte del mondo l’accesso al vaccino è ancora una lontana speranza. Nuove ondate di sofferenza stanno sorgendo in tutto il mondo. La nostra economia globale non può ricostruirsi se rimane vulnerabile a questo virus “.Interpellato dal Financial Times il premio Nobel Stiglitz ha ricordato come la sospensione dei brevetti per ragioni di emergenza sia un’opzione già contemplata dai trattati ma che i paesi raramente vi fanno ricorso senza accordi per timori di ritorsioni. L’economista ha sottolineato anche il ruolo dei fondi pubblici nello sviluppo del vaccino e come le aziende farmaceutiche abbiano già incassato ingenti guadagni sulle fiale.
La tragedia in numeri
Dall’inizio della pandemia a livello globale i morti sono stati 4.5 milioni, secondo le stime ufficiali. Tuttavia proprio di pochi giorni fa è l’aggiornamento delle stime elaborate dall’Economist secondo cui le morti in eccesso a livello globale dall’inizio della pandemia, hanno raggiunto un totale di 15 milioni . Quattro sono le varianti potenzialmente in grado di “bucare” i vaccini e monitorate dall’Oms: Alpha, Beta, Gamma e Delta.
A maggio, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus aveva chiesto un impegno globale per assicurare che entro fine settembre in ogni paese del mondo la copertura vaccinale fosse del 10%, obiettivo di per sé bassissimo e che comunque in molti paesi non sarà possibile raggiungere se si conferma il trend attuale.
Il fallimento dell’iniziativa Covax: nel 2021 sarà vaccinata appena il 23% della popolazione dei Paesi in via sviluppo.
Anche il Covax, l’iniziativa che dovrebbe consentire ai Paesi in via di sviluppo l’accesso ai vaccini, ha pagato le dosi di Pfizer/BioNTech in media 5 volte di più del loro potenziale costo di produzione, faticando per avere le forniture necessarie in tempi brevi perché i Paesi più ricchi, disposti a pagare prezzi molto più alti, hanno avuto di fatto la precedenza nell’acquisto e nella contrattazione con le case farmaceutiche produttrici. Un meccanismo perverso che ha portato a un enorme fallimento: secondo le stime della Pva (People’s Vaccine Alliance, della quale sono membri Oxfam, Emergency, Amnesty International, Unaids) i soldi spesi fino ad oggi dal Covax sarebbero stati sufficienti a garantire un ciclo di vaccinazione completa ad ogni persona nei Paesi a basso e medio reddito, se i prezzi garantiti fossero stati equi e a fronte di un’offerta sufficiente di dosi. Al contrario, nella migliore delle ipotesi, con il Covax sarà vaccinato appena il 23% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo entro la fine del 2021.
La corsa al rialzo dei prezzi: i richiami per le varianti potrebbero costare fino a 175 dollari a dose, 148 volte il costo stimato di produzione
La corsa al rialzo continuo dei prezzi purtroppo non sembra arrestarsi nemmeno ora, nonostante l’acquisto di un numero senza precedenti di dosi a livello globale, che avrebbe dovuto produrre una progressiva riduzione del costo dei vaccini. L’Unione Europea ha ad esempio pagato ancora di più per gli ultimi ordini da Pfizer/BioNTech. Un trend che continuerà in assenza di un’azione dei governi, spinto dalla possibilità che siano necessarie dosi di richiamo per gli anni a venire a causa dello sviluppo di nuove varianti. Il Ceo di Pfizer ha suggerito che si potrà arrivare fino a 175 dollari per dose, ossia 148 volte il potenziale costo di produzione.
Il report di Pva riporta anche altri esempi dei prezzi eccessivi pagati fino ad ora: l’Unione Africana per il vaccino Pfizer/BioNTech sta pagando 6,75 dollari a dose che – per quanto risulti essere il prezzo più basso dichiarato dalle aziende produttrici – è ancora quasi 6 volte il potenziale costo di produzione. In altre parole, una dose costa più di quanto l’Uganda spenda per la salute di ogni cittadino in un anno intero; il prezzo più alto per i vaccini Pfizer/BioNTech è stato pagato da Israele con 28 dollari a dose, quasi 24 volte il potenziale costo di produzione; l’Unione Europea potrebbe aver pagato, per 1,96 miliardi di dosi, ben 31 miliardi di euro in più rispetto ai potenziali costi di produzione; Moderna ha praticato prezzi da 4 a 13 volte superiori rispetto ai costi di produzione stimati, facendo pagare al Sud Africa un prezzo tra 30 e 42 dollari a dose; la Colombia, che è stata gravemente colpita dal Covid, ha pagato il doppio del prezzo pagato dagli Usa per i vaccini Moderna. Per l’acquisto dei vaccini Pfizer/BioNtech e Moderna si stima abbia pagato 375 milioni di dollari in eccesso.
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