Ungheria e Polonia hanno presentato un ricorso contro le condizioni poste dall’unione Europea sul rispetto dello stato di diritto come condizione necessaria per ricevere i finanziamenti dell’Unione, ma la Corte di Giustizia va verso la loro bocciatura.
Oggi infatti l’avvocato generale del tribunale dell’Unione ha proposto che la Corte respinga i ricorsi di annullamento proposti da Budapest e Varsavia sottolineando come tale “regime è stato adottato su una base giuridica appropriata, è compatibile con l’articolo 7 del Trattato e rispetta il principio della certezza del diritto”. Il parere dell’avvocato non è vincolante per la Corte di giustizia, ma la prassi è che i giudici accolgano tali indicazioni.
L’avvocato della Corte di Giustizia ricorda come il regolamento adottato a dicembre 2020 – e contestato da Ungheria e Polonia – “consente al Consiglio, su richiesta della Commissione europea” in caso di sospetta violazione dello stato di diritto “di adottare misure quali la sospensione dei pagamenti da effettuare a carico del bilancio dell’Unione o la sospensione dell’approvazione di uno o più programmi finanziati da quest’ultimo”.
Nelle sue conclusioni l’avvocato generale Manuel Campos Sánchez-Bordona ricorda “che l’obiettivo del regolamento è quello di creare un meccanismo specifico per garantire la corretta esecuzione del bilancio dell’Unione, laddove uno Stato membro commetta violazioni dei principi dello Stato di diritto che mettono a repentaglio la sana gestione dei fondi dell’Unione o i suoi interessi finanziari”.
L’avvocato generale ritiene inoltre “che, sebbene la nozione di Stato di diritto quale valore dell’Unione sia ampia, il legislatore dell’Unione è autorizzato a precisarla in un settore sostanziale particolare, come quello dell’esecuzione di bilancio, ai fini dell’istituzione di un meccanismo di condizionalità finanziaria”.