Papa Francesco, il "picconatore" dei muri dell'odio e dei respingimenti
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Papa Francesco, il "picconatore" dei muri dell'odio e dei respingimenti

Ha detto Bergoglio in visita a Cipro: "Il continente europeo ha bisogno di riconciliazione e unità, ha bisogno di coraggio per camminare in avanti. Perché non saranno i muri della paura e i veti dettati dai nazionalisti ad aiutarne il progresso"

Papa Francesco, il "picconatore" dei muri dell'odio e dei respingimenti
Papa Francesco e i migranti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Dicembre 2021 - 18.01


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Il Papa “picconatore”. Picconatore dei tanti muri dell’odio e dell’indifferenza di cui è costellata l’Europa. E il mondo

Francesco il “picconatore”

“Il continente europeo ha bisogno di riconciliazione e unità, ha bisogno di coraggio e di slancio per camminare in avanti. Perché non saranno i muri della paura e i veti dettati da interessi nazionalisti ad aiutarne il progresso, e neppure la sola ripresa economica potrà garantirne sicurezza e stabilità”.

Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso alle autorità e alla società civile di Cipro al Palazzo presidenziale di Nicosia. “Guardiamo alla storia di Cipro – ha aggiunto – e vediamo come l’incontro e l’accoglienza hanno portato frutti benefici a lungo termine”.  

Non è la prima volta che Bergoglio veste i panni del “picconatore”.  “La storia in questi ultimi decenni ha dato segni di un ritorno al passato: i conflitti si riaccendono in diverse parti del mondo, nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana.”  E’ il messaggio di Papa Francesco inviato al Centro Astalli, servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, il 16 novembre scorso, in occasione dei suoi 40 anni di attività nel campo dell’assistenza ai più deboli e agli emarginati. Messaggio che è anche un chiaro riferimento alla recente decisione della Polonia di risolvere la crisi delle migliaia di rifugiati al confine con la Bielorussia, con la costruzione di un muro. “Tuttavia in questi 40 anni e in questo deserto – prosegue il Pontefice –  ci sono stati segni di speranza che ci permettono di poter sognare di camminare insieme come un popolo nuovo verso un noi sempre più grande”.  Il Pontefice torna sulle motivazioni e le conseguenze che muovono i flussi migratori: ​”Il numero delle persone costrette a fuggire è in continua crescita. Molti tra voi sono dovuti scappare da condizioni di vita assimilabili a quelle della schiavitù dove alla base c’è una concezione della persona umana deprivata della propria dignità e trattata come oggetto”, perché, sottolinea Bergoglio, la guerra è “terribile e spregevole” e spesso non c’è altra possibilità che “mettervi in cammino verso un luogo sicuro in cui realizzare sogni, aspirazioni, in cui mettere a frutto talenti e capacità”. E “voi, cari rifugiati, siete segno e volto di questa speranza” anche grazie al “coraggio” nell’affrontare difficoltà “che a molti possono sembrare insormontabili”. 

Quelle barriere da smantellare

Nel mondo si contano circa 77 muri che dividono popolazioni, mentre nel 1989 erano solo 15. E, se ci si attiene alle stime desunte dagli annunci di nuovi sbarramenti, si sfiora il centinaio. Città come Lima (Perù), Belfast (Irlanda del Nord) e Homs (Siria) hanno muri per separare i residenti. Molti sono anche i confini sigillati tra paesi: per esempio, intorno a Israele, tra le due Coree, tra l’India e il Pakistan, solo per citarne alcuni.

La “guerra dei muri” 

Arriva a 60 anni dalla costruzione del Muro di Berlino, simbolo della divisione del mondo in due blocchi, est e ovest, un pianeta in cui oggi barriere di sicurezza e di separazione non sono solo sui libri e in cui alla fine del 2020 il numero di persone in fuga da persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani è arrivato a 82,4 milioni (rapporto annuale Global Trends dell’Unhcr). A inizio mese i ministri degli Interni di 12 Paesi membri (Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia) avevano chiesto alla Commissione europea di finanziare la costruzione di muri al confine per bloccare l’ingresso di migranti che arrivano dalla Bielorussia. Tra il 2000 e il 2021 nel mondo il numero di muri di confine completati, annunciati o per i quali sono iniziati i lavori è più che quintuplicato, passando da 16 a oltre 90, secondo dati raccolti e pubblicati lo scorso agosto da Deutsche Welle. Stando a un rapporto dello scorso anno del Transnational Institute (Tni), nel mondo sono stati costruiti 63 muri negli ultimi 50 anni, 14 solo nel 2015.In Europa fra i Paesi che hanno eretto barriere ci sono la Grecia, alla frontiera con la Turchia, l’Ungheria, al confine con Serbia e Croazia, e la Bulgaria, alla frontiera con la stessa Turchia, che a sua volta si ‘blinda’ ai confini con Iran e Siria. Nelle due enclavi spagnole di Ceuta e Melilla situate in territorio africano, oltre lo Stretto di Gibilterra sono state edificate due barriere di filo spinato – rispettivamente di 8,2 Km e 12 Km – al confine con la Spagna per bloccare l’arrivo in massa dei migranti che vogliono raggiungere l’Ue. Costruite alla fine degli anni Novanta, da allora sono state innalzate fino a raggiungere l’altezza di 6 metri. Lo scorso agosto è arrivato il via libera del Parlamento della Lituania a una legge che consente di installare una recinzione per arginare il flusso di migranti bielorussi. Flusso che vuole arrestare anche la Polonia, con la costruzione di un muro il cui costo previsto è di oltre 350 milioni di euro. La settimana scorsa, la Camera bassa del Parlamento di Varsavia ha approvato una proposta di legge, che dovrà ora passare al vaglio del Senato.

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Anche la Grecia – come annota Nuccia Bianchini in un documentato report per Agi – “ ha completato la costruzione di una barriera di 40 km alla frontiera con la Turchia, con un nuovo sistema di sorveglianza: le forze di sicurezza greche sono state messe in allerta per impedire il ripetersi della crisi migratoria del 2015 quando quasi un milione di persone, principalmente dal Medio Oriente, varcarono il confine con la Turchia. Tanto che nel marzo 2020, agenti greci hanno anche sparato ai migranti che attraversavano il confine con la Turchia: un atto scioccante su un confine normalmente pacificato, dove non è consuetudine sparare.

E non basta. Perché  la Turchia ha quasi terminato la costruzione di un muro lungo il confine con l’Iran: un muro che, come quello lungo il confine siriano e iracheno, è stato costruito principalmente per prevenire l’arrivo di migranti clandestini e la cui costruzione – più moduli, per una struttura lunga 295 chilometri, dotata di sensori a infrarossi – ha avuto un’accelerazione nelle ultime settimane sul versante iraniano, unica parte non completata, dopo il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan”. 

Scrive su cittanuova.it Bruno Cantamessa: “Una parte di 156 Km del muro turco, alto 3 metri, intervallato da torri di osservazione e accompagnato da una trincea difesa da filo spinato larga 4 metri, era già operativa. Entro la fine dell’annoil Governo turco prevede il completamento di 243 Km del vallo, poco meno della metà dell’intero confine, ovvero le parti che presentano meno ostacoli e asperità naturali. La Turchia ospita già 3,5-3,7 milioni di rifugiati siriani, e per tenerseli riceve dall’Ue alcuni miliardi di Euro (6 stanziati nel 2016 e forse altri 3 fino al 2024). Per gli afghani in arrivo questa prospettiva di “rimborso condizionato” non c’è. Almeno per adesso.

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A ridosso dei confini turchi ci sono altri 4 muri: 2 costruiti da Paesi confinanti (Grecia e Bulgaria) per fermare i profughi che provenissero dal territorio turco e diretti in Europa, e2 costruiti dalla Turchia stessa. Uno è quello di Cipro fra la zona autonoma e quella occupata, e l’altro è quello nel nordest siriano contro gli sconfinamenti veri o presunti del Pkk curdo.

 “The wall”

Più a Sud, nella regione, si trova quello che è diventato ormai the wall” per eccellenza: il muro di 730 Km che separa Israele dai Territori palestinesi della Cisgiordania. Senza contare le altre barriere che circondano le colonie israeliane, sempre più numerose. In Israele c’è, inoltre, il vallo che circonda la Striscia di Gaza (prolungato tramite un blocco marino a 9 miglia dalla costa). Gaza è delimitata a sudovest anche dal muro di 10 Km eretto dall’Egitto per impedire (anche se non troppo efficacemente) l’afflusso di armi alle milizie di Hamas, che controllano la Striscia di Gaza.

Altre due barriere si trovano in Arabia Saudita: quella a Nord si trova al confine con l’Iraq in funzione anti-Isis; la barriera a Sud si trova al confine con lo Yemen, ma il progetto saudita di murare tutti i 1800 Km di confine fra i due Paesi non è stato completato a causa dell’inizio della guerra che dal 2015 oppone una parte degli yemeniti, spalleggiata dai sauditi, e da una coalizione araba, agli Huthi del nord-Yemen.

Un altro muro mediorientale è quello che separa il Kuwait dall’Iraq (190 Km), costruito dopo la prima Guerra del Golfo, che il Kuwait vorrebbe da tempo prolungare di altri 217 Km.

Infine, un’altra grande barriera fortificata (fatta di terra, pietre e fossati, filo spinato, barre d’acciaio e postazioni di controllo) è quella eretta dall’Iran lungo il confine con il Pakistan (700 Km), prosecuzione dell’analoga separazione tra Iran e Afghanistan (900 Km). La funzione di questo muro è soprattutto quella di ostacolare il traffico di oppio ed eroina in uscita dall’Afghanistan, ma anche le infiltrazioni e gli spostamenti di gruppi armati jihadisti”, conclude Cantamessa.

 E tra i muri nel mondo quello tristemente più noto resta quello tra Stati Uniti e Messico. Il confine tra i due Paesi è lungo 3.200 km e il governo americano ha costruito una barriera lungo una parte del percorso per bloccare l’immigrazione dal Messico e da altri paesi dell’America centrale. Le prime barriere sono comparse nel 1991, ma nel 1994 gli Stati Uniti hanno ufficializzato il rafforzamento delle operazioni di sorveglianza e hanno ampliato il muro nel quadro della Operation Guardian.

I numeri del Muro

L’Amministrazione Trump ha realizzato circa 730 chilometri di muro: di cui circa 130 chilometri sono nuove recinzioni che prima non esistevano mentre il resto sono rafforzamenti delle barriere precedentemente esistenti. Un intervento modesto rispetto alla promessa iniziale di Trump che puntava a costruire un “grande muro” lungo 1.600 chilometri. Lo stanziamento in discussione a metà del 2019 era di 5,7 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra che equivale al reddito medio di quasi 100 mila cittadini statunitensi.

Il muro della vergogna

Il muro messicano o muro di Tijuana, è conosciuto anche come muro della vergogna”: il suo obiettivo è quello di rafforzare la barriera transfrontaliera in modo da bloccare il passaggio di migrantiprovenienti da Honduras, Guatemala e altri Paesi dell’America latina.

Per dare un’idea delle dimensioni di cui stiamo parlando: quello fra Messico e Stati Uniti è il confine più trafficato al mondo, con circa 350 milioni di attraversamenti legali ogni anno,  e uno di quelli più sorvegliati. Secondo alcune stime, dal 2005 a oggi gli Stati Uniti hanno speso 132 miliardi di dollari per rafforzarne la sicurezza, aumentandola progressivamente ogni anno (nel 2015 sono stati spesi per questo 3,8 miliardi di dollari). Eppure il confine è così lungo che è praticamente impossibile sorvegliarlo tutto in maniera efficace: misura 3.200 chilometri, più o meno la stessa distanza che c’è fra Lisbona e Varsavia, per dire.

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Nei punti più sensibili del confine esistono già strutture che fanno da barriera, lunghe in totale un migliaio di chilometri. Per circa 560 chilometri sono composte da una semplice recinzione alta 5 metri, mentre per poco meno di 500 chilometri c’è una barriera molto bassa che serve solo a impedire il passaggio dei veicoli. Altri 1.500 chilometri circa sono occupati da ostacoli naturali come montagne e corsi d’acqua. Nonostante questo il governo americano spende ogni anno miliardi di dollari per spese aggiuntive come “sensori, telecamere a visione notturna, radar, elicotteri, droni e spese legali per perseguire quelli che vengono beccati a oltrepassare irregolarmente il confine”, come ha sintetizzato l’Arizona Republic. Il principale ente che si occupa di controllare il confine è la Border Patrol, un’agenzia federale che conta più di 20mila dipendenti – cosa che la rende una delle più grandi del paese – e che occasionalmente viene appoggiata da forze locali.

Nonostante questo spiegamento di forze, centinaia di migliaia di persone provano ogni anno ad attraversare illegalmente la frontiera, perlopiù per migliorare le proprie condizioni di vita: negli Stati Uniti il Pil pro capite è sei volte superiore a quello del Messico, 56mila dollari contro 9mila, e imparagonabile rispetto ai paesi poveri dell’America centrale da cui provengono sempre più migranti.

Questo flusso continuo crea una moltitudine di storie e sofferenze. Anche chi riesce a passare viene praticamente costretto ad attenuare i contatti coi propri familiari, che spesso non rivede per anni o decenni perché tornare indietro sarebbe troppo pericoloso. A volte succede inoltre che quelli che riescono a passare dopo qualche anno vengano scoperti e rimandati indietro; se i loro figli sono nati in America, però, sono americani, e quindi i genitori vengono separati dai figli. Dal 2012, per esempio, l’amministrazione Obama ha smesso di deportare i migranti che sono arrivati negli Stati Uniti da bambini: è stato un provvedimento che ha protetto e cambiato la vita a circa 750mila persone – i cosiddetti dreamers, “sognatori”, dal nome di una delle più famose proposte di legge sull’immigrazione. che però in alcuni casi sono stati separati dalla famiglia perché i propri genitori sono stati scoperti e deportati.

 I muri costruiti a difesa dei confini non sono solo materiali. Inchieste giornalistiche internazionali, come quella pubblicata da Bellingcat e Der Spiegel a ottobre di un anno fa e dal New York Times a novembre dello stesso anno, accusano Frontex di complicità con la Guardia costiera greca nei respingimenti in acque di competenza greca, che mettono in pericolo la vita dei migranti lasciati in mezzo all’Egeo senza essere portati in salvo verso le coste greche. Secondo l’ong norvegese Aegean Boat Report più di 100 mila migranti sono stati respinti verso la Turchia nel 2019. Metodi simili sono stati adottati da Cipro, Malta e dall’Italia, con la collaborazione della Guardia costiera libica. E nel 2021 la situazione è ulteriormente peggiorata. 

Un mondo “murato” è un mondo da abbattere.  

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