Parole toccanti perché solo chi ha vissuto la disperazione e assassinato l’amarezza dell’odio e dell’indifferenza può capire quanto siano importanti i gesti e le parole di chi si impegna per il prossimo.
“Santità, abbiamo avuto delle difficoltà per arrivare qui: sono enormi. Ma grazie a Dio le abbiamo superate. Preghiamo che queste difficoltà mie e di tutti i miei fratelli rifugiati siano superate, per avere, come ho detto prima, un luogo sicuro in Europa per il futuro delle nostre famiglie e soprattutto per i nostri figli che hanno bisogno di una buona istruzione”.
E’ la testimonianza di Christian Tango Mukalya, rifugiato proveniente dal Congo, durante la visita del Papa al campo profughi di Lesbo.
“Ho 30 anni, sono padre di una famiglia con tre bambini piccoli. Due bambini sono con me, l’altro è con la mamma, non hanno avuto la possibilità di raggiungermi in Grecia e di loro non ho più notizie fino ad ora. – ha raccontato il rifugiato al Pontefice- . Santità, mi rivolgo a Lei prima di tutto per ringraziarLa per la sollecitudine paterna e lo spirito di umanità che Lei manifesta a noi, Suoi figli migranti e rifugiati, attualmente a Lesbo, in Grecia, e nel mondo intero. Che Dio La ricompensi al centuplo! Ringrazio nello stesso tempo il governo e il popolo greco per lo spirito umanitario con cui mi hanno accolto conferendomi una pace, un riparo e il necessario per la sussistenza, malgrado qualche difficoltà”.
“Come rifugiato, – ha detto Christian a Bergoglio – Lei lo sa meglio di me, io sono un pellegrino, richiedente asilo alla ricerca di un rifugio sicuro, di pace, della sussistenza della mia famiglia e dell’educazione dei miei due figli, in seguito alla persecuzione e alla minaccia di morte nel mio Paese d’origine”.
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