Monica Matus, esponente di Grupa Granica, alleanza di 14 organizzazioni umanitarie che in Polonia da agosto rispondono alla crisi umanitaria alle frontiere con la Bielorussia, e di cui il Kik “è tra membri più assidui”, ha parlato dell’irruzione che si è registrata nella tarda serata di ieri presso la sede della Klubu Inteligencji Katolickiej (Kik), un’associazione cattolica progressista che si occupa di fornire aiuti ai profughi: “Il blitz di ieri sera della polizia presso la sede dell’associazione che porta assistenza ai migranti è un passo in avanti nell’escalation di atti intimidatori contro i volontari che aiutano i migranti alla frontiera polacca, e per questo abbiamo chiesto le dimissioni del capo della polizia”.
Come continua la volontaria, “erano circa le 23 quando fuori della sede del Kik a Grodek – un punto di aiuto non lontano dalla zona rossa di frontiera – sono arrivati 12 camionette della polizia con a bordo una ventina di agenti con armi d’assalto. Hanno fatto irruzione nel centro e hanno iniziato a perquisire tutte le stanze, poi hanno interrogato i quattro volontari presenti”. Il blitz è terminato alle 5 del mattino: “Nessuno è stato arrestato- chiarisce la volontaria- gli agenti hanno detto ai volontari che li stavano considerando testimoni e non sospettati. Alla fine, sono stati sequestrati due computer e uno smartphone”.
Come ha riferito agli organi di stampa polacchi il presidente del Kik, Jakub Kiersnowski, la polizia non aveva con sé un mandato di perquisizione, un’eventualità che la legge polacca prevede solo in casi “urgenti”, ma che deve comunque essere richiesto in un secondo momento al giudice.
Il portavoce della locale sezione di polizia, Tomasz Krupa, ha spiegato che il blitz è partito in seguito a un’indagine che vedrebbe la Kik sospettata di favoreggiamento dell’immigrazione illegale attraverso le frontiere, un reato punibile da 6 mesi a 8 anni di reclusione.
“Al momento aspettiamo che la polizia ci faccia sapere qualcosa” dichiara ancora Monika Matus, osservando che “la Kik non fa nulla di illegale, dato che il suo lavoro consiste nel dare assistenza umanitaria ai migranti che attraversano il confine dal lato bielorusso: distribuiscono cibo, acqua, vestiti, coperte, telefonini o power bank. Da agosto a novembre, le associazioni della rete di grupa Granica hanno prestato assistenza a oltre 5.400 migranti”. La volontaria denuncia che da quando il governo polacco ha istituito una fascia profonda tre chilometri dal confine, a settembre scorso, né i giornalisti né gli operatori umanitari possono accedere all’area dove confluiscono centinaia di profughi tra cui siriani, iracheni, somali e afghani. “Noi assistiamo i migranti che si trovano nei boschi lungo il confine e si nascondo dalle forze di sicurezza”.
Stando alla volontaria, nonostante il freddo intenso e le condizioni di vita “terribili”, “ci sono tante persone nei boschi che temono di chiedere aiuto per non essere trovati da polizia e militari, che pattugliano l’area di continuo in una sorta di ‘caccia all’uomo’”.
Come ha denunciato Grupa Granica in un recente report, “militari e guardie di frontiera intercettano i migranti all’interno la zona di confine e, senza avviare alcuna procedura legale – che si tratti del decreto di rimpatrio o della concessione della protezione internazionale — costringono i migranti a tornare in Bielorussia”.
Le autorità polacche motivano la militarizzazione del confine con l’esigenza di garantire la sicurezza, accusando il governo della Bielorussia si spingere migliaia di migranti al confine per destabilizzare l’area. Quanto ai profughi, nonostante le denunce delle organizzazioni umanitarie, le forze di sicurezza assicurano di fornire tutto il sostegno umanitario necessario e di accogliere le richieste d’asilo.