Turchia, il Sultano Erdogan brandisce il "colpo di stato permanente" per mascherare il crack economico
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Turchia, il Sultano Erdogan brandisce il "colpo di stato permanente" per mascherare il crack economico

Come Erdogan agita lo spettro del 'colpo di stato' per giustificare la sua politica economica fallimentare

Turchia, il Sultano Erdogan brandisce il "colpo di stato permanente" per mascherare il crack economico
Erdogan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Gennaio 2022 - 14.28


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Non hai più una lira? L’inflazione galoppa come un puledro di razza? Le previsioni per il 2022 sono lugubri? Non c’è problema. Basta agitare lo spettro del colpo di stato permanente. È il “modello Erdogan”.

Crack finanziario

La Banca centrale di Turchia ha venduto 7 miliardi e 28 milioni di dollari in dicembre con immissioni di liquidità nel mercato per tentare di arginare la svalutazione della lira turca. Lo si apprende dai dati forniti dall’Istituto bancario rispetto a 5 interventi effettuati nel mese scorso. Nonostante le misure, la valuta nazionale ha chiuso il 2021 segnando una perdita di quasi metà del proprio valore rispetto al dollaro e anche nella prima settimana del 2022 la lira non ha dato evidenti segni di ripresa.

La svalutazione si era aggravata negli ultimi mesi parallelamente a regolari tagli al proprio tasso di interesse di riferimento (da settembre -500 punti base), ora al 14%, decisi dalla Banca centrale in linea con la visione economica del presidente Recep Tayyip Erdogan. La moneta nazionale debole ha provocato un boom delle esportazioni nel 2021 (oltre $225 miliardi, +32,9% rispetto al 2020) ma anche un diffuso aumento dei prezzi di vari prodotti percepito negativamente dalla popolazione. Gli ultimi dati ufficiali, hanno rilevato un’inflazione del 36% su base annua.

Il governo ha recentemente presentato una riforma per tentare di risollevare la situazione economica garantendo ai cittadini che i depositi in banca di lire turche potranno essere ritirati allo stesso valore del giorno in cui sono stati versati – dopo periodi di 3, 6, 9 o 12 mesi – anche se nel frattempo la valuta nazionale si sarà svalutata. Secondo il provvedimento, sarà il Ministero del Tesoro a pagare agli investitori la differenza.

Secondo la banca d’investimenti statunitense Goldman Sachs, l’inflazione in Turchia supererà il 40% nel corso di quest’anno.

Alle radici di una crisi 

L’esempio di una crisi che ha le sue radici proprio all’interno del sistema economico del Paese sono le fluttuazioni della lira turca che in un anno ha perso il 37 per cento del suo valore rispetto al dollaro Usa, toccando il minimo lo scorso 20 dicembre, quando la divisa turca è stata scambiata a 18,4 per un dollaro, per poi recuperare rapidamente dopo l’annuncio in extremis fatto dallo stesso Erdogan di un piano per garantire i depositi in lire dalle fluttuazioni, giudicato, però, molto controverso e non risolutivo. Infatti, a pesare sulla situazione economica turca, secondo gli analisti, è la visione non ortodossa del presidente Erdogan avversa alla politica di aumento dei tassi di interesse e che ha portato alla continua erosione dell’indipendenza della Banca centrale, costretta a una politica di bassi tassi di interesse nonostante un’inflazione galoppante. Ciò è dimostrato dal cambio di ben quattro governatori in soli tre anni, con l’ex governatore della Banca centrale Naci Agbal licenziato dopo soli quattro mesi dall’inizio del suo incarico lo scorso marzo 2020, due giorni dopo aver aumentato i tassi di interesse di 2 punti percentuali. Il suo successore, Sahap Kavcioglu, ha debitamente tagliato il tasso di riferimento di 500 punti base da settembre, nonostante le diffuse critiche degli investitori, procedendo a tagli per altri tre mesi consecutivi. Erdogan ha affermato che le sue politiche mirano a rilanciare la produzione e le esportazioni, riducendo l’influenza dei mercati internazionali sulla politica monetaria turca. Sull’onda del recupero della lira turca grazie agli annunci relativi alla garanzia sui depositi, dopo il tonfo del 20 dicembre, lo scorso 28 dicembre, il presidente turco ha dichiarato che l’obiettivo è portare il Paese tra le prime dieci economie del mondo. Tuttavia, secondo gli analisti, il nuovo maccanismo per proteggere la lira turca dalle fluttuazioni non avrebbe molto futuro nel lungo periodo. Il sistema consiste infatti in una garanzia esentasse sostenuta dal Tesoro sui depositi in lire che secondo gli analisti rappresenta un aumento dei tassi mascherato. Come affermato in una nota del ministero delle Finanze turco, il nuovo deposito a tempo protetto consentirà ai cittadini “di non essere vittime della volatilità dei tassi di cambio”. Nel nuovo sistema l’interesse da maturare sui conti di deposito vincolato in lire di persone fisiche sarà confrontato con il tasso di cambio alle date di apertura e scadenza del conto e il conto sarà aggiustato al tasso più alto. Nessuna ritenuta d’acconto verrà applicata a questo prodotto di deposito, si legge nella nota. Per i calcoli sui cambi, la Banca centrale della Repubblica di Turchia pubblicherà il tasso di acquisto di un dollaro alle 11:00 di ogni giorno. Nel caso in cui la variazione del tasso di cambio rimanga al di sopra del tasso di interesse alla fine della data di scadenza, la differenza che potrebbe verificarsi si rifletterà sul conto del cliente in lire turche. I conti possono essere aperti con scadenze di 3, 6, 9 e 12 mesi e verrà applicato il tasso di interesse minimo su quello applicato dalla Banca centrale di Turchia. Secondo il ministero delle Finanze, qualsiasi banca potrà aderire al sistema.

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Lo scorso 29 dicembre, la Banca centrale turca ha diffuso un documento nel quale afferma che darà la priorità alla promozione dei depositi in lire nel 2022 e si atterrà a un obiettivo di inflazione a medio termine del 5 per cento, anche se il tasso di aumento dei prezzi al consumo supera il 20 per cento. Come sottolinea Bloomberg News, gli analisti hanno respinto le ultime indicazioni della Banca centrale, che vanno contro il pensiero economico tradizionale, definendole impraticabili, e hanno affermato che misure non ortodosse per aumentare la domanda di lire non possono offrire altro che un sollievo temporaneo. “Il tentativo della Turchia di abbassare l’inflazione da oltre il 20 per cento al 5 per cento mentre taglia in modo aggressivo i tassi di interesse è destinato a fallire”, ha dichiarato Per Hammarlund, il capo stratega dei mercati emergenti presso Skandinaviska Enskilda Banken AB a Stoccolma. La fissazione da parte della Banca centrale di un ambizioso obiettivo di inflazione è diventato un rito annuale in Turchia, anche se da anni non viene raggiunto e con le previsioni che danno l’inflazione in aumento al 27 per cento nei prossimi mesi, difficilmente verranno raggiunte. “È necessario disporre di una base per combattere l’inflazione per esprimere questo obiettivo in modo realistico”, ha affermato in una nota Enver Erkan, economista della Tera Yatirim di Istanbul. “Sarà difficile ridurre l’inflazione a una cifra fino al 2024, a meno che non ci siano importanti sviluppi disinflazionistici nelle dinamiche attuali”. La Banca centrale ha affermato che mira anche nel 2022 a ricostituire le riserve di valuta estera esaurite dal declino della lira. Le riserve nette internazionali sono diminuite di circa 9 miliardi di dollari nella settimana terminata il 17 dicembre, il più grande calo settimanale almeno dal 2002.

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Annota su Tempi Rodolfo Casadei: “Che a causa della crisi economica e finanziaria che infuria in Turchia le cose per Erdogan si siano messe male per quanto riguarda il consenso interno e le possibilità di restare in sella dopo il 2023, si capisce da una cosa: i suoi frenetici e apparentemente schizofrenici tentativi di riallacciare i rapporti con gli Stati vicini coi quali è entrato in conflitto e di avviare una fase di distensione regionale. Negli ultimi due mesi il presidente turco ha offerto il ramo d’ulivo ad Armenia, Egitto, Emirati Arabi Uniti (Eau), Israele e Libia di Haftar. Paesi e forze con le quali Ankara è entrata in rotta di collisione in forza della politica neo-ottomana dei governi dell’Akp e del suo presidente. Fino ad oggi solo l’Armenia e in parte gli Emirati hanno risposto positivamente alle profferte del rais”.

Il miracolo economico delle politiche espansive di Erdogan iniziate nel 2002 quando il pil pro capite era di soli 3.688 dollari, è finito nel 2013 quando lo stesso ha toccato i 12.614 dollari; dopo di allora la flessione è stata costante fino a scendere a 8.538 dollari all’inizio del 2021. Nel frattempo l’inflazione si è impennata toccando alla fine del dicembre 2021 il livello più alto da quando l’Akp è salito al potere nel 2002: 36 per cento. Secondo analisti della banca HSBC arriverà al 42 per cento fra aprile e maggio. Nel solo 2021 la lira turca ha perso il 45 per cento del suo valore rispetto al dollaro.

A meno di un cambio di passo, il futuro economico della Turchia resta dunque particolarmente difficile. In un editoriale sulla situazione economica turca sul The Wall Street Journal, il presidente del Middle East Forum, Daniel Pipes, ha sottolineato che la convinzione di Erdogan sui tassi di interesse ha implicazioni terribili per la Turchia. Secondo l’analista, nel Paese sta montando il malcontento tra la popolazione che vede continuamente eroso il proprio potere d’acquisto, con le fasce più vulnerabili costrette alla fame. Il governo intanto afferma che i turchi stanno vendendo dollari e altre valute estere per investire nel nuovo meccanismo. Lo scorso 27 dicembre, il ministro del Tesoro e delle Finanze, Nureddin Nebati, ha dichiarato che i depositi in lire turche sono aumentati di 23,8 miliardi di lire dall’introduzione del regime, ma ha negato le affermazioni di alcuni economisti e commentatori secondo cui il grande recupero della lira della scorsa settimana sia stato stimolato dalle vendite di dollari da parte della Banca centrale, almeno 13,5 miliardi, secondo un calcolo del quotidiano turco di opposizione Ahval.

Le incertezze sul futuro dell’economia turca stanno alimentando forti tensioni all’interno del Paese dove sta divenendo rischioso esprimere critiche alla politica economica adottata dal governo. Nei giorni scorsi, l’autorità di regolamentazione bancaria della Turchia ha dichiarato di aver avviato procedimenti legali contro più di 20 persone, tra cui ex governatori della Banca centrale, un economista e diversi giornalisti, per aver rilasciato dichiarazioni sui media che potrebbero screditare o danneggiare la reputazione dell’Istituto di credito centrale. Tra le persone sottoposte a procedimenti legali, figura anche l’ex governatore della Banca centrale Durmus Yilmaz, parlamentare del Partito buono – all’opposizione dal 2018 – e l’economista Guldem Atabay, che scrive per il sito di notizie Paraanaliz.

Manovre libiche

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La Turchia apre al dialogo con l’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar, e con il presidente del Parlamento con sede a Tobruk, Aqila Saleh. A rivelarlo è stato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, che ha però specificato che la possibilità di una visita ufficiale si è al momento risolta in un nulla di fatto, perché il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rifiutato di incontrare Haftar.

“Saleh ha annullato un invito ad Ankara, mentre Haftar ha chiesto di venire e parlare con il presidente che però ha opposto un diniego alla richiesta, proponendo un incontro con il vicepresidente Fuat Oktay e con il sottoscritto. Haftar può venire in Turchia, ma alle nostre condizioni”, ha detto Cavusoglu.

“Sosteniamo da sempre e lavoriamo al fianco del legittimo governo libico e vogliamo una soluzione inclusiva”, ha proseguito il ministro, “tra noi e la Libia esiste un legame che affonda le radici nella storia e non possiamo permetterci, come Turchia, di fare distinzioni tra est e ovest del Paese”.

Cavusoglu ha poi annunciato una visita nell’Est del Paese da parte dell’ambasciatore turco Kenan Yilmaz, che presto potrebbe tornare nella sede di Tripoli che potrà essere riaperta “se le condizioni lo permetteranno”. 

Tecnica del “depistaggio”.

Un passo indietro nel tempo. Quattro dicembre 2021. Battono le agenzie: L’intelligence turca ha sventato un attentato esplosivo a Recep Tayyip Erdogan nella città di Siirt, nel Sud Est del Paese, dove il presidente turco sta tenendo un comizio. Lo riferiscono i media turchi. La bomba, a quanto si apprende, era stata piazzata sotto una delle automobili della polizia assegnate come scorta ed è stata scoperta e disinnescata dagli artificieri poco prima che Erdogan salisse sul palco. La polizia scientifica turca sta cercando di rilevare impronte digitali e altri elementi che possano condurre all’identità degli attentatori. 

“Volevano portare il caos”. Questo il primo commento del partito Akp al governo in Turchia, dopo che una carica di esplosivo piazzato sotto una macchina della scorta del presidente Recep Erdogan è stata scoperta nella città di Sirte, dove erano in programma dei comizi oggi.

L’episodio è stato commentato dal vice segretario del partito Akp di Erdogan, Hamza Dag, che alla Cnn Turk ha dichiarato che si è trattato di “un tentativo di sabotaggio”, architettato per “colpire un ambiente sereno e portare il caos nel Paese”.

La scoperta dell’esplosivo è stata fatta da due poliziotti appena prima che il corteo di auto partisse con il leader turco, tuttavia è difficile dire che l’esplosivo avrebbe potuto colpire direttamente Erdogan, considerando che la carica era piazzata sotto una delle automobili della polizia che accompagnano la scorta presidenziale. Sul posto sono immediatamente intervenuti gli artificieri, prima che la scientifica intervenisse per raccogliere le impronte digitali.

Anche questo è colpo di stato permanente modello Erdogan.

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