Ben 125 collaboratori della Chiesa cattolica in Germania hanno fatto coming out, dichiarando di non essere eterosessuali e denunciando le discriminazioni di cui le persone lgbtq+ sono oggetto.
Si tratta di sacerdoti, insegnanti, impiegati in servizio o in pensione che hanno aderito all’iniziativa #OutInChurch “per una Chiesa senza paura”.
“Facciamo oggi, insieme, il passo per uscire dall’ombra”, scrive, in una dichiarazione tradotta in italiano dal Global Network of Rainbow Catholics, questo gruppo di cattolici tedeschi che si identificano, tra l’altro, “come lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer e persone non binarie”.
Nei mesi scorsi un pronunciamento della congregazione per la Dottrina della fede che ribadiva il divieto di benedire in chiesa coppie omosessuali, in risposta (“responsum”) ad una domanda proveniente proprio dalla Germania, aveva provocato vivaci proteste attraverso la cattolicità tedesca ed aperte manifestazioni di disobbedienza ecclesiale.
“Lo facciamo – prosegue la nota – per noi stessi e lo facciamo in solidarietà con altre persone LGBTIQ+ all`interno della Chiesa Cattolica, che non hanno (ancora) o non hanno più la forza di farlo. Lo facciamo in solidarietà con tutte le persone che sono esposte a stereotipi ed emarginazione attraverso sessismo, rifiuto, antisemitismo, razzismo e tutte le altre forme di discriminazione. Ma lo facciamo anche per la chiesa. Perché siamo convinti che solo l’azione nella verità e nell’onestà rende giustizia a ciò per cui la chiesa dovrebbe esistere: la proclamazione del messaggio gioioso e liberante di Gesù. Una chiesa che ha al suo centro la discriminazione e l’esclusione delle minoranze sessuali e di genere deve accettare che le si chieda se, nel farlo, può fare riferimento a Gesù Cristo”.
“La maggior parte di noi ha potuto sperimentare con frequenza la discriminazione e l’emarginazione – anche all’interno della Chiesa. Da parte del magistero della Chiesa si sostiene, tra l’altro, che noi ‘non siamo in grado di costruire relazioni corrette’ con altre persone, che a causa delle nostre ‘tendenze oggettivamente disordinate’ veniamo meno alla nostra natura umana e che le relazioni omosessuali ‘non possono essere riconosciute come facenti parte dei piani rivelati di Dio’.
Alla luce delle conoscenze provenienti dalle scienze teologiche e dalle scienze umane, affermazioni di questo tipo non sono più accettabili o discutibili. Attraverso di esse si diffamano l’amore, l’orientamento, il genere e la sessualità queer e si priva di valore la nostra personalità”.
“Una discriminazione come questa rappresenta un tradimento del Vangelo ed è contraria alla missone evangelica della Chiesa, che consiste nell`essere ‘segno e strumento per la più intima unione con Dio come per l`unità dell`umanità intera’”.
“Di fronte a queste condizioni, non vogliamo più tacere. Esigiamo che si correggano le dichiarazioni dottrinali anti-umanitarie – anche in considerazione della responsabilità che la Chiesa riveste, a livello mondiale per i diritti umani delle persone LGBTIQ+. Ed esigiamo un cambiamento del diritto del lavoro discriminatorio vigente in ambito ecclesiastico, comprese tutte le formulazioni denigratorie ed escludenti nell’ordinamento di base del ministero ecclesiastico”.
“Fino ad ora, infatti, molti di noi non sono stati in grado di affrontare apertamente la questione della loro identità di genere e/o del loro orientamento sessuale nella professione o ambiente ecclesiastico in cui operano. C’è il rischio di conseguenze in materia di diritto del lavoro, fino ad arrivare alla distruzione della propria esistenza professionale. Alcune persone tra noi conoscono situazioni in cui vescovi, vicari generali o altre persone con ruoli direttivi le hanno costrette a tenere segreto il loro orientamento sessuale e/o la loro identità di genere.
Soltanto a questa condizione è stato loro concesso di rimanere in servizio nella Chiesa. In questo modo si è stabilito un sistema basato sul silenzio, sulla doppia morale e sulla mancanza di sincerità. Tutto ciò produce gran quantità di effetti tossici, induce vergogna e fa ammalare; può influenzare negativamente la relazione personale con Dio e la spiritualità personale”.
“Nella Chiesa, tutti, in particolare i Vescovi nella loro funzione di guide, hanno la responsabilità di creare una cultura della diversità, in modo tale da consentire alle persone LGBTIQ+ di vivere alla luce del sole, senza paura, il loro lavoro e la loro vocazione all`interno della Chiesa, sentendosi riconosciute ed apprezzate”.
“L’orientamento sessuale o l`identità di genere, come pure l`affermazione di essi ed il dare inizio a un rapporto di convivenza o matrimonio non eterosessuale, non possono mai equivalere a una contravvenzione a un principio di lealtà o essere motivo per un licenziamento. Le persone LGBTIQ+ devono ottenere un accesso libero a tutti i compiti pastorali.
Inoltre, la Chiesa, nei suoi riti e occasioni solenni, ha il dovere di esprimere che le persone LGBTIQ+, sia che vivano da sole o in una relazione, sono benedette da Dio e che il loro amore porta una varietà di frutti. Di questo dovere fa parte anche benedire coppie omosessuali che di tale benedizione facciano richiesta”.