Svezia e Finlandia: i curdi rischiano di essere dati in pasto a Erdogan nel nome della Nato
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Svezia e Finlandia: i curdi rischiano di essere dati in pasto a Erdogan nel nome della Nato

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, per togliere il veto all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, chiede l'estradizione di diversi cittadini curdi, considerati terroristi da Ankara

Svezia e Finlandia: i curdi rischiano di essere dati in pasto a Erdogan nel nome della Nato
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30 Maggio 2022 - 15.58


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Il percorso di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia non è affatto semplice: l’ostacolo più importante resta il veto della Turchia, col presidente Erdogan, che in cambio di un ok continua a chiedere una nuova stretta contro le formazioni curde legate al PKK. Dai due paesi, Erdogan esige in primo luogo l’estradizione di una serie di cittadini di etnia curda: Ankara li considera terroristi, ma quasi tutti hanno status di rifugiati e una di loro – la curdo iraniana Amineh Kakabaveh – che ad appena 13 anni si unì ai guerriglieri della Komala, prima di rifugiarsi in Svezia – dal 2008 a Stoccolma siede perfino in parlamento.

Intanto, in un incontro col Ministro degli Esteri finlandese, Pekka Haavisto il segretario di stato americano Antony Blinken ha espresso pieno sostegno al processo di adesione di entrambi i paesi. “La Finlandia e la Svezia – ha detto Blinken – stanno lavorando direttamente con la Turchia per affrontare alcune delle preoccupazioni che questa ha sollevato. Anche noi stiamo parlando con la Turchia. Ho visto il ministro degli Esteri turco a New York una settimana fa e i colloqui continuano. Non voglio dettagliare queste conversazioni se non per dire che, in primo luogo, c’è un consenso molto forte nella NATO per l’ammissione di Finlandia e Svezia, e resto fiducioso che lavoreremo rapidamente e che le cose andranno avanti con entrambi i Paesi”.

Tra le numerose richieste della Turchia, in questo difficile rompicapo negoziale, c’è poi l’immediata cessazione dei finanziamenti verso le “formazioni armate del terrorismo curdo”: il riferimento è ai combattenti curdo-siriani del Pyd, ai quali parecchi stati europei inviarono armi tra il 2014 e il 2017, quando i curdi erano di fatto divenuti “fanteria di terra dell’occidente” contro lo Stato Islamico in Siria.

Una simpatia, quella tra i curdo siriani e l’occidente, che Erdogan non ha mai digerito: dopo l’offensiva militare sui “cantoni” di Afrin e nell’area di Hasakah e Serekanye/Ras-al-Ayn (parte dell’enclave curdo-siriana del Rojava) da settimane i jet di Ankara stanno bombardando anche la zona di Kobane, proprio dove la lunga battaglia con l’Isis ebbe inizio.

Rivolgendosi a Erdogan, la premier svedese Magdalena Andersson (il cui paese negli anni 80 fu tra i primi in Europa a includere il Pkk tra le sigle terroriste) si è mostrata per ora ferma circa la volontà di non considerare terroristi i cittadini curdi a cui in passato Stoccolma ha concesso asilo, né tantomeno i curdo siriani del Rojava, ribadendo come la Svezia “non ha finanziato alcun gruppo terrorista armato”.

Ma il sospetto è che Ankara non voglia mollare la presa, e intenda usare il suo vantaggio negoziale per ottenere l’ok a una nuova incursione in Siria.

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