Una testimonianza diretta di una tragedia umanitaria che si sta consumando nell’Ucraina in guerra. E’ quella di Afshan Khan, Direttore regionale dell’Unicef per l’Europa e l’Asia centrale.
La sofferenza è di casa nella martoriata Ucraina
Racconta Khan: “Ho trascorso la scorsa settimana in Ucraina, incontrando i bambini e le famiglie colpite dalla guerra, vedendo l’importante risposta umanitaria dell’Unicef e incontrando le autorità, i colleghi delle Nazioni Unite e le organizzazioni partner.
Ho potuto visitare Kiev, Irpin, Bucha, Zhytomyr e Leopoli e il tempo trascorso nel Paese mi ha fornito una chiara visione dell’enorme impatto che la guerra in Ucraina continua ad avere sui bambini, sia all’interno che all’esterno del Paese, sia nella regione che in tutto il mondo.
I numeri sono sconcertanti e vanno ripetuti. Quasi due terzi dei bambini ucraini sono sfollati – sia quelli sfollati all’interno del Paese sia quelli che sono fuggiti oltre confine come rifugiati. Bambini costretti a lasciare case, amici, giocattoli e oggetti cari, membri della famiglia e ad affrontare l’incertezza sul futuro. Questa instabilità sta privando i bambini del loro futuro: i traumi e la paura possono avere un impatto duraturo sulla salute fisica e mentale dei bambini.
Secondo gli ultimi dati forniti dai colleghi dell’Ohchr, 277 bambini sono stati uccisi e altri 456 sono rimasti feriti, soprattutto a causa dell’uso di esplosivi in aree urbane edificate. L’uso di armi esplosive in aree popolate e gli attacchi alle infrastrutture civili devono cessare. Ciò uccide e mutila i bambini e impedisce loro di tornare a una vita normale nelle città che li ospitano.
Almeno 256 attacchi a strutture sanitarie e una su sei delle “scuole sicure” sostenute dall’Unicef nella parte orientale del Paese sono state danneggiate o distrutte.
Siamo sempre più preoccupati per la situazione dell’accesso all’acqua potabile: almeno 1,4 milioni di persone nella parte orientale del Paese non hanno accesso all’acqua corrente.
Come dimostrano questi numeri, la guerra in Ucraina è una crisi dei diritti dell’infanzia e l’Unicef sta lavorando per sostenere i bambini e le famiglie ovunque si trovino nel Paese. Il ruolo fondamentale dell’Unicef in Ucraina si riflette nell’accordo recentemente raggiunto con il Governo per estendere il programma dell’Unicef nel paese fino alla fine del 2023, come parte del quadro di transizione delle Nazioni Unite.
Dopo oltre tre mesi e mezzo di guerra, l’Unicef e i suoi partner stanno facendo un bilancio della risposta umanitaria finora fornita e stanno indirizzando gli sforzi del prossimo periodo verso le aree più bisognose. Siamo presenti in Ucraina dal 1997 e siamo rimasti durante l’escalation del conflitto per fornire sostegno e proteggere la vita di bambini e famiglie. Ad oggi, l’Unicef ha raggiunto oltre 2 milioni di persone con forniture sanitarie e accesso all’acqua potabile. Più di 600.000 bambini e persone che se ne prendono cura hanno ricevuto sostegno psicosociale e per la salute mentale e più di 180.000 bambini sono stati coinvolti in attività di apprendimento formale e comunitario.
Abbiamo partner su entrambi i lati delle linee di contatto che lavorano per raggiungere i bambini con informazioni fondamentali e forniture e servizi salvavita. Abbiamo attivato le missioni di risposta rapida nella parte orientale del Paese, più vicina ai combattimenti, e di conseguenza abbiamo assistito le famiglie in oltre 100 rifugi vicino alle linee del fronte e in luoghi difficili da raggiungere. Tuttavia, nonostante gli intensi sforzi per garantire un accesso umanitario sicuro, rapido e senza ostacoli, permangono sfide significative nelle aree più colpite del Paese e continuiamo a chiedere un accesso sicuro e senza ostacoli per raggiungere i bambini ovunque si trovino.
Nelle zone centrali e occidentali del Paese, dove la situazione è attualmente più stabile, forniamo sostegno e rafforziamo i servizi già presenti. Un esempio sono gli Spilno (Insieme) Child Spots, luoghi in cui i genitori e i loro figli possono accedere a servizi di supporto, tra cui terapie e sostegno psicosociale, ottenere aiuti e informazioni e avere la possibilità di far giocare i propri figli in modo sicuro e normale, mentre siedono con altri genitori, ottenendo un breve sollievo e un sostegno guidato tra coetanei. Ho potuto constatare quanto sia fondamentale questo sostegno in un centro Spilno a Bucha, dove il personale ha stimato che la metà dei bambini presenti aveva bisogno di un qualche tipo di supporto psicosociale.
A Irpin ho visitato due scuole danneggiate dai combattimenti, mettendo a rischio l’istruzione di quasi 2.000 bambini quando a settembre inizierà il nuovo anno scolastico. Anche se non disponiamo di dati verificati sul numero di scuole danneggiate nel Paese, è probabile che la cifra sia dell’ordine delle migliaia. La riparazione delle scuole è una priorità per l’Unicef e per il governo, in modo che i bambini possano tornare a imparare in sicurezza a settembre.
Grazie al generoso sostegno di governi, aziende e privati possiamo continuare questo lavoro in tutto il Paese e nella regione, compresi i trasferimenti umanitari in denaro alle famiglie più vulnerabili.
In definitiva, per quanto questo lavoro sia importante, i bambini hanno bisogno di pace.
L’Unicef continua a chiedere un cessate il fuoco immediato in Ucraina e a proteggere tutti i bambini dalle violenze. Ogni giorno che questa guerra continua, aumenta l’impatto devastante e di lunga durata sui bambini, in Ucraina, nella regione e in tutto il mondo”.
Una richiesta che resta inascoltata.
Un esempio da seguire. Un impegno da sostenere.
A poco più di 100 giorni dall’inizio del conflitto e in due mesi di attività i due blue dots – spazi sicuri dedicati a donne, bambini e persone con esigenze specifiche, aperti in Friuli Venezia Giulia da Unhcr e Unicef in partnership con Arci, D.i.Re, Save the Children e Stella Polare, hanno già raggiunto 2600 persone.
Dall’inizio del conflitto, lo scorso 24 febbraio, sono arrivati in Italia oltre 130.000 rifugiati dall’Ucraina il 50% sono donne, oltre il 30% bambini e adolescenti, visibilmente colpiti dal conflitto e dalla fuga. Per rispondere ai bisogni più urgenti di minorenni, donne, famiglie e altre persone con esigenze specifiche in arrivo, l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, e l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, in partnership con Arci, D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), Save the Children e l’associazione Stella Polare, hanno attivato due centri di supporto blue dots ad aprile.
Sia durante il viaggio che una volta in Italia, le persone costrette alla fuga sono particolarmente vulnerabili, hanno innumerevoli bisogni e sono esposte al rischio di abusi e violenza di genere. Tra le sfide, l’accesso ai servizi quali salute e educazione, oltre all’orientamento nel Paese d’accoglienza. Attraverso il coinvolgimento di operatori/trici sociali, psicologi, operatori/trici legali, e mediatori/trici linguistico-culturali, i blue dots si presentano come spazi sicuri e luoghi di ristoro per l’individuazione, l’assistenza e l’invio di minorenni a rischio – inclusi i minori stranieri non accompagnati – e di persone con bisogni specifici ai servizi sul territorio; primo supporto psico-sociale; e consulenza legale di base.
Oltre 2600 le persone raggiunte, di cui circa la metà sono bambini e adolescenti. Tra gli adulti, l’80% sono donne, il 20% uomini.
– oltre 800 minorenni hanno avuto accesso al child-friendly space;
– circa 1000 hanno avuto accesso a informative su servizi legali, servizi educativi, servizi di supporto psicosociale.
In tanti hanno inoltre ricevuto beni essenziali e materiali ricreativi (tra cui mascherine e igienizzanti, pannolini e alimenti per bambini).
L’Unhcr e L’Unicef in partnership con Arci, D.i.Re, Save the Children e Stella Polare continueranno l’attività congiunta nei blue dot a favore della popolazione in fuga, in risposta a bisogni emergenti.
“Fornire un’assistenza adeguata e tempestiva ai rifugiati, in particolare alle persone con esigenze specifiche, non solo è essenziale per il loro benessere immediato, ma favorisce anche le opportunità che avranno di integrarsi in Italia”, afferma Chiara Cardoletti, Rappresentante Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino.” Siamo felici di poter garantire attraverso i blue dot uno spazio sicuro, una garanzia che dovrebbe essere estesa a tutte le persone in fuga”.
“Nei blue dot entriamo ogni giorno in contatto con bambine, bambini, ragazze e donne visibilmente segnati del conflitto. La presenza al confine a supporto delle autorità e il coordinamento con i partner, ci permettono di intervenire tempestivamente per l’identificazione e l’assistenza di minorenni e donne a rischio e di fornire risposte concrete ai bisogni specifici”, le fa eco Anna Riatti, Coordinatrice programma Unicef in Italia, Ufficio per l’Europa e l’Asia Centrale.
“Dopo oltre 100 giorni di guerra, la condizione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti dell’Ucraina è sempre più critica. È necessario assicurare – per i profughi dell’emergenza Ucraina così come per tutte le persone in fuga dai tanti scenari di crisi e conflitto – un’accoglienza adeguata sin dal momento dell’arrivo in Italia. La collaborazione attivata alle frontiere tra le agenzie internazionali, le ong e le istituzioni rappresenta una buona prassi da rafforzare e diffondere per costruire una rete permanente di protezione vicina a tutte le persone costrette ad abbandonare il loro Paese per chiedere asilo”, sottolinea Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
“La presenza di D.i.Re – con operatrici e mediatrici culturali esperte – ha portato anche ai valichi di frontiera friulani il nostro approccio al contrasto alla violenza di genere, attraverso il sostegno alle donne rifugiate che devono lasciare il loro Paese a causa di questa ultima e vicina guerra. I centri antiviolenza sono aperti a tutte le donne e da anni stiamo lavorando per perfezionare l’accoglienza delle donne rifugiate e richiedenti asilo, anche attraverso la formazione specifica di nuove mediatrici culturali”, dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza.
“Aprire degli spazi prossimi alle frontiere ha rappresentato per Arci un’importante opportunità. I Blue Dots ambiscono a dare spazio e tempo alle esigenze specifiche di famiglie in fuga dai conflitti. Luoghi per iniziare a informare e orientare, a dare risposte alle domande più impellenti delle persone in cerca di protezione in Italia, senza distinzioni né discriminazioni”, annota Valentina Itri, Coordinatrice dell’Ufficio immigrazione, diritto d’asilo e lotta contro il razzismo di Arci nazionale.
Violenza di genere
Da un report di Oim, Unhcr e Unicef: “Dall’inizio dell’emergenza a inizi giugno, quasi 7 milioni di persone sono fuggite dall’Ucraina e oltre 7 milioni di persone sono sfollate all’interno del paese.1 Una persona ucraina sfollata su due è una donna, che, durante il viaggio, ha spesso la responsabilità di proteggere e cercare rifugio e protezione per i/le bambini/e e le persone anziane che viaggiano con lei. Oltre 127 mila persone sono arrivate in Italia, delle quali oltre il 50% sono donne e oltre il 30% minori.
Durante i conflitti, gli sfollamenti e durante il processo di ritorno nei paesi di origine, le donne, le adolescenti, le bambine e le ragazze sono particolarmente a rischio, a causa del loro genere: la violenza sessuale, lo sfruttamento e l’abuso sessuale, la violenza domestica, la tratta e molte altre forme di violenza di genere sono realtà ben documentate, sebbene siano condannate da numerose risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e considerate come una delle più gravi violazioni del diritto internazionale umanitario.3 Sebbene queste raccomandazioni si concentrino specificamente su donne e ragazze, è importante sottolineare che anche le persone LGBTIQ+ sono fortemente esposte ad un crescente rischio di stigmatizzazione, molestie e violenze durante conflitti, situazioni di sfollamento e di accesso all’assistenza umanitaria. Infine, anche i ragazzi e gli uomini, durante i conflitti e gli sfollamenti, subiscono violenze sessuali ed affrontano barriere e stigma.
Il conflitto in corso in Ucraina e il conseguente movimento di persone, in fuga verso i Paesi limitrofi e verso l’Italia, comportano rischi immediati di violenza di genere per le donne e le ragazze. Appare pertanto fondamentale che le Autorità nazionali riescano ad adattare la loro risposta in modo da garantire che i servizi e i meccanismi di protezione siano implementati e monitorati, per mitigare i rischi di violenza di genere e rispondere alle esigenze delle persone sopravvissute, in linea con gli standard e gli obblighi internazionali e nazionali”. La solidarietà si declina al femminile.