Libia, il caos armato alle porte di casa: ma a Roma non se ne curano
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Libia, il caos armato alle porte di casa: ma a Roma non se ne curano

Continua a salire il numero delle persone rimaste uccise negli scontri scoppiati a Tripoli: secondo fonti ospedaliere e del servizio ambulanze, sono almeno 13 i morti, tra cui un bambino di 12 anni, e 30 i feriti.

Libia, il caos armato alle porte di casa: ma a Roma non se ne curano
Scontri in Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Luglio 2022 - 14.45


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La Libia era il cuore della politica estera italiana. Poi il silenzio. Imbarazzante. Perché la Libia è un Paese tutt’altro che pacificato. A regnare è sempre il caos armato. A un passo da casa nostra. Le continue missioni di Conte, nelle sue versioni di primo ministro 1 e 2, le entusiastiche esternazioni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che favoleggiava di “cabine di regia” internazionali sulla Libia con al centro l’Italia. Sembra passata una eternità, ma non è così. Come sono ancora freschi i viaggi a Tripoli di Mario Draghi, di vertici bilaterali tutti venduti come importanti, cruciali. Questa la narrazione veicolata dalla stampa mainstream. Perché la realtà è di tutt’altro segno

Caos libico.

La cronaca: ancora violenze in Libia negli scontri più gravi degli ultimi due anni tra le milizie nella capitale libica, dove sono vittime anche i civili. Sullo sfondo la crescente tensione politica provocata dalla “diarchia” Dbeibah-Bashagha culminata con l’assalto al parlamento di Tobruk del 2 luglio scorso.

E ancora: continua a salire il numero delle persone rimaste uccise negli scontri scoppiati a Tripoli: secondo fonti ospedaliere e del servizio ambulanze, sono almeno 13 i morti, tra cui un bambino di 12 anni, e 30 i feriti. I combattimenti tra la Forza speciale di deterrenza (Sdf/Rada), guidata da Abdelrauf Kara, e le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli, guidate da Ayoub Aburas, hanno interessato diverse zone nel sud-est della capitale, tra cui Ain Zara, una delle più densamente popolate. Le violenze hanno portato anche alla sospensione del traffico aereo nello scalo di Mitiga. I media libici hanno riferito di un possibile accordo di cessate il fuoco raggiunto con i due gruppi armati dopo un incontro tra il premier Dbeibah, il presidente del Consiglio presidenziale Menfi, e il capo di Stato maggiore Haddad. 

“Anche se certo la situazione di instabilità non aiuta, il clima di tensione rende tutti nervosi”, ammettono le fonti, in un riferimento alle accuse dei giorni scorsi a Dbeibah per l’accordo con il generale Khaliha Haftar che ha portato alla rimozione del presidente della Noc Mustafa Sanalla e alle voci su un possibile rimpasto di governo. Gli scontri nei pressi dell’aeroporto Mitiga – che hanno portato alla sospensione dei voli – sono scoppiati dopo che la Guardia presidenziale “ha rapito” un membro della Rada, molto vicino al capo della milizia, per rappresaglia all’arresto di un suo uomo. Le fonti sottolineano la differenza sostanziale tra i due gruppi, con la seconda “considerata più ideologica che criminale, interessata alla purezza dello Stato più che ai soldi, che interviene quando è minacciata, ma non per destabilizzare l’esistente”, come invece nel caso degli uomini di Abu Ras. 

Il premier del governo di unità nazionale Abdull Hamid Dbeibah ha annunciato la sospensione del ministro dell’Interno Khaled Mazen, sottoposto a indagine, la nomina al suo posto ad interim del ministro per gli Affari locali Badr Eddine Toumi e il siluramento anche dello stesso Abu Ras, mentre è stato concordato un cessate il fuoco tra le due milizie. “Si va verso una ricomposizione, anche se non facilissima, perché gli scontri sono stati veramente molto pesanti, è stata utilizzata l’artiglieria e colpi sono caduti su zone densamente popolate – hanno raccontato fonti libiche all’Adnkronos – Una cosa così grave non succedeva da anni, ma ci aspettiamo che domani la situazione vada meglio”. La lettura che a Tripoli si dà dall’accaduto è di uno scontro di potere tra due milizie rivali più che di uno scontro politico tra le fazioni che si richiamano a Dbeibah e al governo non riconosciuto di Fatih Bashagha. Uno scontro che, per quanto pesante, non dovrebbe sfociare in un conflitto aperto, al quale nessuno continua a sembrare interessato, a cominciare dagli “sponsor” dell’una e dell’altra parte, Turchia e Russia. 

“Profonda preoccupazione” per gli scontri avvenuti a Tripoli è stata espressa dall’Unsmil, la missione delle Nazioni Unite in Libia, che ha chiesto “un’indagine” sull’accaduto e “giustizia” per le vittime. “Qualsiasi azione che metta in pericolo la vita dei civili è inaccettabile”, ha aggiunto Unsmil su Twitter, esortando i libici a fare “tutto il possibile per preservare la fragile stabilità del Paese in questo momento delicato”. “Tutti gli attori devono esercitare la massima moderazione, affrontare le loro controversie attraverso il dialogo e rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto nazionale e internazionale per proteggere i civili e le infrastrutture”, ha concluso Unsmil. 

Martha Pobee, segretaria generale aggiunta delle Nazioni Unite per gli affari politici e le operazioni di pace ha detto al Consiglio di sicurezza dell’Onu che “La situazione generale in Libia rimane altamente instabile. Nonostante i progressi compiuti, lo stallo costituzionale e politico persiste, prolungando il teso contesto di sicurezza, con un numero crescente di scontri a Tripoli e dintorni. La situazione economica rimane drammatica, esacerbata dalla politicizzazione della National Oil Corporation. Abbiamo assistito a manifestazioni di libici frustrati per la mancanza di progressi nelle elezioni e per gli scarsi servizi statali. Inoltre, la situazione dei diritti umani nel Paese continua a destare serie preoccupazioni”.

La Pobee si aggrappa a timidi progressi sulla via costituzionale: il 28 e 29 giugno a Ginevra si sono incontrati il presidente della Camera dei rappresentanti (Hor) e il presidente dell’Alto Consiglio di Stato (Hsc) dei due parlanti libici che hanno superato alcune divergenze e approvato misure transitorie per rendere possibile le elezioni, ma poi tutto è rimasto bloccato dal mancato raggiungimento di un accordo sui requisiti di ammissibilità per i candidati alla presidenza.

Il 21 luglio Stephanie Williams, consigliere speciale per la Libia del segretario generale dell’Onu António Guterres, ha ribadito durante una riunione di partner internazionali a Istanbul che “L’unica soluzione duratura che ponga la Libia saldamente sulla via della pace e della stabilità, compresa la risoluzione dell’attuale crisi politica e il ripristino della legittimità delle istituzioni libiche, è lo svolgimento di elezioni nazionali il prima possibile. Invitiamo nuovamente i membri di questo Consiglio e tutti i partner internazionali della Libia a continuare ad esercitare la loro influenza sui due leader per raggiungere un accordo finale che consenta lo svolgimento delle elezioni il prima possibile”.

La Pobee ha detto al Consiglio di sicurezza Onu che «Le continue divisioni politiche, inclusa la crisi delle istituzioni esecutive e sovrane, stanno prolungando il teso contesto di sicurezza a Tripoli e dintorni. Poiché i gruppi armati continuano a posizionarsi a sostegno di Dbeibah o di Bashagha, il rischio di un’escalation aumenta. L’attività militare è aumentata anche nella regione occidentale, in particolare sul versante orientale di Tripoli, Misurata e nella periferia della Sirte. Siamo profondamente preoccupati per gli scontri armati a Tripoli avvenuti la notte del 21 luglio e per gli scontri tra gruppi armati a Misurata il 23 luglio, che hanno provocato un numero non confermato di vittime civili. Ribadiamo l’importanza di mantenere il cessate il fuoco in Libia ed esortiamo tutte le parti a esercitare la massima moderazione e ad affrontare le controversie attraverso un dialogo pacifico. Ricordiamo inoltre a tutte le parti i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale di proteggere i civili e le infrastrutture civili».

La segretaria generale aggiunta dell’Onu ha accolto con favore la ripresa delle attività della 5+5 Joint Military Commission (Jmc) e lo svolgimento di riunioni al Cairo e a Tripoli tra i comandanti militari dell’esercito libico e ha lodato la loro richiesta di mantenere la calma e la stabilità nel Paese, così come i loro sforzi per unificare le istituzioni militari. Inoltre, gli osservatori libici e quelli dell’United Nations Support Mission in Libya (Unsmil) stanno rendendo operativo il meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco a guida libica e gestito dai libici.

Ma quel che preoccupa l’Onu è soprattutto il disaccordo sulla leadership della National Oil Corporation (Noc): il 12 luglio Dbeibah ha nominato Bengdara, l’ex governatore della Banca centrale libica, nuovo presidente della Noc in sostituzione di Sanalla che era a capo del Noc dal 2015. Sanalla ha respinto la decisione di sostituirlo e intende affrontare la questione con la magistratura libica.  Nel frattempo, il 19 luglio la Libia ha ripreso le esportazioni di petrolio. La Pobee ricorda che “Dal 16 aprile, la chiusura aveva ridotto di due terzi le esportazioni di petrolio libiche ed è costata al Paese 4 miliardi di dollari in mancate entrate. E’ troppo presto per confermare se la produzione di petrolio riprenderà a pieno regime e se i cambiamenti alla Noc avranno un ulteriore impatto sulla produzione e l’esportazione di petrolio. Sottolineiamo la necessità che la Noc rimanga neutrale e libera dalla pressione degli interessi politici. Chiediamo a tutti gli attori rilevanti di superare le loro differenze al fine di garantire il pieno sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Paese. Ribadiamo inoltre che le risorse naturali della Libia appartengono a tutti i libici, i proventi delle esportazioni di petrolio dovrebbero essere distribuiti in modo uniforme ed equamente utilizzati per migliorare l’erogazione dei servizi. Le Nazioni Unite ribadiscono il loro appello a tutti gli attori affinché evitino azioni che provocherebbero una regressione dei livelli di produzione ed esportazione di petrolio in questo momento critico».

Poi, a proposito di porti sicuri, la Pobee ha affrontato la grave situazione dei diritti umani in Libia: «La terribile situazione economica ha avuto un impatto negativo sui diritti fondamentali delle persone ai servizi di base e all’accesso a cibo, acqua e servizi igienici, assistenza sanitaria e istruzione. Inoltre, l’Unsmil ha ricevuto segnalazioni secondo cui le strutture mediche non avevano forniture di ossigeno per interventi chirurgici e cure essenziali e le cliniche in tutto il Paese hanno dovuto affrontare gravi sfide a causa delle prolungate interruzioni di corrente e della mancanza di carburante per i generatori. La Missione ha anche ricevuto rapporti secondo cui decine di manifestanti che hanno partecipato alle manifestazioni del 1° luglio sono stati arbitrariamente arrestati da gruppi armati. Le Nazioni Unite ribadiscono il diritto fondamentale alla riunione pacifica, all’associazione e alla libertà di espressione e chiedono il rilascio di tutti coloro che sono detenuti arbitrariamente. Va condannato l’aumento degli episodi di violenza contro le donne durante l’Eid, compreso l’omicidio di almeno 6 donne – tra cui una ragazza – a Bengasi, nell’est, e nella città di Ain Zara e Gharyan nell’ovest della Libia. Nel frattempo, lo spazio civico continua a venire eroso. Continuano ad essere imposte restrizioni arbitrarie alle organizzazioni della società civile. Donne e uomini politicamente attivi che difendono i diritti umani sono presi di mira con incitamento all’odio e incitamento alla violenza, compromettendo la loro sicurezza. Restiamo preoccupati per la continua detenzione di nove operatori della società civile e umanitari arrestati tra novembre 2021 e febbraio 2022 per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione. Il 6 luglio, a quattro di queste persone detenute arbitrariamente non è stato nuovamente permesso di essere presenti alla loro seconda udienza in tribunale programmata».

E per i migranti e profughi è ancora peggio: “L’Unsmil ha continuato a ricevere segnalazioni di gravi accuse di tortura contro libici, migranti e richiedenti asilo in strutture di detenzione e carceri. L’Unsmil ha osservato un’ondata di discriminazioni, espulsioni e arresti arbitrari di migranti mentre celebravano la festa nelle città della Libia occidentale di Zuwara, Zawiya, Tripoli, Misurata e Sabrata. La cosa più preoccupante è che una stazione radio di Zawiya ha trasmesso incitamenti all’odio contro i migranti, affermando che erano responsabili della diffusione di malattie. Le autorità libiche devono indagare su tutte le accuse di tortura e altre violazioni dei diritti umani. I responsabili devono essere ritenuti responsabili a livello nazionale o, se del caso, da meccanismi di giustizia internazionale, come la Corte penale internazionale. In questo contesto, accolgo con favore la recente proroga di nove mesi della Missione conoscitiva indipendente sulla Libia e i risultati del suo recente rapporto che include raccomandazioni sulla situazione dei diritti umani nel Paese”.

La segretaria generale aggiunta dell’Onu per gli affari politici e le operazioni di pace, ha concluso: “Sebbene la priorità delle Nazioni Unite in Libia rimanga quella di facilitare il ritorno al processo elettorale, dovremmo continuare a sostenere e incoraggiare le controparti libiche a concentrarsi sull’affrontare efficacemente i fattori chiave dello stallo politico ed economico, compresi quelli che hanno innescato le manifestazioni del 1° luglio. Il messaggio dei giovani libici alla loro leadership è stato che devono fare di più per migliorare le loro condizioni di vita e che vogliono che le elezioni si svolgano il prima possibile per scegliere il loro legittimo rappresentante. Ribadiamo inoltre la disponibilità delle Nazioni Unite a sostenere gli sforzi dell’Unione africana per organizzare una conferenza nazionale di riconciliazione. A questo proposito, accogliamo con favore il recente incontro a livello tecnico svoltosi a Brazzaville, su iniziativa del Presidente Denis Sassou Nguesso, che ha riunito l’Unione Africana e altri partner a sostegno di questa iniziativa. Contiamo sul fatto che i membri di questo Consiglio e la più ampia comunità internazionale continuino a sostenere le Nazioni Unite nei suoi sforzi per facilitare una soluzione reciprocamente accettabile che porrà fine alla continua crisi”.

Questa è la Libia oggi. Ma in campagna elettorale, statene certi, nessuno ne parlerà. O forse sì: Giorgia Meloni. Lei ha un chiodo fisso in testa: il blocco navale. Che equivale a. una dichiarazione di guerra. Prima ci scherzavamo. Ma se il 25 settembre…

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