Migranti, il "manifesto elettorale" dell'Unhcr: 12 proposte per restare umani
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Migranti, il "manifesto elettorale" dell'Unhcr: 12 proposte per restare umani

L’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha pubblicato oggi 12 proposte su aspetti rilevanti per la protezione dei rifugiati in Italia consegnate ai leader delle forze politiche in vista delle elezioni politiche

Migranti, il "manifesto elettorale" dell'Unhcr: 12 proposte per restare umani
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

8 Settembre 2022 - 17.55


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Dodici proposte da rilanciare. Per alzare il livello di questa mefitica campagna elettorale. Su un fronte caldissimo: quello dei migranti. 

L’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha pubblicato oggi 12 proposte su aspetti rilevanti per la protezione dei rifugiati in Italia che sono state consegnate ai leader delle forze politiche in vista delle elezioni politiche del prossimo 25 settembre.

“L’Italia – è la premessa del documento – ha da sempre svolto un ruolo fondamentale nel fornire sostegno alle persone costrette a fuggire dal proprio Paese a causa di guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani. Lo ha fatto sia con l’impegno a favore di coloro che giungono in Europa in cerca di protezione, sia tramite il contributo strategico nei processi multilaterali in materia di asilo e il sostegno ai Paesi che ospitano oltre l’80% dei rifugiati e sfollati interni nel mondo”.

Le 12 proposte riguardano aree che l’Unhcr considera prioritarie per sostenere i diritti fondamentali dei rifugiati e richiedenti asilo e sviluppare soluzioni durature che garantiscano un futuro migliore per sé e per le loro comunità.

“L’Unhcr  – prosegue la nota – ha tradizionalmente cooperato in modo proficuo con le istituzioni italiane e con la società civile su questi temi e continuerà a impegnarsi per sostenere il Governo italiano nel rispondere alle crisi umanitarie, nel gestire i flussi migratori e migliorare la protezione dei rifugiati nel Paese e all’estero.
Le 12 proposte dell’Unhcr.

  1. Rafforzare l’impegno internazionale nell’affrontare le cause profonde delle migrazioni forzate
  2. Promuovere la cooperazione e la solidarietà europea in materia di asilo
  3. Garantire il corretto impiego delle risorse destinate all’asilo migliorando la governance e la pianificazione
  4. Assicurare il soccorso in mare e l’accesso al territorio per salvare vite umane
  5. Mantenere un ruolo guida nei canali legali e sicuri per i rifugiati
  6. Fare dell’accoglienza un trampolino di lancio per l’integrazione
  7. Proteggere e prendersi cura dei più vulnerabili
  8. Istituire un’agenzia per l’asilo per rafforzare l’integrità del sistema e l’efficienza delle procedure
  9. Creare un sistema per l’integrazione è un bene per i rifugiati e per il Paese
  10. Affrontare gli ostacoli che impediscono il rimpatrio delle persone che non necessitano di protezione
  11. Coinvolgere i rifugiati nella ricerca di soluzioni per il loro future
  12. Mantenere una narrazione equilibrata e obiettiva in materia di flussi migratori forzati.

Tra realtà e propaganda

“Mantenere una narrazione equilibrata e obiettiva in materia di flussi migratori forzati”, chiede l’Unhcr. 

L’opposto di quel che accade in una comunicazione demonizzante e criminalizzatrice. 

Di grande interesse a tal proposito è un report di Openpolis. 

“Gli sbarchi di migranti sulle coste italiane sono aumentati rispetto allo scorso anno, ma si tratta di cifre di gran lunga inferiori a quelle degli anni precedenti. Nonostante questo, i centri di prima accoglienza come quello di Lampedusa continuano ad essere gestiti attraverso logiche emergenziali, a svantaggio innanzitutto dei migranti, oltre che delle comunità ospitanti e dell’efficacia del sistema di accoglienza. E a vantaggio di chi, anche attraverso discorsi d’odio online e sui media, strumentalizza politicamente gli sbarchi. 

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Come ogni estate, anche quest’anno è ritornato a far discutere nel dibattito pubblico e sui social il tema degli sbarchi di richiedenti asilo e rifugiati sulle coste italiane, per lo più provenienti da nord Africa, Africa sub-sahariana e sud-est asiatico. In questi mesi, però, si aggiunge anche un’inedita campagna elettorale estiva. Infatti il tema legato all’accoglienza dei migranti, che sembrava piuttosto evaporato dalle agende dopo lo scoppio della pandemia, la crisi economica e la guerra in Ucraina, viene utilizzato oggi, soprattutto dagli esponenti politici delle destre, per rafforzare i rispettivi posizionamenti nei confronti dell’elettorato consolidato. Un esempio di questo è rappresentato da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che già nei primi giorni di campagna elettorale è tornata a proporre il blocco navale nei confronti della Libia, suo vecchio cavallo di battaglia. Nella sua comunicazione Giorgia Meloni utilizza spesso l’espressione “immigrazione clandestina” che, per quanto comune, può essere considerata parte di un discorso d’odio. Come abbiamo raccontato più volte, infatti, il termine “clandestino” giuridicamente non esiste. Perché chiunque sbarchi in Italia può chiedere l’asilo, facendo valere un diritto sancito dalle convenzioni internazionali, oltre che dalla legge italiana. Il termine clandestino non esiste né nelle definizioni internazionali né nel diritto dell’Ue. Si è diffuso in Italia da quando la legge Bossi-Fini ha introdotto alcune disposizioni contro le immigrazioni clandestine, ma non riguarda né i richiedenti asilo né chi l’asilo l’ha ottenuto.  Anche il leader della Lega Matteo Salvini nei primi giorni di campagna è molto attivo sulla questione migratoria. Lo scorso 30 luglio ha parlato di “record di sbarchi di immigrati clandestini rispetto a tutti gli ultimi anni” Oltre a ribadire ancora una volta che non si tratta di persone in stato di irregolarità sul territorio italiano, il numero degli sbarchi sulle coste del paese non rappresenta un record “rispetto a tutti gli ultimi anni”.

Gli sbarchi di migranti nel 2022

41.506 persone sono sbarcate sulle coste italiane dal 1° gennaio al 31 luglio 2022. Si tratta di un dato in aumento (del 43,8%) rispetto allo stesso periodo del 2021, quando erano arrivate in Italia poco meno di 29mila persone, ma anche di una cifra nettamente inferiore rispetto a quelle registrate nel periodo in cui la questione migratoria è diventata centrale nel dibattito pubblico, tra il 2015 e il 2017, anni della cosiddetta “crisi dei rifugiati”. Se infatti nel 2018-2020 – complici gli accordi tra il governo italiano e la Libia, il decreto Minniti e le restrizioni dovute alla pandemia – le cifre erano più modeste delle attuali, occorre evidenziare come il numero delle persone sbarcate dal 1° gennaio al 31 luglio di quest’anno sia meno della metà rispetto a quanto registrato nello stesso periodo del 2016 e del 2017.

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Nel 2022 sbarcate meno della metà delle persone del 2017

Numero di richiedenti asilo sbarcati sulle coste italiane dal 1 gennaio al 31 luglio di ogni annualità considerata (2016-2022) (Fonte: elaborazione Openpolis su dati Ministero dell’interno –  ultimo aggiornamento: lunedì 1 Agosto 2022)- ). Dunque i numeri, rilanciati dai media, che vediamo rimbalzare sulle piattaforme social di alcuni esponenti politici non sarebbero affatto un “record rispetto a tutti gli ultimi anni”.

La gestione degli sbarchi

In queste settimane a far discutere è anche la situazione nel centro hotspot sull’isola di Lampedusa (Agrigento), uno dei principali punti di approdo di chi attraversa il mar Mediterraneo in cerca dell’asilo e di una vita migliore. A inizio luglio, infatti, l’ex sindaca dell’isola Giusi Nicolini aveva diffuso sui propri canali social un video di denuncia nei riguardi delle condizioni di precarietà e sovraffollamento in cui versa la struttura di Lampedusa. In questi giorni non sembra che la situazione sia migliorata. Il centro, che avrebbe una capienza pari a 350 posti, ospita circa 2mila migranti. Un numero di persone pari a oltre 5 volte quelle che potrebbe contenere. Ai richiedenti asilo non è permesso uscire dall’hotspot, tanto che nonostante i numerosi arrivi sull’isola non sono presenti molti migranti per strada o sulle spiagge. Quello di Lampedusa è uno dei 4 centri hotspot del paese, insieme a quelli di Pozzallo (Ragusa) e Messina, sempre in Sicilia, e Taranto in Puglia. In queste strutture le persone dovrebbero ricevere la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione. Questo tipo di centri sono interessati dall’approccio hotspot, nato nel 2015 in ragione degli impegni assunti dal governo italiano con la Commissione europea.  Dopo una breve permanenza nei centri hotspot i migranti che hanno manifestato la volontà di richiedere l’asilo dovrebbero essere trasferiti nei centri di prima accoglienza /Cpa)  e poi nelle migliaia di strutture – centri di accoglienza straordinaria o sistema di accoglienza ordinario – di cui ci occupiamo, insieme ad ActionAid Italia, da anni con il progetto Centri d’Italia. Il centro di Lampedusa è quello dove approderebbe il maggior numero di persone, tra le 4 strutture di primo accordo e identificazione. Il condizionale è d’obbligo, perché il ministero dell’interno non comunica dove avvengono gli sbarchi ma solo il numero complessivo degli stessi. Inoltre non è facile capire qual è l’effettiva capienza del centro sull’isola. Secondo i dati ministeriali che abbiamo riportato su Centri d’Italia, al 31 dicembre 2020 i posti disponibili nel centro erano 228. Tuttavia, come abbiamo già detto, la capienza attuale dovrebbe essere di 350 posti. Abbiamo provato a cercare informazioni più dettagliate ma sul sito web della prefettura di Agrigento non c’è traccia del bando di affidamento per la gestione del centro. Nella sezione “gare in corso”, inoltre, è presente ancora il bando per l’anno 2016. Mentre i contenuti relativi al bando di affidamento del 2020 non sono più disponibili. 

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Le criticità di Lampedusa verranno superate quando sarà superata la logica emergenziale. Il problema non è in sé il numero delle persone che sbarcano a Lampedusa, quanto invece la gestione del fenomeno, che come accade da anni segue logiche meramente emergenziali. Oltre al prolungarsi della permanenza nel centro dell’isola oltre il dovuto, inoltre, esiste un tema legato all’affollamento di imbarcazioni autonome con cui i migranti arrivano a Lampedusa. Per questo, lo scorso 2 agosto è stata annunciata l’apertura di un “punto-crisi” sull’isola di Pantelleria, destinato all’accoglienza dei migranti che arrivano in modo autonomo. Secondo Flavio Di Giacomo, portavoce dell’organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim, organo delle Nazioni unite), le criticità si alleggerirebbero se ci fosse una regia pubblica di smistamento tra i porti siciliani. Sull’isola arriva con sbarchi autonomi il 40% del flusso migratorio. Se nel Mediterraneo ci fosse un sistema di pattugliamento o se si lasciassero lavorare bene le ong, i barconi potrebbero essere soccorsi in alto mare e le persone smistate nei diversi porti siciliani invece di fare di Lampedusa un imbuto. Insomma con queste cifre, che seppur in crescita rappresentano tutt’altro che un’emergenza, l’approccio dovrebbe essere direzionato a una gestione ordinaria del fenomeno migratorio, a un’equa distribuzione delle imbarcazioni e delle persone che vi hanno navigato sopra. Organizzare e strutturare gli sbarchi e la prima accoglienza permetterebbe una maggiore dignità per i migranti appena giunti nel paese, migliori condizioni per la gestione delle strutture e la velocizzazione del processo di inclusione, anziché rappresentare solo un tema di campagna elettorale”.

Proposte concrete, documentate, positive. E forse proprio per questo ritenute “inaccettabili” dai fautori indefessi di blocchi navali e misure respingenti. Ma non bisogna arrendersi. Perché quella in corso è una “battaglia” di civiltà. Perché in gioco c’è la vita stessa di migliaia di esseri umani in fuga da guerre, catastrofi ambientali, sfruttamento, povertà assoluta. Sono i più indifesi tra gli indifesi. Schierarsi dalla loro parte è un dovere etico prim’ancora che politico. Per restare umani. 

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