Russia, la disfatta militare apre il fronte interno: Putin sotto attacco
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Russia, la disfatta militare apre il fronte interno: Putin sotto attacco

La controffensiva ucraina sembra aver messo in difficoltà la posizione di Vladimir Putin, con sempre più voci di dissenso interne alla Russia pronte a mettere in discussione i nodi fondamentali del conflitto.

Russia, la disfatta militare apre il fronte interno: Putin sotto attacco
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13 Settembre 2022 - 14.11


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La ruota della guerra gira a favore dell’Ucraina. Le armate russe cedono il terreno conquistato e continuano ad arretrare. La controffensiva di Kiev arriva ai confini russi. Le forze ucraine hanno riconquistato nelle ultime 48 ore oltre 20 insediamenti che erano stati occupati dai russi: lo ha reso noto lo Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Ucraina in un post su Facebook, secondo quanto riporta Ukrinform.

“Le forze ucraine continuano a liberare dagli invasori russi gli insediamenti nelle regioni di Kharkiv e Donetsk”, prosegue il messaggio sottolineando che “il nemico continua ad attaccare le posizioni ucraine, conducendo ricognizioni aeree e tentando di prendere misure per riguadagnare terreno”. Il Cremlino però chiude ad ogni ipotesi di negoziato e fa sapere che l’”operazione militare speciale” andrà avanti “fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi”. Nell’oblast l’esercito russo è in rotta. Ammessa la ritirata, definita una «riorganizzazione» strategica per concentrare le forze sul Donbass, la stessa Difesa di Mosca ha mostrato con una mappa di cosa resta nelle sue mani: solo una piccola porzione di territorio a est del fiume Oskil, dopo aver perso molti dei centri principali, da Kupiansk a Izyum, su cui continuano comunque a piovere bombe. 

L’esercito ucraino ha inflitto “perdite significative” alle forze russeriferisce lo Stato Maggiore: “Secondo le informazioni disponibili, la 810ma Brigata di fanteria navale (con sede a Sebastopoli, nella Crimea annessa alla Russia) ha perso quasi l’85% dei suoi uomini. Altri militari russi hanno il morale e lo stato psicologico estremamente bassi, e molti di loro si rifiutano di tornare nell’area delle ostilità”. Al quinto giorno di offensiva delle forze ucraine, i soldati russi si sono ritirati senza combattere anche dalle città di Kupiansk e di Izyum ed è difficile rendere l’idea di quanto i due centri fossero importanti per Mosca. Sono stati per cinque mesi gli scali logistici per il transito sicuro di tutti i soldati e di tutti i rifornimenti russi nell’Est ed erano il perno dei piani di guerra del Cremlino.

Cronaca di guerra. Dopo la rapida e vittoriosa controffensiva dell’esercito ucraino nel nord-est del paese, nelle ultime ore l’esercito russo ha cominciato a ritirare un numero sempre maggiore dei suoi soldati da quella regione. La controffensiva ha permesso all’esercito ucraino di raggiungere il confine con la Russia a nord, e di riconquistare a est quasi tutta la regione di Kharkiv, tranne le parti più orientali. In tutto, l’Ucraina ha riconquistato circa 9mila chilometri quadrati di territorio che nel corso della guerra era stato occupato dalle forze russe.

Nel frattempo sta continuando una controffensiva anche a sud, dove l’avanzata ucraina sta procedendo molto più a rilento. sia in difficoltà: immagini satellitari verificate dall’Institute for the Studyof War (Isw), centro studi americano specializzato in analisi militari, mostrano che quasi tutti i veicoli russi che si trovavano nella città occupata di Kyselivka, 15 chilometri a nord di Kherson, si siano ritirati in posizioni più arretrate.

Sono in corso battaglie di posizione, con conseguente avanzata delle truppe e consolidamento dei territori – sottolinea il Comando riferendosi all’andamento della giornata di ieri -. Il nemico preferisce combattere con l’artiglieria, cercando di evitare il contatto diretto. Il nemico subisce perdite e si ritira”. Il Comando ha aggiunto che le forze russe hanno lanciato ieri 20 attacchi aerei sulle posizioni ucraine lungo la linea di contatto e sui territori adiacenti. In risposta, le truppe ucraine hanno colpito le aree vicine a Nova Kakhovka e Prydniprovske con la maggiore presenza di uomini e armi, così come i depositi di munizioni vicini alla città di Kherson. L’aeronautica ucraina ha abbattuto un cacciabombardiere russo Su-34: lo ha reso noto sui social media lo stesso Comando dell’aeronautica, secondo quanto riporta Ukrinform.

Nel filmato pubblicato sui social si vedono i rottami bruciati del velivolo sparsi in una striscia di foresta mentre i soldati ucraini ispezionano la scena.  Le forze russe hanno bombardato la riva destra di Kupiansk, nella regione di Kharkiv, che ieri Kiev aveva annunciato di aver riconquistato. Lo ha annunciato un membro del consiglio comunale locale, Vadym Krokhmal, citato da Unian. “Kupiansk è divisa in due metà dal fiume Oskil. Domenica scorsa sulla sponda destra, dove si trova il centro città, la situazione non è facile, ma la zona è già completamente controllata dai nostri militari.

Ci sono stati bombardamenti dei sistemi antiaerei”, ha detto Krokhmal, spiegando che si sta ancora cercando di chiarire il bilancio dell’attacco. Secondo le autorità russe, nelle ultime 24 ore “migliaia” di persone sono fuggite verso la regione russa di Belgorod dall’oblast di Kharkiv, teatro della controffensiva delle forze di Kiev nell’est dell’Ucraina. “Non è stata la notte più facile, né la mattina più facile. Nelle ultime 24 ore, migliaia di persone hanno attraversato la frontiera”, ha detto il governatore della regione di Belgorod, Viaceslav Gladkov, in un messaggio video pubblicato sul suo canale Telegram. Dappertutto ci sono i segni della disfatta della Russia. Soldati che si arrendono a gruppi, soldati che si ritirano in disordine, morti lasciati indietro, carri armati isolati che sotto le telecamere dei droni corrono per raggiungere la sicurezza delle nuove retrovie – ed è difficile, perché gli ucraini sono arrivati a sorpresa in quelle che soltanto due giorni fa erano considerate le retrovie e oggi sono il teatro di combattimento. 

E a causa delle sconfitte subite in Ucraina, Mosca ha deciso di licenziare il comandante del Distretto militare occidentale della Russia: lo afferma l’intelligence di Kiev, secondo quanto riporta il Kyiv Independent. Secondo l’intelligence, il tenente generale russo Roman Berdnikov, che aveva comandato l’intervento russo in Siria ed era stato nominato comandante del Distretto militare occidentale il 26 agosto, è stato rimosso. E intanto il comandante ceceno Ramzan Kadyrov annuncia il ritorno delle sue famigerate unità speciali d’élite sul campo di battaglia ucraino.

In un video condiviso sul suo canale Telegram, Kadyrov ha avvertito che sarà “costretto” a contattare i leader militari e politici russi “per spiegare la situazione”, se non verranno apportate modifiche immediate alla strategia di invasione. Il leader ceceno si è anche lamentato del fatto che il ministero della Difesa russo non ha affrontato apertamente la controffensiva ucraina, “anche se stava osservando tutta la situazione”. “Se la Russia avesse voluto, i leader avrebbero potuto ordinare di non fare un solo passo indietro – ha denunciato Kadyrov – Quindi, devono spiegare perché hanno fatto quello che hanno fatto. Per quello che è successo, vedo che i loro uomini erano impreparati. Mostriamo sempre come spariamo, come catturiamo e come distruggiamo. Dobbiamo mostrare anche l’altro lato”.

La guerra delle dichiarazioni

Alla guerra sul campo si accompagna quella mediatica Le condizioni poste dalla Russia per i negoziati con l’Ucraina in questo momento sono solo un riscaldamento per le condizioni che verranno poste in futuro: lo ha dichiarato su Telegram il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo, DmitriMedvedev, secondo quanto riporta Interfax. “Un certo Zelenskyha detto che non avrebbe dialogato con coloro che danno ultimatum. Questi ‘ultimatum’ sono solo un piccolo riscaldamento per le condizioni che verranno stabilite in futuro”, ha scritto Medvedev. “Le conosce: la capitolazione totale del regime di Kiev alle condizioni della Russia”, ha concluso.  E il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov conferma che la Russia continuerà l’operazione militare speciale in Ucraina “fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. Il ritiro dalle truppe da Zaporizhzhia “non è in programma”, ha aggiunto, ribadendo che al momento il Cremlino non vede alcuna possibilità di negoziati con l’Ucraina.

Immediata la replica di KievZelensky, in un’intervista al canale televisivo americano Cnn, ha dichiarato che i negoziati con il presidente della Russia, Vladimir Putin, sono attualmente impossibili. “Non oggi – ha affermato il presidente dell’Ucraina -. Non vedo alcun desiderio da parte loro di essere costruttivi. Non parlerò con chiunque emetta ultimatum”. Zelensky ha inoltre osservato che qualsiasi accordo tra Ucraina e Russia può essere concluso solo in caso di completo ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino. “Nessuna sanzione può essere revocata – ha aggiunto – Non possiamo discutere di nulla con la Russia finché non lascerà il nostro territorio. Soltanto dopo la guerra si potrà parlare di cancellazione di alcune sanzioni, di risarcimenti, di pagamenti da parte loro, di diplomazia. Possiamo coinvolgere i leader di qualsiasi Paese, qualsiasi istituzione internazionale in tali negoziati, ma solo dopo che la Russia avrà liberato tutti i nostri territori”.

Al 202° giorno di guerra, la ritirata russa acquista sempre più le dimensioni di una disfatta.

Lo zar furioso

Di grande interesse è l’analisi di Pietro Valentino, corrispondente del Corriere della Sera a Berlino. Scrive Valentino: “VladimiPutin è furioso.   «Siete una manica di incapaci», avrebbe detto venerdì in una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza ai «siloviki», i capi degli apparati militari e d’intelligence, che lo ascoltavano come scolaretti in silenzio. Lo rivelano attraverso canali Telegram, fonti con accesso diretto ad alcuni membri del massimo organismo strategico russo. La controffensiva 

 delle forze ucraine nella regione di Kharkiv, che perfino un politologo di provata fede putiniana come Sergeij Markovdefinisce «una pesante sconfitta militare per la Russia», ha fatto collidere i due mondi paralleli, nei quali lo Zar ha articolato il racconto della guerra sin dal 24 febbraio: la realtà del più grave conflitto armato in Europa negli ultimi 70 anni e la finzione di un Paese dove la vita continua a scorrere tranquilla. «La sconfitta non era un’opzione nell’universo di Putin. Ora è successo», dice Tatiana Stanovaya, direttrice del centro di analisi politiche R.Politik, secondo cui il Cremlino «non era preparato a far fronte al nuovo scenario».

Paradossalmente, il contraccolpo sta avendo conseguenze più a Mosca che fra le truppe al fronte. Secondo Markov, che va preso col beneficio del dubbio perché tradizionalmente vicino ai militari, lo “scompiglio” non sarebbe sul terreno, dove “i comandanti sono riusciti a sottrarre l’esercito dall’accerchiamento”, quanto nella direzione del Paese: «Questo serio insuccesso significa che bisogna rinunciare alla vecchia strategia e trovarne una nuova. La direzione militare al momento non ha nulla da dire, ma è del tutto evidente che bisognerà lanciare un’escalation delle azioni di guerra. Non si può combattere come si è fatto finora».

Putin al momento tergiversa. Nella riunione del Consiglio di Sicurezza, sbollita l’ira, egli avrebbe chiesto un ritorno alla strategia di guerra iniziale, quella di bombardare a tappeto infrastrutture critiche ucraine con l’obiettivo di provocare il caos e minare l’appoggio fin qui forte della popolazione alla linea della resistenza a oltranza proclamata dal governo. L’attacco del fine settimana alla centrale elettrica di Kharkiv, che per lunghe ore ha lasciato al buio l’intera regione, sarebbe figlio di questa indicazione. 

Ma in generale, secondo le fonti, c’è incertezza sul da farsi. Anche un fedelissimo e falco come Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza, avrebbe espresso dubbi sull’idea del presidente, facendo notare che l’esercito ucraino ora dispone grazie agli occidentali di «armi eccellenti», che potrebbero addirittura consentirgli di colpire obiettivi in territorio russo. Fra questi, ci potrebbe essere il ponte di Kerch, che collega la Crimea alla Russia, diventato il simbolo dell’annessione della penisola. 

Un altro timore, privo di riscontri ma evocato nell’incontro a porte chiuse, è che gli ucraini sarebbero riusciti a infiltrare decine di gruppi di ricognizione e sabotaggio dentro i confini della Federazione. Anche Markov considera «molto alta» la probabilità che l’esercito di Kiev riesca a occupare parti sia pure piccole di territorio russo. «Sarebbe per loro un colossale successo, soprattutto dal punto di vista psicologico e propagandistico. Non è detto che accadrà, anche perché ci sono degli svantaggi», dice senza spiegare quali.

Ma Putin deve anche affrontare il fronte interno. Markov sostiene che «gli ultimi eventi lo rafforzano, perché nella difficoltà la gente fa quadrato intorno a presidente». In realtà secondo Abbas Gallyanov, ex speechwriter di Putin poi caduto in disgrazia e costretto a lasciare la Russia, «la forza è la sua sola fonte di legittimazione, se viene messa in discussione, anche quest’ultima crolla agli occhi del popolo».

Due episodi segnalano che sotto la crosta della censura e della repressione il malcontento si fa strada: a San Pietroburgo e Mosca due gruppi di eletti locali hanno pubblicamente chiesto le dimissioni di Putin. Nella sua città natale, sette consiglieri comunali hanno scritto una lettera, in cui lo accusano di «tradimento» poiché la guerra in Ucraina «nuoce alla sicurezza della Russia e dei suoi cittadini». Putin, secondo Dmitrij Paliuga, primo firmatario, è responsabile «della morte di russi, del declino economico e dell’allargamento della Nato». 

I sette sono stati convocati dalla polizia ma sono stati poi rilasciati. A Mosca invece, alcuni consiglieri della circoscrizione Lomonossov, senza far riferimento alla guerra, chiedono in una lettera a Putin di dimettersi, perché «è dimostrato che i cittadini dei Paesi dove ci sono regolari cambi di potere vivono meglio e più a lungo di quelli dove i dirigenti se ne vanno solo da morti». Al loro appello si sono uniti altri rappresentanti di 18 amministrazioni locali nelle zone di Mosca, San Pietroburgo e Kolpino. Lapalisse non avrebbe detto di meglio – conclude Valentino – Ma farlo in Russia è un grande atto di coraggio”.

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