Siria,il martirio di un popolo continua ma il mondo ha chiuso gli occhi
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Siria,il martirio di un popolo continua ma il mondo ha chiuso gli occhi

In Siria, circa il 90 per cento dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà e negli ultimi 11 anni oltre 13 milioni sono stati costretti a fuggire, con 5,5 milioni di rifugiati accolti in cinque Paesi limitrofi. 

Siria,il martirio di un popolo continua ma il mondo ha chiuso gli occhi
I caschi bianchi siriani
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15 Settembre 2022 - 16.18


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Un obbligo morale. Un dovere professionale: non spegnere i riflettori sulla tragedia siriana. Una tragedia che continua undici anni dopo l’inizio della guerra dichiarata dal “macellaio di Damasco”, al secolo il presidente Afez al-Asad, al suo popolo, “colpevole” di essere sceso in strada per reclamare libere elezioni, giustizia, diritti. La Siria, il martirio di un popolo continua.

La testimonianza di Grandi

Una nota ufficiale dell’Unhcr : “A seguito di una visita terminata ieri, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha esortato ad assicurare maggiore sostegno per far fronte alle drammatiche esigenze umanitarie rilevate in Siria. La visita dell’Alto Commissario mirava ad attirare l’attenzione della comunità internazionale sui 14,6 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria nel Paese, di cui oltre 6,9 sono sfollati interni. Circa il 90 per cento dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà e negli ultimi 11 anni oltre 13 milioni sono stati costretti a fuggire, con 5,5 milioni di rifugiati accolti in cinque Paesi limitrofi. 

“È diritto di tutti vivere al sicuro e avere accesso a cibo, mezzi essenziali di sostentamento, acqua, alloggio e calore”, ha affermato Grandi. “È questo il motivo per cui da Aleppo rivolgo un appello ai donatori affinché continuino a supportarci per permetterci di assicurare assistenza umanitaria al popolo siriano, specialmente con l’inverno alle porte”. “L’Unhcr, insieme ad altre agenzie Onu, Ong e partner locali, sta lavorando senza sosta per assicurare aiuto. Sebbene sul piano politico e della sicurezza la situazione in Siria e nella regione resti complessa, è necessario che le operazioni di risposta umanitaria non siano condizionate da considerazioni di carattere politico”, ha aggiunto Grandi.
L’Unhcr in Siria assicura protezione e assistenza a sfollati interni, persone che hanno fatto ritorno, rifugiati e apolidi sulla base delle esigenze e delle vulnerabilità individuate.

Durante la visita di due giorni in Siria, Grandi si è recato nella storica città di Aleppo e nelle aree circostanti, dove ha incontrato famiglie siriane che hanno raccontato delle crescenti difficoltà a cui devono far fronte per sostentare i propri figli. Alcune di queste erano ancora sfollate, altre avevano fatto ritorno dopo essere rimaste sfollate sul territorio nazionale o costrette a fuggire all’estero.

Ad Aleppo, l’Alto Commissario ha incontrato Budoor Kero, vedova e madre di quattro bambini, in passato costretta a fuggire e ora ritornata per vivere insieme agli anziani genitori. Priva di fonti di reddito e costretta in una casa senza elettricità e dotata di poca acqua corrente, ha confidato all’Alto Commissario l’impossibilità di soddisfare un’esigenza quotidiana: procurarsi cibo sufficiente per i figli e mandarli a scuola. Unhcr e partner sostengono i siriani più vulnerabili, come Budoor. Gli aiuti comprendono coperte, materassi, e lampade a energia solare che permettono ai figli di Budoor di fare i compiti la sera. Durante la visita, Grandi ha tenuto incontri con funzionari del governo siriano, tra cui il Ministro per gli affari esteri e gli espatriati, Faisal Al-Mekdad, e ha discusso una serie di tematiche al fine di assicurare aiuti e soluzioni al popolo siriano.

“Ho potuto riscontrare la forza, la resilienza e le energie eccezionali di siriani ordinari che cercano duramente di costruire un futuro migliore per se stessi e per i propri figli, nonostante le sfide straordinarie a cui devono far fronte”, ha dichiarato Grandi. “Finché si troveranno a fronteggiare queste avversità, dovremmo dare loro aiuto e speranza”. Per continuare a fornire assistenza a rifugiati e sfollati interni in Siria e nei Paesi di accoglienza limitrofi fino alla fine dell’anno, l’Unhcr necessita con urgenza di 271 milioni di dollari. In caso contrario, sarà costretta a tagliare aiuti essenziali e di importanza vitale”.

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La piaga del colera

Le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per la prima epidemia di colera confermata da anni nella regione: è necessaria un’azione urgente per prevenire ulteriori casi e morti, dicono dal Palazzo di Vetro. 

Imran Riza, che rimane per il momento il rappresentante delle Nazioni Unite e il coordinatore umanitario in Siria, ha espresso seria preoccupazione per l’epidemia. Il numero di casi confermati di colera finora è di 20 ad Aleppo, 4 a Latakia e 2 a Damasco. Le Nazioni Unite in Siria chiedono ai paesi donatori di fornire urgenti finanziamenti aggiuntivi per contenere l’epidemia e impedirne la diffusione. “Esortiamo tutte le parti interessate a garantire un accesso senza ostacoli e duraturo alle comunità colpite, nonché il sostegno dei paesi vicini per accelerare le approvazioni necessarie per garantire la consegna tempestiva di medicinali salvavita e forniture mediche”. 

L’epidemia si concentra nelle province di Aleppo e Deir al Zor. Si ritiene che derivi dall’acqua contaminata del fiume Eufrate, che scorre attraverso le province, e che viene usata sui raccolti. 


L’epidemia è un indicatore della grave carenza di acqua in tutta la Siria causata dai cambiamenti climatici e dal conflitto. 

I numeri dell’emergenza umanitaria

La guerra ha provocato quasi 400mila morti e 200mila dispersi, secondo le cifre dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Su una popolazione di 21 milioni di persone prima della guerra, 6,6 milioni sono fuggite dalla Siria per cercare rifugio all’estero, principalmente negli Stati vicini. Inoltre le statistiche rivelano che il 90 per cento della popolazione rimasta nel Paese è costretta a vivere sotto la soglia della povertà. Il Programma alimentare mondiale (Pam) ha stimato che più di 12 milioni di siriani, ossia il 60 per cento della popolazione, vive in situazione di insicurezza alimentare. In totale sono 14,6 milioni le persone con bisogno di aiuto umanitario, di cui 9,6 urgente.

L’illusione della pace

Il sanguinoso conflitto in Siria, in corso da più di undici anni e che ha finora ucciso almeno mezzo milione di persone, rischia di riaccendersi dopo l’inasprimento della tensione lungo diverse linee del fronte. Lo afferma o l’ultima relazione della commissione d’inchiesta indipendente dell’Onu sulle violazioni commesse in Siria. “La Siria non può permettersi un ritorno a combattimenti su larga scala, ma questo è ciò verso cui si sta andando”, ha affermato Paulo Sergio Pinheiro, presidente della commissione d’inchiesta.

“A un certo punto – ha detto Pinheiro parlando ai giornalisti a Ginevra e citato dai media siriani e libanesi – credevamo che la guerra in Siria fosse completamente finita (…) le violazioni documentate hanno dimostrato che non è così”.

La relazione di 50 pagine afferma che nonostante il fatto che numerosi fronti di guerra, a lungo attivi, si siano in apparenza pacificati, negli ultimi sei mesi si sono registrate numerose e gravi violazioni dei diritti umani fondamentali.

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In particolare, si legge nella relazione dell’Onu, l’inasprimento di combattimenti e raid aerei nel nord-est e nel nord-ovest della Siria hanno provocato la morte di decine di civili. Le popolazioni sono inoltre private in diverse aree di cibo e acqua potabile.

Secondo la commissione d’inchiesta, negli ultimi tre mesi si è inoltre registrato un aumento dei bombardamenti aerei russi nelle regioni nord-occidentali, dove da anni sono ammassati circa 4 milioni di persone, fuggite negli anni da altre zone del martoriato paese.

La Siria “dimenticata” è l’inferno raccontato da Catherine Russell, Direttore Generale dell’Unicef (l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia) nel suo intervento alla VI Conferenza di Bruxelles: “Sostenere il futuro della Siria e della regione”.

Inferno siriano

Così Russell: “La Siria oggi è uno dei posti più pericolosi al mondo per essere un bambino. Un’intera generazione sta lottando per sopravvivere. Quasi il 90% delle persone in Siria vive in povertà. Più di 6,5 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza urgente – il maggior numero di bambini siriani in difficoltà dall’inizio del conflitto. Undici anni di conflitto e sanzioni hanno avuto un impatto devastante sull’economia della Siria, riportando lo sviluppo indietro di 25 anni. La maggior parte dei sistemi e dei servizi di base da cui dipendono i bambini – salute, nutrizione, acqua e servizi igienici, istruzione e protezione sociale – sono stati ridotti all’osso. Le famiglie stanno lottando per mettere il cibo in tavola. Tra febbraio e marzo (quest’anno), il prezzo del paniere alimentare standard è aumentato di quasi il 24%. Quasi un terzo di tutti i bambini soffre di malnutrizione cronica. E l’impatto della guerra in Ucraina sui prezzi del cibo sta rendendo una brutta situazione ancora peggiore. 

Questi sono tempi pericolosi, persino mortali, per essere un bambino in Siria. Gli attacchi alle infrastrutture civili sono diventati comuni. Più di 600 strutture mediche, tra cui ospedali materni e infantili, sono state attaccate. Dall’inizio della guerra, abbiamo potuto verificare che quasi 13.000 bambini sono stati uccisi o feriti – ma sappiamo che la cifra è molto più alta. La guerra non ha segnato solo fisicamente i bambini della Siria. L’anno scorso, un terzo di tutti i bambini in Siria ha mostrato segni di stress psicologico – ferite invisibili che possono durare tutta la vita. Anche i bambini che sono fuggiti dalla guerra in Siria hanno subito un trauma. Circa 2,8 milioni di bambini (siriani) vivono ora in Giordania, Libano, Iraq, Egitto e Turchia. Le vite di questi bambini sono piene di perdite, rischi e incertezze. Come ha detto una bambina di 11 anni a un operatore Unicef, “Non so cosa significhi la parola casa”.

Undici anni di guerra, disordini e sfollamenti hanno anche minacciato l’istruzione di un’intera generazione. Più di 3 milioni di bambini siriani non vanno ancora a scuola. Ma contro ogni previsione, circa 4,5 milioni di bambini siriani hanno accesso a opportunità di apprendimento. Questo grazie ai generosi finanziamenti dei donatori attraverso iniziative come (The) No Lost Generation, co-guidata dall’Unicef. Ma non potrebbe accadere senza i continui sforzi delle comunità locali, degli insegnanti, della società civile e delle organizzazioni internazionali.
Sappiamo che altre crisi che colpiscono i bambini stanno dominando i titoli dei giornali.

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Ma il mondo non deve dimenticare i bambini della Siria. Le loro vite sono altrettanto preziose e il loro futuro è altrettanto importante. Prima di tutto, hanno bisogno della fine di questa lunga e infruttuosa guerra. Non ci può essere una soluzione militare a questa crisi. Solo la pace può evitare che i bambini della Siria diventino davvero una generazione perduta. Chiediamo anche la fine immediata di tutte le gravi violazioni contro i bambini in Siria, compresi l’uccisione e il ferimento dei bambini. Fino a quando non sarà raggiunta una soluzione sostenibile, l’Unicef e i nostri partner continueranno a fare tutto il possibile per raggiungere ogni bambino, ovunque si trovi”, conclude Russell.

La denuncia di Oxfam

“6 siriani su 10 non sanno letteralmente come procurarsi il cibo rimarca Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Nell’area intorno a Damasco le persone fanno ore e ore di fila per il pane, mentre i bambini cercano qualcosa da mangiare tra i rifiuti. Per sopravvivere molte famiglie si stanno indebitando, o decidono di mandare i figli a lavorare, razionano il numero di pasti. Per avere una bocca in meno da sfamare, fanno sposare le figlie, anche minorenni. Sono questi gli indicibili effetti di un conflitto dimenticato, in un Paese dove il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il tasso di disoccupazione è arrivato al 60% e il salario minimo mensile nel settore pubblico è di 26 dollari”

Oxfam ha raccolto diverse testimonianze che raccontano il dramma che in questo momento sta vivendo il popolo siriano. “Per noi non ha senso pensare al domani, se non sappiamo cosa mettere in tavola oggi per sfamare i nostri figli”, racconta Hala, che vive a Deir-ez-Zor una delle zone più devastate dalla guerra dove Oxfam è al lavoro per soccorrere la popolazione.

“Lavoro 13 ore al giorno per sfamare i miei figli, ma non sembra bastare – continua Majed che vive nel governatorato di RuralDamascus – A volte vorrei che la giornata durasse più di 24 ore per lavorare di più. Sono stanchissimo e non so se riusciremo a sopravvivere.

Uno stipendio medio basta appena per le spese essenziali”,aggiunge Moutaz Adam.

“Per quanto scioccante sia, i siriani dicono che vivere sotto le bombe era terribile, ma non aver da mangiare per i figli lo è ancor di più. – sottolinea Pezzati – A oltre 11 anni dall’inizio della crisi siriana, il dolore e la sofferenza sembrano non avere fine. Per questo lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale e ai paesi donatori perché concentrino gli aiuti sul finanziamento di programmi urgenti di risposta alla fame e di protezione sociale per salvare vite e ridare speranza ad un intero popolo”.

Siria, per non dimenticare.

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