Meloni si è detta atlantista e a fianco dell’Ucraina. Ma è una ‘trumpjana’ ossia fondamentalmente una nemica dell’Europa o un’europeista modello Orban e Polonia e una estremista di destra allineata con il nuovo fondamentalismo religioso da “dio, patria e famiglia’ che con qualche variazione unisce gli ortodossi modello Kirill, i cattolici anti- Bergoglio e i reazionari evangelici che in America tanto hanno fatto per Trump e Bolsonaro.
Nel nuovo corso dei rapporti con l’Occidente, «la rottura della profonda amicizia con l’Italia» è stata quella più dolorosa per Mosca, che «continuerà comunque a seguire da vicino le elezioni nel vostro Paese e che in Giorgia Meloni può trovare una possibile alleata nella lotta contro il liberalismo».
Andrei Kortunov, direttore generale del Consiglio russo di Affari Internazionali (Riac) riassume così l’atteggiamento della Russia alla vigilia delle elezioni in Italia. Impegnato in un’intensa attività diplomatica e negoziale per studiare possibili soluzioni politiche al conflitto in Ucraina – con contatti regolari anche con Romano Prodi e l’ambasciatore Umberto Vattani – Kortunov è convinto che «ai vertici della leadership russa capiscono che Mosca oggi è tossica in Europa, compresa l’Italia: ogni contatto, simpatia, legame è diventato un minus e non è un caso che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi oggi parlino contro le politiche di Vladimir Putin», anche se sul tema delle sanzioni rimangono critici rispetto alla linea di Bruxelles.
«Se nel 2014, dopo la crisi con l’Occidente per l’annessione della Crimea, in Italia rimanevano comunque degli alleati della Russia, oggi non ci sono neppure più simpatizzanti», fa notare l’analista. «A Mosca», continua, «nessuno nutre illusioni: al di là di chi vincerà alle urne, sono convinti che il corso anti-russo a Roma proseguirà».
Ci sono, però, delle «sfumature» a cui il Cremlino guarda con interesse: «Per esempio, le possibili fratture interne alla coalizione di centro-destra sulle sanzioni, i potenziali futuri disaccordi in Parlamento sulle dimensioni e il formato degli aiuti militari a Kiev e la volontà politica di spingere per aprire canali negoziali».
In linea di principio, spiega Kortunov, «nonostante non ci siano illusioni sul fatto che il rapporto con Roma possa subire un’inversione di rotta, le elezioni italiane sono un momento piuttosto importante per il potere russo».
«Se vincerà la coalizione di destra», sottolinea l’analista, «può essere, a suo modo, la conferma di quel punto di vista sul mondo e sull’Europa che domina oggi al Cremlino: contro l’ordine mondiale liberale, contro le libertà sessuali e l’integrazione dei migranti e a favore della promozione dei valori cristiani; persino in Europa, i valori liberali sono oggetto di una sorta di rivoluzione che mira a ristabilire i valori patriarcali».
«Sono sicuro che da questo punto di vista al Cremlino vedono Fratelli d’Italia come un partito amico», constata l’esperto, «e la sua vicinanza ai Repubblicani di Donald Trump rafforza questa convinzione, ma nessuno si aspetta che una volta al governo, Meloni inizi ad appoggiare Mosca sulla questione ucraina». Dal suo lavoro su diversi tavoli che studiano proposte di soluzione diplomatica alla guerra, Kortunov si è fatto l’idea che «finché gli Usa non decideranno un cambiamento di tattica in Ucraina anche l’Italia e l’Europa difficilmente prenderanno iniziative».
«Dato che le elezioni italiane non porteranno un cambio di politica estera, credo che la Russia le guardi più per il simbolismo politico che portano con sé: la sconfitta simbolica del liberalismo transatlantico e transnazionale qualora Meloni diventasse presidente del Consiglio».
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