“Una deficiente a Teheran”. Tra i tanti osceni commenti che ho avuto modo di leggere in queste ore, questo potrebbe essere il titolo del triste capitolo che una parte di italiani sta scrivendo sui social a proposito di una giovane donna italiana coinvolta in una retata di giovani e di donne, per lo più studenti, a Teheran, capitale del mondo dove proprio le donne e i giovani stanno provando a scrivere una emozionante pagina di civiltà, di democrazia, contro una disumana teocrazia che tutti quanti dovremmo combattere con la nostra denuncia, con gesti di solidarietà per chi lì rischia la vita.
Commenti osceni sui social, dicevo. Per e contro Alessia Piperno che in quella repressione è incappata. Alessia aveva scelto di conoscere Teheran per il suo compleanno, con amici nella capitale iraniana. Città bellissima, di sconosciuta e profonda cultura contemporanea, non solo passata, di memoria. Alessia è finita in carcere e ha chiesto aiuto, ai suoi e a noi, al suo Paese. A fronte di questo suo grido di aiuto, scorri Facebook e leggi giudizi come se sulla tastiera si fosse attentamente versato del veleno.
Di seguito, leggo: “”Una deficiente a Teheran”, e poi” Quanto ci costerà questa deficiente?!”, ed ancora “Si meriterebbe di essere lasciata lì…”. Questi e tanti altri, compresi alcuni che dal cognome di Alessia risalgono alla presunta appartenenza religiosa (anche di razza, penso, a questo punto).
Alessia ha 30 anni, non 12, era libera, deve essere libera di conoscere il mondo, anche lì dove è difficile. O deve, invece, essere costretta a delimitare il suo campo di conoscenza ad una più stabile Rapallo in estate e Cortina in inverno? Per Alessia si dice quanto si ebbe a dire – in dosi più consistenti – di Giuliana Sgrena, rea per mestiere di voler raccontare un altro angolo dolente del mondo. E più indietro, quanto si ebbe a dire pure per Ilaria Alpi, anche lei colpevole di andare lì dove si moriva e si consumavano traffici illeciti sulla pelle di un popolo. Ilaria tornò morta e senza giustizia.
Italiani brava gente, certo, ma troppo spesso perdiamo l’equilibrio, scivoliamo nel fango, ci sporchiamo e sporchiamo. Sappiamo essere cattivi, di quella cattiveria gratuita che si nutre di invidia. C’è un fenomeno nei comportamenti umani che si chiama “effetto gatto schiacciato”, è quell’irresistibile tentazione di guardare il gatto schiacciato incrociato mentre percorriamo una strada, in auto. Ecco, a me sembra che stiamo andando oltre, che il gatto lo cerchiamo proprio per schiacciarlo, compiaciuti e gratificati.